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Libro intrigante, offerto a un gran pubblico, questo di Le Carrer, autore misterioso, che si presenta nelle vesti quasi di un cronista e, insieme, di un viaggiatore, che scrive in spigliato ed essenziale stile giornalistico, ma che forse la sa lunga in fatto di letteratura. Un intrigo nel mistero che fa da appeal alla lettura. Oggetto del libro sono i luoghi “maudits”, secondo una formula cara a Rimbaud e a Verlaine, il primo dei quali è il suggeritore fondamentale dell’operazione, che in sostanza rappresenta una vicenda da “saison en enfer”. La partenza è dal vicino al lontano, dal noto all’ignoto, dall’esperito in casa propria (Francia) ai luoghi lontani: dalla Francia all’Italia, dall’Europa, all’Africa e all’Asia, quindi più in là ancora, come a riscontro che sul pianeta Terra i semi del mistero, del “magico quotidiano”, per dirla con Calvino in applicazione di una formula surrealista, sono diffusi dovunque e hanno dato e danno frutti ottimi e abbondanti. Di grande attualità è la scelta di partire dal meraviglioso che è sotto gli occhi di tutti, che anzi si è lasciato involontariamente descrivere in una serie di tavole di atlante del mondo moderno realizzato in Francia alla fine dell’Ottocento. Tutto ciò, in perfetta omologia con la sempre più diffusa favorevole attenzione del nostro tempo per le mappe e dintorni, non solo in ambito di creatività, ma anche in quello delle nuove scienze umane. Con questa cartografia rétro, che apre i cancelli alla nostalgia, rivisitata in uno specifico dettaglio, dialogano gli appunti di cronaca. Che narrano di suicidi, di fantasmi, di devastazioni e sconvolgimenti, di mostri e di altri eventi insoliti e bizzarri, affini a quelli che animano tanta cinematografia, tanti fumetti, tanti romanzi, tanti contenuti del genere “fantastico”, tanti revivals delle magie e dei terrori di ogni cultura. Qui, però, a differenza dalla gestione che ordinariamente si fa di questa materia, che viene ridotta a paccottiglia, tutta enfasi, ripetizioni e varianti, le dosi sono calcolate secondo misure di omeopatia e con grande abilità di costruire narrazione. Ogni tavola, ogni brano, sempre diverso, oggettivamente si collega a quanto precede e segue e fa “mythos” nel senso indicato da Platone. Fa racconto e intrattenimento. Così, quando si arriva al Castello di Barbablù, a conclusione del libro, si avrebbe voglia di ricominciare daccapo a scorrere le tavole e a ripercorrere gli appunti, tanto più che si è tornati agli inizi.

Si era partiti dalla Francia e ci si ritrova di nuovo in Francia, al sicuro (a casa propria): perché allora non rivedersi e risentirsi i “mirabilia”, come si sarebbe detto nel Medioevo, di Capo Bojador, posto ai confini del mondo conosciuto, della Piana abissale del Gambia, del triangolo delle Bermuda, dei misteri dei Maya, della foresta dei suicidi, del paese dei coccodrilli assassini, del braciere sotterraneo in India, dei dannati del mare, della Valle dei Re in Egitto, di Scilla e Cariddi? E, ancora, perché, giunti al termine, non immaginare l'esistenza di altri luoghi, contigui e misconosciuti, dove si esercita lo stesso, o un diverso, fascino? Ed è su questo terreno, che si apre la sfida. Giacché, da sempre, in architettura, ciò che lega luogo e immaginario collettivo, come un'idea che si precisa nel tempo e si fa formulazione, è oggetto di studio, se non di avviso e di memoria. Come una relazione presagita, che sempre annuncia l'imminenza di una rivelazione. Per divenire nuovo racconto e nuova narrazione.
E così, di nuovo in circolo. La materia in questione, infatti, ha una lunga storia alle spalle. Si vedano Polibio e Strabone, Sant’Agostino e Montaigne. È con il Novecento, però, dopo tre quattro secoli di esercizi di catalogazioni e di inventari, che si pongono le basi per un approccio cartesianamente coerente per ascisse e coordinate con una realtà complessa fondata sull’archeologia dell’immaginario e dei linguaggi simbolici. Essenziali sono gli studi di Jung, di Bachelard, di Durand, di Dumézil, di Eliade, come suggestivi e attuali sono La letteratura fantastica di Todorov e Nel cuore del fantastico di Caillois, che proviene da surrealismo. È qui, dunque, che si apre la sfida: la strada per arrivare agli atlanti e a una grammatica degli scambi tra mente e natura è ancora lunga da percorrere e richiede, nella sua elusività e impalpabilità, la collaborazione di scandagli attendibili di linguaggi paralleli, di decrittazione di interazioni fra simboli antropologicamente consentiti e sollecitazioni dei “luoghi”, come li chiama Le Carrer. Che, intanto, apre il sipario sul “maudit” che è in noi.

Carmine Piscopo

Olivier Le Carrer
Atlante dei luoghi maledetti
Bompiani 2014