area 100 | changing cities

architect: Peter Cook

location: Graz, Austria

year: 2003

Alla fine degli anni ’90 la città di Graz decise di costruire un nuovo museo di arte contemporanea. In seguito a due concorsi, banditi rispettivamente nel 1988 e 1998, che non avevano visto edificare nessuno dei progetti vincitori, nel 2000 è stata la volta del duo di architetti londinesi Peter Cook e Colin Fournier (Spacelab) vincitori del terzo concorso per il Nuovo Museo d’Arte Contemporanea, con un progetto che proponeva un gigantesco guscio dalla forma biomorfa, definito dallo stesso Peter Cook “friend alien”. La città insistette per costruire l’edificio e per finirlo entro il 2003, anno durante il quale Graz ricoprì il prestigioso ruolo di capitale europea della cultura. Il nuovo museo si inserisce violentemente all’interno del tessuto storico ricoprendo perfettamente il suo ruolo di sintesi tra passato e futuro. Secondo il progetto iniziale l’involucro sarebbe dovuto essere in laminato plastico traslucido permettendo in questo modo ai passanti di poter sbirciare all’interno del museo, ma, causa i tempi stretti e la progettazione esecutiva sviluppata in parallelo alle fasi di cantiere, si dovette abbandonare l’idea. Il materiale plastico venne sostituito con tradizionali pannelli di resina acrilica montati su una struttura metallica: la mancata trasparenza della facciata veniva così compensata dal suo nuovo uso di pannello informativo grazie alla tecnologia BIX. L’esterno, nuovo “spazio espositivo bidimensionale”, si trasformava in un’interfaccia comunicativa in grado di permettere l’esplorazione dei molteplici mondi dell’arte. Il sistema BIX, ideato dai due architetti berlinesi Jan e Tim Edler, fondatori dello studio realiies:united, si compone di 930 tubi circolari fluorescenti integrati nella facciata della Kunsthaus; ciascuna lampada ha la funzione di un pixel e può essere regolata individualmente grazie ad un computer. Per mezzo di un software è possibile trasmettere sul grande schermo (20mx45m) filmati con una frequenza di 20 frames al secondo. In questo modo l’architettura e la tecnologia riescono a vivere un rapporto simbiotico: di giorno la pellicola è ricettrice del mondo che la circonda mentre di notte si fa promulgatrice degli eventi interni e quindi dell’arte.