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La densità, intesa come vicinanza tra persone e tra persone e cose, nonché quella tra case e case, è diventata repentinamente un valore positivo e apprezzato della contemporaneità, contravvenendo all’idea che è sufficiente essere cablati per sentirsi interconnessi e parte di un unico universo abitabile, dilatato spazialmente. Viceversa, più la rete si estende e rende facile la connessione tra gli individui e fruibili i servizi, più tendiamo ad apprezzare la possibilità di ridurre gli spostamenti, il tempo e lo spazio perso a causa delle distanze tra noi e gli oggetti che ci circondano. Non è soltanto una questione di etica ecologica legata alla riduzione del consumo di suolo (risorsa, come noto, non riproducibile), quanto la necessità di far compiere, tanto agli oggetti che agli spazi, più attività. Un telefono che svolga la semplice funzione della chiamata vocale appare oggi uno strumento fuori tempo, inadeguato, poiché con il medesimo oggetto, che occupa nella nostra tasca lo stesso spazio, possiamo eseguire molte più attività, come raccogliere immagini, documenti, registrare suoni, pagare la spesa, salire su di un treno, un aereo, leggere notizie, controllare il proprio stato fisico, il battito cardiaco, accordare una chitarra, secondo una serie infinita di applicazioni. Siamo pertanto diventati esigenti anche nei confronti della città e delle architetture che la compongono richiedendo a quest‘ultime, come agli ambiti urbani che li circondano, un alto grado di interconnessione e mirabolanti capacità multidisciplinari. In questo gioco di compressione e compresenza, di sovrapposizione e interscambio che, è bene sottolineare, arricchisce indubbiamente le nostre opportunità d’uso a parità di spazio, gli edifici diventano giardini, gli acquedotti parchi, lo stadio un centro commerciale, la montagna dei rifiuti uno spazio verde, fino agli elementi puntuali per cui un tetto può diventare un accumulatore di energia, un orto, un parcheggio, tralasciando usi romantici come lo stenditoio dei panni o il bel vedere. Per questa via, le città divengono luoghi irresistibili, contenitori di compresenza spaziale e temporale, non solo quindi di passato e presente, antico e nuovo, ma anche di mobile e immobile, naturale e artificiale, lento e veloce, freddo e caldo, con l’abilità indotta dal progetto di rendere percepibile e utilizzabile ogni frammento disponibile, alterando, o addirittura sovvertendo, se necessario, le condizioni date.
In un contesto tanto esigente e performante, qualsiasi risorsa messa in gioco partecipa attivamente alla costruzione di una visione caleidoscopica dell‘abitare dove non sono ammesse cadute sul piano infrastrutturale, bensì la dotazione e le capacità delle infrastrutture sono proprio ciò che definiscono il gradimento e il successo di determinati contesti a scapito di altri. Chi non si adegua è perduto.