Infrastrutture di nuova generazione: luoghi di aggregazione (di risorse) e di congregazione (pubblica)

Il paesaggio infrastrutturale sarà, entro la fine di questo secolo, verosimilmente molto diverso da quello di oggi. Gli effetti, tra loro interconnessi, dell’urbanizzazione globale, del cambiamento climatico e del degrado ambientale ci costringeranno ad adottare approcci innovativi nella progettazione di sistemi idrici, fognari, di smaltimento rifiuti, di trasporti e per la produzione energetica. In particolare, sarà importante applicare un approccio sistemico, adottare pertanto un punto di vista olistico nell’analisi di problematiche complesse, questo permetterà di individuare quello schema di interconnessioni che sta dietro a questioni apparentemente scollegate le une dalle altre. Saremo pertanto in grado di elaborare singole soluzioni che tuttavia assolveranno a esigenze diverse: i vecchi beni mono-funzione dell’era industriale saranno soppiantati da complessi multifunzionali e maggiormente performanti dal punto di vista ecologico. Non si può che trarre vantaggio dal lasciarsi alle spalle soluzioni convenzionali troppo specifiche, per arrivare invece a progetti che danno una collocazione unica e/o sono in grado di far convivere funzionalmente servizi tra loro differenti. L’avere funzioni e destinazioni d’uso diverse, all’interno del medesimo sito, permette di utilizzare al meglio la proprietà, riducendo al contempo la pressione esercitata sui siti sottosviluppati. La coesistenza, in uno stesso luogo, di più servizi (“aggregazione”) può portare a un risparmio in termini sia di capitale che di spese di gestione. Le stesse emissioni di scarto del sistema, che si tratti di energia, acqua o altre risorse, possono essere recuperate, scambiate o riutilizzate altrove, sullo stesso sito, in modo vantaggioso. Vi è infine da tenere in considerazione l’inserimento di spazi ad uso pubblico (“congregazione”) che possono essere ricavati all’interno di tali complessi infrastrutturali: si possono, ad esempio, prevedere servizi a scopo ricreativo, educativo o per attività culturali.
In un mondo in cui si registra un’urbanizzazione crescente, la realizzazione di nuovi elementi infrastrutturali o l’espansione di quelli esistenti dà vita a un processo controverso. Gli impianti per il trattamento delle acque reflue, o per lo smaltimento rifiuti vengono percepiti come elementi invadenti, che disturbano, potenzialmente in grado di avere un impatto negativo sulla stessa qualità della vita. Nei quartieri in cui vi è un’eccessiva presenza dei suddetti impianti, si registrano esempi di ingiustizia ambientale.
Se quindi da un lato è di vitale importanza suddividere equamente i suddetti impianti sul territorio e trovare il modo di mitigarne gli effetti negativi sull’ambiente, altrettanto prioritario è lo sviluppo di strutture polifunzionali, progettualmente ingegnose, che apportino benefici alla comunità che le ospita e alla città in generale. Da tempo ormai, gli specialisti di ingegneria si concentrano sullo sviluppo di un’infrastruttura basilare; architetti e paesaggisti invece, si dimostrano maggiormente sensibili alla relazione tra disposizione e spazio, apprezzano il contesto e sostengono con maggior creatività una destinazione d’uso mista dello spazio. I designer si dimostrano più abili nel far coesistere comfort e utilità, nel riuscire a vedere opportunità di inclusione in luoghi non convenzionali. In alcuni casi, sono incoraggiati nel loro operato dalla possibilità di utilizzo di un anone ironico attraverso giustapposizioni inappropriate, come dimostrato dagli esempi che illustreremo in seguito. Eppure, molte di queste strategie possono non risultare palesi a tutti i partecipanti e possono addirittura essere inafferrabili per altri. Si richiede pertanto, all’intero team, di potenziare le proprie competenze per poter acquisire il dono della sintesi. Sarà necessario instaurare nuove abitudini per arrivare a un pensiero relazionale, a una collaborazione interdisciplinare intensiva e, in alcuni casi, per dar vita a nuove partnership. Ognuno dei quattro esempi seguenti, due impianti per la gestione rifiuti e due per il trattamento dell’acqua, hanno richiesto che gli attori coinvolti pensassero fuori dal coro, che si impegnassero per l’elaborazione di progetti altamente persuasivi.

Opportunità per il tempo libero integrate nell’impianto di trattamento dell’acqua

La proposta di collocare in un parco pubblico un enorme impianto di filtraggio dell’acqua per la città di New York, era stata respinta con forza dalla comunità. Con l’intento di apportare una miglioria al quartiere, il team responsabile del progetto aveva deciso di riconsegnare una preziosa porzione di parco alla comunità, spostando sottoterra l’intera struttura a nove piani ed estesa più di 3 ettari. Con un tetto ricoperto di vegetazione, la porzione della nuova struttura rimasta al di sopra del livello del suolo, ospita oggi un nuovo circolo sportivo, un centro di formazione e uno spazio civico per la comunità. Il tetto verde ha una doppia funzione: funge innanzitutto da nuovo driving range per il campo da golf del parco e assolve a importanti funzioni idrogeologiche. Il bacino di raccolta dell’acqua piovana del tetto è abbinato al sistema di raccolta dell’acqua, piovana e di falda, sistemato nell’impianto sotterraneo. Piuttosto che confluire in tubature per essere convogliata fuori dall’impianto come acqua di scarto, i diversi flussi vengono pompati verso il punto più alto del tetto, da lì l’acqua crea una cascata verso il basso, circondando l’edificio come un “fossato”, eliminando la necessità di inserire una recinzione di sicurezza.
I canali e le cascate, create dal fossato con un sistema di bioingegneria, puliscono l’acqua che viene quindi utilizzata per l’irrigazione del campo da golf; tale sistema di recupero dell’acqua compensa i 280.000 galloni d’acqua potabile prodotti ogni anno. In generale, questo complesso dall’estetica piacevole, con le sue mura in pietra e tanta vegetazione, raccoglie l’eredità degli impianti per la distribuzione dell’acqua dell’area nord dello stato di New York. Il progetto, non solo elimina la parte esteticamente sgradevole ma offre anche una serie di opportunità ricreative, proprio per quella comunità che si è vista imporre la presenza dell’impianto.
Nel caso dello Sherbourne Common, un nuovo ed ampio parco di quartiere adiacente al lago Ontario, a Toronto, in Canada, è stato utilizzato il sistema di raccolta, trattamento e distribuzione dell’acqua piovana come elemento strategico per l’organizzazione del parco stesso. Il design utilizza i processi di trattamento dell’acqua per assolvere a funzioni ecologiche e artificiali. Le acque piovane vengono raccolte, per subire il trattamento iniziale, all’interno di un acquitrino artificiale.
Quindi, una stazione sotterranea provvede alla disinfezione dell’acqua tramite raggi ultravioletti, rendendola così adatta al contatto umano. L’acqua riemerge da tre alti pilastri-scultura e da una serie di cascate per finire in una vasca rialzata; da qui, passando attraverso ulteriori letti biofiltranti e per mezzo di un canale, l’acqua viene utilizzata per irrigare alcune zone del parco.
La zona a nord, con giardini e aree gioco, offre opportunità per chi vuole svagarsi in tranquillità; il laghetto polifunzionale nell’area sud può essere utilizzato per giochi d’acqua, per rinfrescarsi in estate, e si trasforma in inverno in una pista di pattinaggio su ghiaccio. Lungo tutto il parco, una serie di ponti permettono ai pedoni di muoversi tra le due sponde del canale, altri elementi consentono invece di avere un contatto con l’acqua prima che si getti nel lago Ontario. L’abbinamento di strutture per il trattamento delle acque e di elementi per il gioco dà vita a un luogo di aggregazione inusuale.

Impianti per lo smaltimento rifiuti che diventano centri di formazione

In ognuno di questi progetti, uno realizzato in Giappone e l’altro nel deserto dell’America sud occidentale, i progettisti sono riusciti a far coesistere con successo comfort e utilità. Riconoscendo che il processo di gestione e trattamento dei rifiuti solidi urbani può risultare poco piacevole, gli architetti hanno saputo alleviare l’impatto negativo del suddetto processo trasformando nel contempo il complesso in uno spazio dedicato all’educazione pubblica. Yoshio Taniguchi ha affrontato il progetto di riqualificazione dell’impianto di termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani di Hiroshima proprio come avrebbe affrontato la progettazione di uno dei musei di prima categoria per i quali è noto. In questo caso, un’attenzione particolare è stata dedicata ai quasi 200.000 visitatori che, annualmente si recano all’impianto. Il corridoio vetrato, lungo circa 120 metri, invita il pubblico a gettare uno sguardo sui meccanismi di funzionamento interni dell’enorme impianto, proprio come se si trattasse di una teca in un museo.
Nel cosiddetto “Ecorium” o “museo del rifiuto” vengono esposte le operazioni di selezione dei rifiuti e il processo di combustione grazie al quale viene prodotta larga parte dell’energia elettrica necessaria alla città nonché un surplus di energia che viene utilizzata per riscaldare le case della zona e la piscina del quartiere.
Alla fine del percorso, i visitatori vengono premiati con una meravigliosa vista sul porto, che possono godersi da una piattaforma aggettante, al di sopra di un nuovo parco pubblico.
Con un colpo di scena, le autorità della città di Phoenix, Arizona, hanno commissionato a due paesaggisti (Michael Singer e Linnea Glatt) il progetto per la trasformazione della stazione di trasferimento per rifiuti solidi urbani. Quella che poteva essere una soluzione ingegneristica standard e poco piacevole alla vista, è stata ripensata in collaborazione con la comunità ed è divenuta una struttura dalla forte attrattiva e invitante. Il complesso è stato riconfigurato e orientato in modo da evitare odori sgradevoli per gli operai e per offrire ai visitatori solo i suoi lati migliori. La presenza massiccia di vegetazione e del lago permettono di assolvere alla funzione di depurazione dell’acqua sul sito. Per sensibilizzare i visitatori sul tema del consumo con conseguente produzione di rifiuti, i designer hanno deciso di creare delle aperture incorniciate nella galleria al di sopra dei meccanismi dell’impianto, che divengono quindi soggetto di una “mostra”.
Singer e Glatt hanno altresì progettato un anfiteatro pubblico che è stato definito dalla critica “una sala operatoria in cui viene praticata una terapia ambientale”, gli spettatori osservano infatti da lì al trattamento dei propri rifiuti collettivi. Nel mettere in scena i processi quotidiani di metabolizzazione dei rifiuti, i designer mirano a modificare il comportamento sociale. Dalla sua realizzazione, diverse sono le attività che sono andate aggiungendosi all’interno del complesso. Oggi, ad esempio, esiste un programma di riciclo dei rifiuti residenziali, portati dai cittadini ogni fine settimana. Ogni anno, più di 5000 studenti visitano l’impianto, un impianto progettato con creatività che è stato fonte di ispirazione, dal momento della sua realizzazione ad oggi, per altri progetti in cui sono state applicate soluzioni ecologiche, in cui gli impianti infrastrutturali sono stati abbinati a complessi per attività di pubblica formazione. Per concludere, le pratiche di progettazione “integrante” e interdisciplinare possono trascendere la tradizione dell’edificio mono-funzione, isolato dal resto, del paradigma modernista.
Il nuovo approccio favorisce soluzioni in cui prevale la collaborazione, basate sul concetto di “sistema”, soluzioni che consentano la vera coesistenza di più funzioni. Una progettazione urbana ingegnosa, l’uso di mostre “interpretative”, di parchi fantasiosi e aree gioco, da abbinare a un messaggio di tipo ambientalista, rappresentano senza dubbio un progresso rispetto alle infrastrutture di tipo convenzionale. Un progresso che non solo “disinnesca” le ansie della comunità ma apporta benefici al quartiere e alla popolazione cittadina. Grazie a un design maggiormente sensibile al contesto, al rispetto per il territorio e, in particolare, grazie all’inserimento di servizi tangibili per la popolazione, l’infrastruttura di nuova generazione potrà essere integrata positivamente nel tessuto della comunità e della città in generale.

Hillary Brown

Hillary Brown è professore di architettura presso il City College di New York‘s Spitzer School of Architecture. È anche la direttrice del programma dei master interdisciplinari del City College. La sua società di consulenza la “New Civic Works“, fondata nel 2001, lavora per clienti pubblici e istituzioni per la pianificazione di programmi di investimento in infrastrutture verdi. La sua ricerca affronta sempre di più questo genere di problematiche  anche nelle economie emergenti. Hillary Brown fa parte del Board of Infrastructure e del Constructed Environment sotto il National Research Council delle National Academies. Come ex direttore di design e vice commissario del Dipartimento di design e costruzione di New York City, Hillary Brown, ha fondato lo studio “Office of Sustainable Design“ nel 1996.


158 – nextGen infrastructure

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