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Se tentiamo un’interpolazione sul piano culturale tra il tema generale della 14a Rassegna Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia proposto da Rem Koolhaas, “Fundamentals” e la titolazione scelta dal curatore del Padiglione Italiano, Cino Zucchi “Innesti / Grafting”, ne discende un acronimo del pensiero che pone la questione dell’integrazione dell’architettura nei contesti urbani consolidati quale fondamento di una più generale riflessione sul progetto. Tuttavia, se ciò è indubitabile sul piano strettamente locale – il caso Italia – rimane da verificare l’estensione dell’argomento in un più ampio contesto internazionale. L’ipotesi investigativa di questo numero di Area consiste, appunto, nella selezione di casi-studio in grado di dilatare geograficamente la riflessione suggerita, validando l’universalità della proposta attraverso la figura letteraria della metonimia – la parte per il tutto – nell’ambito disciplinare dell’architettura. Come esplicitato nel corso di un epistolario/intervista pubblicato nelle pagine a seguire, l’originalità della ricerca consiste non già nella riproposizione del tema delle preesistenze ambientali, dell’adattamento, della portoghesiana teoria dell’ascolto che è la traduzione italiana dell’affermazione di Christian Norbert Schultz sull’esistenza di un genius loci; piuttosto a partire da queste la consapevolezza che un innesto può essere anche, come sostenuto dallo stesso Zucchi, un atto violento, intenzionale, in armonia o in opposizione rispetto a un contesto dato nei confronti del quale il progetto segna la propria individualità o la conferma di un naturale senso di appartenenza, in ogni caso un’alterazione dell’equilibrio precedente.

Rispetto a ciò, moderno, antimoderno, post-moderno, iper-moderno, possono coesistere rispetto alla complessità della condizione contemporanea che, pur essendo lo specchio di una società cosmopolita estranea quindi a ogni disputa linguistica, non può fare a meno di considerare qualsivoglia intervento di architettura come un’operazione di innesto e di confronto con l’esistente.

Rimane pertanto confermata l’ipotesi di William Morris secondo cui “l’architettura è l’insieme delle modifiche e alterazioni – innesti – introdotte sulla superficie terrestre in vista delle necessità umane, eccetto il puro deserto”, contesto nel quale, a causa delle estreme condizioni ambientali, nessuna forma di vita, animale o vegetale, salvo rarissime eccezioni, riesce a individuare un proprio habitat.