Intervista a Paolo Barichella, food designer.

Il suo nome è ormai associato al concetto di Food Design, cominciamo dall’inizio?
Ho iniziato a teorizzare questo campo di specializzazione dell'Industrial Design nel 2002 e con i miei amici e colleghi (i Food Designer) dal 2006 perseguiamo un obiettivo comune che è quello di delineare questa disciplina. Nello specifico, attraverso le mie imprese e l’attività di advisory, mi occupo di applicare la progettazione al prodotto food attraverso la tecnologia alimentare, per mezzo della ricerca e sviluppo. Negli anni ho dato forma a concept per il Retail Food e nuove modalità di approccio al cibo. Partecipo come docente ai Master più rappresentativi e ho fondato società e progetti che si basano su principi di Food Design elaborando Innovative Food Solution, mettendo a punto e brevettando Sistemi per rendere il food un business replicabile attraverso efficaci procedure.
Precisamente che cos'è il Food Design e che cosa fa un Food Designer?
Il design è l'arte di usare la scienza con ingegno e creatività, il Food Designer si sforza per fare in modo che questi principi possano essere applicati anche nel settore alimentare.
Il Food Design è la progettazione degli atti alimentari (Food Facts), è in sintesi elaborare i processi più efficaci per rendere più agevole e contestualizzata l'azione di assumere una sostanza commestibile in un preciso ambiente e circostanza di consumo, in rapporto con un ambito di analisi sociologica, antropologica, economica, culturale e sensoriale. Il Food Design prende in analisi i motivi per i quali compiamo un atto alimentare, in particolare per comprendere come, poi, progettare.
Progettare, nel Food Design significa proporre soluzioni alimentari efficaci in un contesto dove il prodotto sia funzionale al tipo di ambiente di consumo, e soprattutto all'esigenza dell'utente in diversi momenti e situazioni di consumo. In una sola affermazione possiamo dichiarare che Food Design è “Progettazione consapevole di contesti, interfacce e strumenti funzionali, complementari all'atto di alimentarsi, che possono spesso consistere nell'alimento stesso. Insieme al mio gruppo de "i Food Designer", nel 2006 abbiamo stilato un Manifesto del Food Design che ha ufficialmente scritto le regole della disciplina e espresso la posizione dell'ADI rispetto a questa tematica.

Quindi si può affermare che sia un campo di specializzazione del Design?
Il processo di Design, si basa sull'osservazione sociologica e l'analisi dei bisogni, mettendo sempre la persona al centro. Oltre tutto ciò, c'è in più una cosa che non mi stancherò mai di ripetere ai miei studenti e collaboratori: "un designer che non è padrone della tecnologia è come un pianista senza dita". La tecnologia alimentare deve essere la materia di base per il Food Designer. Il metodo e il processo sono semplici quanto raramente applicati:
1) osservare e valutare i nuovi contesti e tendenze generate dal lungo periodo e gli effetti causati sulla società e le sue abitudini;
2) analizzare gli elementi raccolti nella fase di osservazione e valutazione e prevedere scenari diversi e valutare le nuove variabili ambientali, le nuove abitudini, i nuovi bisogni, i vincoli e gli stili di vita;
3) progettare e pianificare l'attuazione;
4) implementare il nuovo modello.
Che cosa può fare il Design in un momento così complicato come quello che stiamo vivendo?
Il Design è l'autentico driver per il cambiamento. È l'unica disciplina abituata da sempre a rompere paradigmi e applicare il pensiero laterale come metodo per trovare le opportune soluzioni in molteplici vie. Nuovi scenari, nuovi bisogni e il design da sempre è lo strumento per dare forma a nuove esigenze e nuovi stili di vita. Il design è la chiave per produrre soluzioni concrete ed efficaci per una società in continuo mutamento. Oggi più che mai.

In questi giorni si parla molto di ripresa delle attività e di come il settore dell'ospitalità si prepara a ripartire con non pochi vincoli e regole. Cosa può fare il Food Design per dare una mano a un settore già fortemente penalizzato dalla fase di lockdown, in un periodo che si preannuncia di grandi mutamenti?
Nell'ultimo periodo sentiamo ripetere fino alla nausea che "nulla sarà più come prima", qualcuno ne ha fatto anche un hashtag, ma l'affermazione è quanto mai appropriata e molti segnali me ne danno le conferme. Nel confronto con il mercato, i modelli su cui lavoravo prima dell'emergenza, erano piuttosto futuribili e forse un po' troppo in avanti con i tempi. Ora mi rendo conto che quando tutto riprenderà saranno le basi sulle quali chi vuole affrontare il restart nel modo migliore possibile dovrà orientarsi che lo si voglia o no. I mondi Ho.Re.Ca. e Foodservice che ormai conosco molto bene, erano settori già in piena crisi di identità con modelli indietro di 20 anni, abbondantemente prima del reset che questa pandemia sta configurando. Il virus non ha fatto altro che accelerare la inevitabile trasformazione. In questo momento anche io ho tutto bloccato perché i nostri clienti hotel, ristoranti ecc... sono chiusi e alcuni di questi credo che nemmeno riapriranno. Sono convinto che bisognerà muoversi come dopo un grave terremoto. Tutti amavamo i borghi medievali e quanto rappresentavano in termini di storia e tradizioni, ma quando arriva un terremoto e rade al suolo tutto il borgo non si può riprendere i cocci e incollarli rimettendo insieme tutto il borgo aspettando il terremoto successivo, ma salvare quanto di buono è rimasto e riprogettare con edifici antisismici in nuovi spazi adatti alle attuali esigenze sfruttando tutte le più moderne conoscenze tecniche. Questo è ciò che ci aspetta per i nuovi format di ristorazione, dove l'omnichannel ad esempio sarà una delle vie e soprattutto i sistemi come quelli che ho sviluppato negli ultimi anni, saranno la sola risposta a un mondo che ha necessariamente bisogno di nuovi modelli.
Ultimamente sto avendo molte call con catene alberghiere specificando loro che è questo il momento di ripensare, riconcettualizzare, riconcepire e ristrutturare i vecchi modelli di cucina. Se non lo fanno ora poi ripartiranno con dei vecchi catenacci che sono delle palle al piede in termini di costi di gestione ed esercizio. Il messaggio per qualcuno sta passando molto chiaro. Stiamo lavorando nella progettazione di sistemi e soluzioni come Food System Integrator. Abbiamo segnali che nel breve/medio periodo, professioni come quelle del cuoco come li intendiamo ora, scompariranno o si trasformeranno in qualcosa di estremamente diverso in termini di ruolo. Rimarranno da una parte gli artisti stellati e dall'altra gli attori televisivi che presteranno la loro immagine profumatamente remunerata ai Food format, (come ad esempio Bastianich e McDonald's). Il resto saranno tecnologi creativi, con basi da Food Designer o viceversa operanti nella filiera come progettisti di soluzioni alimentari per l'industria dei precucinati, quinta gamma o IQF che sia. Come dopo una guerra in questo momento ci sarà una ricostruzione e chi ha passione, voglia e determinazione oltre che preparazione avrà tutte le carte in regola per esserne il protagonista, così come è successo in Italia nel primo dopoguerra.

Ma come cambieranno il mondo del Food Service e il canale Ho.Re.Ca. quali sono gli scenari che si affacciano al prossimo futuro?
Molti imprenditori proprietari di ristoranti sono allo sbando per via dell'improvvisa quanto inaspettata situazione creatasi nella recente attualità della pandemia e presi dalla fretta di agire stanno commettendo gravi errori dettati dal retaggio culturale e da pre-condizionamenti dovuti al classico modo di fare ristorazione. Cose che pesano come zavorre e sono molto difficili da estirpare in chi usa metodi classici da anni per far funzionare un modello vetusto e ormai antiquato già da oltre un decennio prima di questa crisi senza precedenti. In questo periodo vedo ristoratori improvvisare Ghost Kitchen senza spesso sapere veramente di che si tratta, facendo tutto quello che, chi ha intenzione di realizzare una Ghost Kitchen deve assolutamente evitare di fare. Molti imprenditori della ristorazione e chef che hanno una forma mentis legata al classico modo di fare cucina e ristorazione, stanno passando a questo modello pensando di risolvere i loro problemi. Il vero problema è che lo fanno con il metodo e l'approccio sbagliato. Una Ghost Kitchen NON è minimamente vicina o simile alla cucina di un ristorante, e sfrutta tecniche, metodi attrezzature e una organizzazione del tutto inversa a quella del ristorante. In realtà è per noi anche uno dei segnali che conferma quanto il settore si stia indirizzando verso questa direzione di mercato. Complici le direttive che trasformeranno i conti economici dei ristoranti che affollavano le sale stringendo sempre più le persone ad avvicinarsi tra loro. (Tavoli ad 1,5 m di distanza tra loro, riduzione dei coperti a 1/3, Happy Hour e Buffet... no more, Tavolo sociale... never more).
Il Food Delivery va pensato al contrario di come viene pensato un piatto espresso, perché espresso per natura non lo potrà mai essere. Uno dei motivi del recente successo del Poke se ci pensate. Lo chef è la persona meno adatta per pensare a qualcosa di diverso a ciò che dovrebbe essere in un piatto, perché il suo background è da sempre focalizzato a cosa mettere in un piatto. Il ristoratore a sua volta è da sempre focalizzato a capire come riempire un ristorante, non a come tenerlo vuoto, pertanto sono questi i motivi che mi fanno dire che sono gli interlocutori meno adatti a questa situazione, e quelli che perderanno più soldi nel cercare di trovare rimedi.
Da sempre affermo che: "Un BUON rimedio non è MAI una efficace soluzione". Quando rattoppi il buco in un tubo devi aspettarti che sia una operazione provvisoria. Il tempo necessario per sostituirlo e se è il caso riprogettare e sostituire l'intero impianto, ma conoscendo bene il settore dei ristoratori pensano che il tubo rattoppato possa essere la loro soluzione definitiva. Anche questa è una delle regole del Design in fondo. Il più grande errore che tutti fanno nel progettare una Ghost o Dark Kitchen che sia, è di pensarla per fare le stesse cose che fa un ristorante. Gli chef e i ristoratori sono le persone meno adatte per progettare una Ghost Kitchen perché si portano dietro i condizionamenti di una metodologia e approccio difficile da perdere. In una Ghost Kitchen si lavora in modo opposto al ristorante. Questo modello, pur non essendolo è più vicino alla gastronomia che al ristorante. Chi sta usando il Food Delivery riciclando la cucina del ristorante come rimedio, sta perdendo un sacco di soldi e sta consegnando dei Doggy Bag. Praticamente avanzi di una cena che era stata fatta per essere consumata sul posto e messa in una confezione per essere portata a casa dal cliente e consumata il giorno dopo. Perché è questo che accade, il cibo viene preparato come se fosse destinato al tavolo con il particolare che il tavolo non sta nella sala accanto alla cucina, ma a casa del cliente a tutti gli effetti. La cucina di un ristorante non è minimamente pensata per essere una Ghost Kitchen o fungere da tale. Non basta chiudere il ristorante, usare la sala come magazzino e fare contratti con i marchi di food delivery per dire che si è fatta una Ghost Kitchen. Lo scopo del ristorante è esattamente il contrario di quello che il settore si sta accingendo a fare. Il ristorante nasce per consumare portate espresse fatte al momento, non in modo differito e delocalizzato rispetto alla sala che è sempre attigua alla cucina per questi motivi.


Può anticiparci qualche sua soluzione?
Con il mio socio Mauro Olivieri, che anche lui fa parte del gruppo de i Food Designer, stiamo lavorando per la messa in opera di un nuovo modello pensato appositamente per il Food Delivery per mantenere al massimo la qualità dei prodotti selezionati e preparati. Una soluzione altrettanto al passo con I nuovi scenari è senz'altro la soluzione smartkitchen.design che abbiamo sviluppato in collaborazione con N31 e Giubilesi & Associati per fornire sistemi all'avanguardia per chi si appresta a sostituire i modelli di ristorazione del passato.

I Food Designer