Alice Ceramica nasce nel 1998 e muove i suoi primi passi lavorando come produttore e fornitore a supporto delle principali aziende di ceramiche di Civita Castellana. In pochi anni l’azienda sviluppa la propria offerta di sanitari e lavabi, attraverso la collaborazione con designer e architetti. Alice Ceramica è una realtà in cui lavorano fianco a fianco designer, tecnici e operai, con un metodo artigianale sempre attento alle nuove tecnologie; negli anni, infatti, l’azienda si è dotata di strumenti all’avanguardia e macchinari sofisticati in grado di assicurare una produzione di circa 700/800 pezzi al giorno. Olanda, Emirati Arabi e Polonia sono gli attuali mercati principali, ma l’azienda punta molto sul nord Europa e su Paesi come la Germania, la Svizzera e l’Austria.
In una fresca e ventosa mattina di febbraio, ci presentiamo scalpitanti davanti all’ingresso di una giovane azienda laziale: Alice Ceramica ci apre le porte del proprio stabilimento e ci permette di raccontare una storia fatta di persone e passione. Prima di addentrarci nel meraviglioso mondo della ceramica, fatto di macchine e forni ad alta temperatura, ci concediamo qualche minuto nello showroom; e per un attimo lavabi, vasche e sanitari passano in secondo piano rispetto al bellissimo bancone bar che ci accoglie, tra tavoli in legno massiccio e vetrate luminose che si affacciano sulla campagna, mentre in lontananza si staglia l’imponente Monte Terminillo ancora innevato. Qui gli impiegati fanno colazione: ogni mattina prima di iniziare il proprio lavoro hanno la possibilità di condividere pensieri e caffè, in un clima familiare che trasuda umanità e fiducia. Dalle vetrate osserviamo il territorio pianeggiante di Civita Castellana…
“La città è costruita su tufo vulcanico, nel quale m’è parso di ravvisare cenere, pomice e frammenti di lava. Bellissima la vista del castello: il Monte Soratte, una massa calcarea che probabilmente fa parte della catena appenninica, si erge solitario e pittoresco. Le zone vulcaniche sono molto più basse degli Appennini, e solo i corsi d’acqua, scorrendo impetuosi, le hanno incise creando rilievi e dirupi in forme stupendamente plastiche, roccioni a precipizio e un paesaggio tutto discontinuità e fratture.”
Così Goethe descrisse il territorio di Civita Castellana sulle pagine della sua opera “Viaggio in Italia”, scritta tra il 1813 e il 1817. La città, adagiata nella valle del Tevere, rappresenta la culla di una delle attività artigianali che hanno reso famosa l’Italia nel mondo: la produzione ceramica. Le sue origini sono documentate dalla fine del Settecento, quando qui venne creata la prima manifattura di stoviglierie e vasi in ceramica, la “Fabbrica Treja”. Il settore della produzione ceramica ha contribuito negli anni a creare il tessuto socioeconomico della comunità di Civita Castellana, ponendo le basi per la nascita di numerose aziende che dalla provincia di Viterbo hanno raggiunto il mondo del design internazionale. Alice Ceramica ne è un esempio.
Con la giusta carica, di caffeina e positività, varchiamo la soglia dello stabilimento produttivo e una ventata calda ci assale: in questi ambienti è importante mantenere una temperatura costante, creare un microclima adatto dal quale dipende la qualità del prodotto. Il calore del forno, che arriva a circa 1.250 gradi, viene recuperato per mantenere la giusta temperatura e umidità all’interno degli spazi. Si romperebbero. È una storia di pazienza e attenzione alla qualità. Basti pensare che serve all’incirca una settimana di tempo perché ogni pezzo sia pronto, dall’inizio del processo produttivo al prodotto finito. Una fabbrica ceramica rappresenta un ecosistema basato su un delicato equilibrio di tante variabili. Non solo la temperatura e l’umidità possono modificare la produzione; c’è tanta artigianalità e ogni oggetto viene maneggiato circa 30 volte da operatori diversi, anche quando ha ancora una consistenza fragile e malleabile. Gli operai sono molto attenti a ogni singolo movimento, persino le imperfezioni del pavimento sono velocemente riparate: una vibrazione più accentuata di un carrello trasportatore potrebbe creare delle microfratture nella ceramica. Il ciclo produttivo parte dall’iniezione della barbottina liquida all’interno degli stampi in gesso. La ricetta viene controllata tutti i giorni, si fa la “prova della tazza”. Il ciclo produttivo parte dall’analisi delle materie prime (barbottina e smalto). Le composizioni sono controllate tutti i giorni all’interno del laboratorio, dove vengono corretti i diversi parametri tra cui viscosità, peso specifico e tissotropia, responsabili della buona riuscita del prodotto. Una volta accertata la correttezza dei parametri, la barbottina può essere colata negli stampi. Mezz’ora prima dell’inizio del colaggio ogni operatore esegue la “prova della tazza”, colando in una vera e propria tazza l’impasto, per poi svuotarla dopo circa un’ora prevedendo così la capacità di “fare il giusto spessore” della barbottina. Il pezzo formato viene, poi, estratto dallo stampo e può partire il processo di essiccazione. La fase successiva prevede la rifinitura: nella cabina di abbattimento polveri da ogni semilavorato vengono eliminati tutti i piccoli difetti legati alla lavorazione precedente. Ciascun lavoratore ha le proprie spatole e utensili, strumenti personalizzati che contribuiscono all’unicità dei prodotti di Alice Ceramica. Ogni colatore e ogni rifinitore si mola personalmente le proprie piccole spatole, che diventano un vero prolungamento delle proprie mani. La fase successiva al colaggio e rifinitura l’essiccazione forzata e controllata. A seguire i semilavorati vengono collaudati; è questo il momento in cui possono riemergere ed essere corretti dei piccoli difetti, prima di procedere con l’applicazione dello smalto. Per realizzare i piatti doccia e i lavabi si utilizza una composizione chiamata Fireclay, per i sanitari invece si usa la Vetrochina. Prima della smaltatura, sui prodotti in Fireclay si applica una mano di engobbio, una sorta di fondo che rende la superficie liscia e fa sì che lo smalto, in fase di cottura, aderisca completamente e in modo omogeneo al supporto. L’applicazione dello smalto avviene anche grazie all’utilizzo di un robot: programmato fisicamente da un operatore, esso si comporta precisamente come una persona, riflettendo i movimenti umani con una pistola.
Una caratteristica unica nella collezione Nur di Alice è il sottosquadro: creare una curva chiusa con la ceramica è quasi impossibile, perché lo stampo deve avere necessariamente un’uscita di estrazione per evitare rotture. L’azienda ha deciso, quindi, di trattare i lavabi come i vasi, utilizzando dei tasselli che, una volta sformato il pezzo rimangono al suo interno e vengono rimossi in un secondo momento. Per realizzare al meglio i bordi dei lavabi Nur gli artigiani intervengono manualmente e rimuovono in modo graduale i tasselli in gesso, per consentire un processo di consolidamento in più fasi. Si ottiene così un’inclinazione negativa del bordo unica nel suo genere. Dopo la smaltatura, si arriva finalmente al momento della cottura. I pezzi sono caricati sui carri e tramite un binario passano prima in una camera di pre-essiccazione e poi nel forno vero e proprio, lungo 68 metri, che lavora in modo continuo a una temperatura controllata e che raggiunge, nel cuore del tunnel, i 1.250 gradi: i bruciatori infatti si trovano nella parte centrale, la camera di cottura. Il ciclo termico è regolare e ben definito e lavora con una curva dolce, in modo governato precisamente poiché un riscaldamento o raffreddamento troppo brusco porterebbero alla rottura del pezzo. Quando i prodotti escono dal forno si raffreddano in modo armonico e poi vengono controllati, ancora manualmente. La tracciabilità di ogni pezzo lungo tutto il ciclo di vita è garantita da un sistema gestionale che tramite la generazione di un codice a barre consente di controllarne ogni fase. Le collezioni raggiungono poi il magazzino e ci accorgiamo che, al fianco del classico smalto bianco che rappresenta la produzione tradizionale, emergono sempre più i colori e le nuove forme. Poggiati sui bancali, i lavabi gialli, rosa e verdi catturano lo sguardo e ci fanno capire che la giovane azienda è pronta a spiccare il volo in un mercato competitivo e in rapida evoluzione.
Il ciclo produttivo della ceramica è molto complesso, le macchine aiutano e contribuiscono a dare continuità e precisione, ma la mano dell’uomo fa ancora la differenza.
L’azienda è concreta, di sostanza, e si affaccia sul mercato internazionale dopo aver consolidato la propria presenza sul territorio italiano.
Differenziarsi dalla massa, con colori e forme inedite, capaci di raggiungere una clientela di fascia medio-alta, è la nuova strategia di Alice Ceramica che intende collaborare sempre più con architetti e designer per sviluppare progetti contract e residenziali di qualità in tutto il mondo. Torniamo nello showroom e capiamo cosa significa per Alice Ceramica la convivialità, il confronto con le persone e il racconto del proprio lavoro. Passeggiando tra le nuove collezioni di lavabi, vasche, piatti doccia e sanitari, disegnati grazie all’art direction del designer Massimiliano Braconi, ci sentiamo a casa e comprendiamo la vera ricchezza di un’azienda che conserva una cura artigianale che intende dare valore alla storia e alla vocazione di un territorio. Il design innovativo della collezione Nur, firmata Braconi, che abbiamo seguito da vicino durante tutto il ciclo produttivo e che ammiriamo finalmente in esposizione, è la dimostrazione di un connubio perfetto tra arte e progresso ingegneristico. Il profilo sottile, le curve sinuose, la personalizzazione cromatica rappresentano l’ambizione di Alice Ceramica di realizzare oggetti con un deciso impatto estetico e con una cura al dettaglio che solo il made in Italy può vantare.