FaseModus è uno studio milanese fondato nel 2015 dall'architetto e ingegnere Luca Bucci e dall'architetto Stefano Cellerino. L'attività di progettazione maturata in questi anni si basa sulla interpretazione dei molteplici modi d’uso dello spazio contemporaneo per immaginarne nuove forme ed evoluzioni. Con partnership in Europa, Usa e Sud America, FaseModus elabora progetti che vanno dalla pianificazione territoriale alla corporate architecture: dai luoghi pubblici a quelli per il lavoro; dagli spazi per la cultura a quelli per la residenza. Approfondiamo insieme agli architetti il loro approccio alla progettazione.

Quali sono le richieste più urgenti che oggi la società rivolge ai progettisti?
Con un’accelerazione notevole negli ultimi anni, i temi che in modo ricorrente il nostro lavoro si trova ad affrontare sono strettamente legati all’evolversi della sensibilità di ognuno di noi: non ci si aspetta più che gli spazi parlino di sé attraverso soluzioni più o meno estetizzanti, ma si ambisce a luoghi nei quali da soli o collettivamente si possa trarre esperienze, significati, utilizzandoli in modi sempre più articolati. L’esempio dell’ufficio può chiarire questo concetto: lo spazio per il lavoro si è arricchito di nuovi caratteri e attrattività diventando un luogo nel quale le persone cercano socialità, conoscenza, servizi, comfort. La dimensione individuale della scrivania, che ognuno oggi può trovare nella propria casa, si è evoluta tendendo a riprodurre la complessità e le possibilità di un’esperienza urbana. Questo spostamento di focus ci porta a declinare le diverse scale del progetto: per prima cosa introducendo il design biofilico per il benessere psico-fisico dell’individuo, fino al recupero della dimensione ecologica dell’ambiente e del paesaggio nel quale questo stesso individuo si muove insieme a un’infinità di altri esseri viventi.

È il caso del Piano di Governo del Territorio che avete in corso dove emergono chiaramente i temi dell’identità e della sostenibilità ambientale.
Nel comune di Corte Palasio stiamo elaborando un originale approccio alla pianificazione attraverso un’inversione di ottica: il Piano - istituzionalmente centrato sul costruito - guarda invece allo spazio vuoto come il materiale più rilevante per lo sviluppo del territorio.
Si tratta di un comune che per l’80% della sua superficie è all’interno di parchi. A questa “determinazione amministrativa” non corrisponde una qualità né dello spazio aperto né di quello costruito con un continuo ribasso di quello che forse possiamo chiamare “capitale spaziale”. Da una parte, infatti, l’agricoltura intensiva ha banalizzato l’immagine della campagna attraverso una sistematica eliminazione degli alberi d’alto fusto e dei filari, dall’altra troviamo uno spazio costruito introverso e uno spazio pubblico destinato esclusivamente alle auto. Invertire l’ottica significa incentivare, attraverso l’introduzione di un progetto di suolo e di verde urbano, le iniziative il cui esito sarà la qualificazione dello spazio aperto inteso come matrice di nuove relazioni. Analogamente per lo spazio agricolo: ciò significa introdurre meccanismi normativi per i quali, a ogni intervento di impermeabilizzazione del suolo, corrisponderà la ricostruzione di un brano di corridoio ecologico oggi scomparso. Questo approccio porta in primo piano la dimensione ambientale del progetto in quanto il materiale con cui si ricostruisce lo spazio fisico - e quindi visibile - è essenzialmente verde: l’immagine del territorio si ricompone con greenways, soglie verdi, polarità e ambienti realizzati con impianti vegetali che vanno dalle semplici siepi delle abitazioni a strutture più articolate per la formazione dei corridoi ecologici.
La costruzione dell’identità di Corte Palasio coincide con la riqualificazione della sua immagine curando il suolo, la biodiversità, l’ambiente e di conseguenza le persone che in esso vivono. Questo approccio troverà un primo campo di prova nel progetto per la rigenerazione dei luoghi centrali del Comune: la piazza principale - luogo identitario per eccellenza per ogni comunità - è una polarità nella quale si concentreranno una nuova biblioteca e altri servizi per il cittadino all’interno di un edificio esistente; il recupero di un giardino storico aperto sulla campagna, percorsi lenti che legano il centro con le greenways dell’Adda, di Lodi e Crema; spazi aperti rinnovati; la valorizzazione del corso d’acqua sulle cui rive il sistema del verde urbano si lega a quello del territorio agricolo. Tutto a volumetria zero.

Un approccio originale: nuove relazioni che sembrano tracciare una narrazione del territorio.
Soprattutto in ambito urbanistico-paesaggistico, cerchiamo di reinterpretare le risorse presenti per introdurre nuovi significati e modi d’uso nei luoghi. Operiamo introducendo più dimensioni al progetto che, lette in sequenza, possono costruire un racconto fatto di aperture, chiusure, luoghi d’ombra, di luce, di natura e di artificio, di memorie.
Questo approccio è stato utilizzato nella progettazione del Parco del Po.
Il primo passo è stato quello di interrogarci sulle modalità con cui un territorio così vasto, (stiamo parlando di 50 km di sviluppo lungo il fiume), possa dare luogo a nuove relazioni tra spazio e società, tra ambiente e nuovi usi, tra forme naturali e identità. Attraverso un continuo spostamento del punto di osservazione, il lavoro di costruzione del Parco del Po inizia dalla lettura della sua geografia, della sua trama fatta di terra e di acqua e dagli esseri che la abitano. Si è così costruito un “atlante eclettico” che moltiplica le modalità di visione: lo spazio viene raccontato fondendo uno sguardo distanziato, dall’alto, con altri ravvicinati e laterali che penetrano nel paesaggio e nelle sue mutazioni. Si è attribuito un significato agli oggetti che si sono accumulati nel passato e nel presente, riconosciute le valenze storiche, culturali, ambientali e quelle legate alle produzioni agroalimentari locali.
Nel Parco, il fiume, l’orografia, i monumenti, i filari, i boschi, assumono il ruolo di risorse attive e da valorizzare sul cui significato abbiamo innescato funzionalità ecologiche e modi d’uso nuovi legati da una narrazione coerente. L’architettura, invece di operare una sovrascrittura, introduce una sorta di punteggiatura fatta di icone, colori e di oggetti architettonici leggeri ma visivamente potenti attraverso i quali, alle tracce della memoria, si associano delle nuove presenze. Si tratta di oggetti architettonici di piccola e piccolissima scala, hanno la forma dell’installazione, sono low cost e di immediata collocazione. Con un tratto unitario, si opera un rallentamento della percezione e ai land-user si offre la chiave di lettura dei luoghi e degli episodi salienti. È una strategia mediata da esperienze che proprio per la facilità di realizzazione, si stanno diffondendo in tutti il mondo sulla traccia dei primi artisti degli anni ‘60 e ‘70 che agivano sul territorio con i loro “hearthworks”.

Il progetto del Parco Archeologico di Laus Pompeia a Lodi Vecchio, in corso di realizzazione e che ha un’altra scala, chiarisce ulteriormente il rapporto tra ambiente, memoria, progetto, narrazione che ricerchiamo nei nostri lavori. Il Parco si trova in posizione nodale all’interno di una fitta trama di memorie e percorsi che la legano dal punto di vista ambientale, della mobilità dolce e dei percorsi turistico-culturali a una vasta area che dal nord dell’area metropolitana milanese arriva fino al Po.
È la dimensione temporale del Parco che conferisce al progetto una cifra significativa, un carattere aperto negli usi degli spazi e degli edifici. Da cascina a sito archeologico, quindi polo culturale, la forza e la densità di segni e memorie riassunti all’interno di un’area di circa 2 ettari, legano i temi della tutela, della valorizzazione e della promozione alle testimonianze archeologiche, monumentali e documentali delle complesse vicende della città in uno spazio multifunzionale e aperto alla collettività. I margini degli scavi archeologici sono punteggiati dai tre edifici, una volta compresi dal complesso cascinale di Corte Bassa: il Conventino a ovest, il Museo archeologico con la biblioteca ricavati dalla conversione di una stalla a nord e a sud le case coloniche e la casa padronale attestata sulla colonna absidale della Basilica. Basta questa sintetica elencazione per riconoscere la pluralità del luogo, dove manufatti e reperti nel tempo hanno mutato la propria forma fisica e le proprie funzioni: una ricchezza che è il risultato di molteplicità di relazioni tra le parti e con il contesto - sia questo la città o la campagna.

Per non cancellare i segni preesistenti il progetto si compone di interventi minimi che forniscono un lessico contemporaneo coerente che dialoga con quello ereditato. È la dimensione dell’allestimento - territorio intermedio tra l’architettura e il design - quella che forse più si avvicina a definire l’attitudine progettuale: non si costruiscono volumi ma si introducono punti di vista privilegiati in grado di orientare la visione e costruire la narrazione del luogo. Clima, aria, suolo, acqua sono materia costitutiva delle scelte di progetto impostate tutte su criteri di sostenibilità e che vogliono rappresentare un modello al quale attingere anche per futuri interventi.
Per esempio, sono previste essenze autoctone per valorizzare le specificità del territorio; assenza di sostanze chimiche nella manutenzione e piante mellifere per sostenere le preziose api, che sono indispensabile indicatore di ecosistemi sani. Le pavimentazioni sono drenanti ed ecocompatibili e un “rain garden” controllerà i regimi delle precipitazioni con vegetazione igrofila con alta capacità di depurazione dell’acqua; l’illuminazione è volta alla riduzione dei consumi energetici; gli elementi di arredo sono in materiale riciclato e riciclabile per sviluppare l’abitudine alle buone pratiche partendo dai luoghi pubblici. L’obiettivo è quello di rappresentare non solo il collegamento con il passato, ma anche con il futuro verso cui ci stiamo rivolgendo.

L’attenzione agli ecosistemi è una peculiarità che troviamo anche in altri vostri lavori. Per esempio il Camping Cevedale.
Il Camping Cevedale si trova nel cuore delle Dolomiti a Fucine di Ossana, a pochi minuti dalle rinomate località sciistiche della Val di Sole Tonale-Ponte Di Legno, Pejo, Marilleva-Madonna di Campiglio. Siamo impegnati in un progetto di rinnovamento e riqualificazione volto a elevare gli standard di accoglienza e fruizione. Gli spazi verdi hanno il compito di ridare una percezione ai cittadini di quello che è un ecosistema. La qualità della vita e della salute dipendono dalla loro qualità, dell’aria e dell’acqua. Da qui nasce la necessità di una visione rinnovata delle relazioni uomo/natura. Serve una migliore gestione dei beni comuni, una maggiore attenzione verso tutti gli esseri viventi, prendere coscienza di quanto siamo interconnessi e infine un pensiero a lungo termine. Dobbiamo fare meglio, con meno. Meno ricorso a risorse esauribili e nocive per il clima, meno scarti, meno pressioni sulle risorse naturali e sugli ecosistemi.

Il progetto del Camping Cevedale prevede una valorizzazione del patrimonio verde esistente attraverso l’utilizzo di elementi già presenti in loco, la conservazione della vegetazione spontanea, il riutilizzo in loco del cippato ottenuto dalla lavorazione dei materiali legnosi di risulta per la rete di sentieri, il riciclo dei materiali di risulta della manutenzione, reimpiegandoli in sito per ripristinare/mantenere/proteggere la fertilità dei suoli, per la termoregolazione, il mantenimento dell’umidità, la limitazione delle infestanti, la prevenzione del compattamento del suolo. Abbiamo proposto in vari punti del giardino di inserire specie che attirino le farfalle. Questa tipologia di insetti è rappresentata da circa 160.000 specie nel mondo e in Europa ne troviamo circa 360. L’Italia è il Paese con il record nel continente, con circa 320 specie, di cui 18 a rischio di estinzione. La presenza o meno delle farfalle, che sono delle specie cosiddette “ombrello”, ci dice molto sulla qualità del nostro ambiente. È stata quindi necessaria una scelta mirata in funzione della comunità di farfalle presenti nell’area, di piante fiorifere, produttrici di nettare, in grado di permettere alle farfalle di nutrirsi da marzo a ottobre. Nel Camping ci sarà anche un giardino edibile, un’area verde che contiene fiori, erbe, semi, bacche e piante adatte al consumo alimentare. Inoltre, la coerenza delle scelte vegetali rispetto al contesto, l’epoca di piantagione, la dimensione del vaso e il giusto modellamento del terreno sono tutti stratagemmi per ridurre il fabbisogno idrico limitandone gli sprechi anche in un territorio non a rischio siccità.

I vostri progetti sono accomunati anche da una parola che va molto di moda: esperienza.
È una tendenza che nasce da una necessità che si è manifestata con forza durante la pandemia e i mesi di lockdown. Oggi in tutti gli ambiti ciò che rimane è dato da un’esperienza diretta. E lo vediamo nella maggior parte dei progetti che seguiamo - da quelli nell’ambito urbanistico fino al settore del retail: ciò che ci viene richiesto è di offrire luoghi plurali, nei quali si possa trovare più di un servizio o di un prodotto, ma appunto un’esperienza in tutta la complessità che il termine può riassumere.

Un esempio è il concept degli Empori per Olio Carli.
Abbiamo aggiornato il loro format per rispondere alle nuove esigenze commerciali e di accoglienza tipiche del retail e mirare a equilibrare le peculiarità di un emporio con quelle della vita domestica. Abbiamo ricreato un contesto esperienziale a tutto tondo, per coniugare la professionalità e la qualità, caratteristiche dell’azienda, con l’atmosfera calorosa di un pranzo in famiglia. L’elemento della tavola è al centro del nostro progetto per F.lli Carli, tanto da trovarlo nelle vetrine e poi ripreso nella parete con video, fino al grande tavolo all’interno del negozio, su cui sono presentate le proposte del mese, libri e complementi d’arredo. Abbiamo previsto sistemi modulari e flessibili che facilitano la percezione degli ambienti, agevolando la trasformazione degli allestimenti secondo i differenti periodi dell’anno, dalla Pasqua al Natale. Al centro dell’esperienza sono una serie di suggestioni profondamente radicate nell’immaginario collettivo italiano e non solo, scene di rilassata convivialità attorno a una tavola imbandita di eccellenze alimentari della dieta mediterranea, olio in primis, ovviamente. Quest’ultimo si configura come un prodotto di eccellenza al quale il visitatore può approcciarsi al meglio anche tramite l’utilizzo di spillatori. Non a caso tra attività offerte nelle ultime aperture di Empori a Milano Piazza Tricolore, Vicenza e Treviso, Cuneo, Alba e Como, c’è la possibilità di “personalizzare” il proprio olio con miscele differenti per distillare il proprio gusto. Anche la luce diventa uno strumento fondamentale all’interno dello store - insieme al visual - per valorizzare il prodotto e per creare atmosfere capaci di emozionare e avvicinare il pubblico alla marca.

Concludendo, cosa vi caratterizza maggiormente?
Affrontare lavori che vanno dalla scala territoriale a quella dell’interior ha sviluppato in noi una certa attitudine, prima alla comprensione e poi all’interpretazione di nuove domande e di nuove modalità d’uso di spazi molto differenti. Ciò richiede una buona dose di empatia e capacità di ascolto, oltre che l’accesso a tecnicalità che consentono di rendere concrete idee e immagini originali. Cerchiamo di costruire esperienze con strumenti sostenibili, ecocompatibili, green; infatti, attraverso il network “MatLab”, formato ormai da diversi anni, la progettazione si è integrata fin dai primi passi con i temi legati alla sostenibilità ambientale, all'ecologia delle componenti edilizie, al biofilic design.