Due forme primarie, un cerchio e una linea, che trovano sempre un equilibrio, perfetto ma inevitabilmente precario e inaspettato. DOI, la nuova famiglia di lampade di Luceplan, interpreta in maniera innovativa e inedita il tema del faretto a sospensione. Ne abbiamo parlato con Meneghello Paolelli.

Davide Cattaneo: Qual è il concept di DOI e quali gli obiettivi che avete condiviso con Luceplan?
Meneghello Paolelli: Abbiamo lavorato da brief su una tipologia ben definita, che è quella del faretto a sospensione. L'obiettivo comune è stato quello di creare degli elementi di innovazione funzionale e formale in una tipologia di prodotto generalmente neutra e poco distintiva. Da questo primo input, il progetto DOI ha poi preso forma in un vero e proprio “sistema a sospensione”. Il tema della sospensione prevede uno o più elementi appesi a soffitto da un cavo, liberi di muoversi e fluttuare nel vuoto, finché il loro peso li stabilizza e ne determina la posizione. Apparentemente stabile ma sempre in tensione. DOI è composta da due elementi: il disco (fissato a soffitto da una fune d'acciaio) e il faretto (un estruso di alluminio alimentato da un sottile cavo elettrico). Il modo in cui interagiscono ne determina estetica, posizione e funzionalità. Questo rapporto è il motore del progetto e si realizza attraverso due modalità, sfruttando due forze fisiche diverse: magnetismo e gravità. Nella sospensione classica una piccola calamita inserita all'interno dell'estruso lo assicura al disco di ferro, consentendogli il movimento lungo la circonferenza, rimanendo sempre tangente a essa. Un gesto semplice e naturale permette così di gestire la direzione della luce. Faretto e disco diventano un corpo unico che al variare del loro punto di contatto trova il proprio equilibrio statico, ruotando intorno al baricentro comune. Nella sospensione a pendolo il disco si comporta come un contrappeso. Con i suoi 900 grammi sposta verso di sé il faretto afferrandolo dal cavo. Il punto di fissaggio del pendolo a soffitto, separato dal rosone e regolabile, consente di muovere la sorgente luminosa dalla posizione del cavo di alimentazione, aumentando la flessibilità del sistema. La famiglia si completerà con la lampada a parete. Una base cilindrica fissata a muro funge da alloggio per il trasformatore nonché da supporto per il faretto, posizionato in tangenza a lato di essa. La base è libera di ruotare intorno al proprio asse, lo spot su un secondo asse perpendicolare al primo, garantendo alla sorgente luminosa di orientarsi in ogni direzione.

D.C.: Quali sono i riferimenti che vi hanno ispirato dal punto di vista formale e quali invece le considerazioni funzionali che hanno indirizzato il progetto?
M.P.: La tipologia di prodotto del faretto è connotata da una assoluta pulizia formale, dove l'unico elemento protagonista è il tubo cilindrico. Il nostro intervento è stato quello di introdurre una seconda forma altrettanto rigorosa (il disco, appunto), creando di fatto un binomio dove i due elementi hanno lo stesso peso formale e la cui relazione connota fortemente il prodotto. Il nuovo elemento permette al sistema di acquisire funzioni nuove in questa tipologia, come lo spostamento e l'inclinazione della sorgente luminosa.

D.C.: Dal punto di vista dei materiali e dei colori quali sono state le vostre scelte?
M.P.: Dal punto di vista dei materiali le scelte sono state obbligate in quanto legate ad alcuni aspetti funzionali e produttivi. Il disco deve essere di ferro per attrarre il magnete all'interno del faretto (nella sospensione classica) e per raggiungere un peso significativo per spostare la sorgente luminosa dalla posizione del cavo di alimentazione (nella versione a pendolo). Il faretto è un estruso di alluminio liscio o zigrinato. Disco e faretto possono essere di tre colori/finiture: bianco, nero e ottone (opachi). L'aspetto interessante è la possibilità di combinare i due elementi (essendo inseriti a listino con codici singoli), creando di fatto nove abbinamenti diversi.