Alla Biennale si respira Rinascita, una rinascita nel desiderio di molti artisti di proiettare la loro visione futura collegandosi al proprio passato, per riviverlo con orgoglio e bellezza nonostante le difficoltà che la propria comunità di appartenenza ha attraversato. La Rinascita vive in una Biennale d’Arte che per la prima volta da spazio davvero a tutti.
Perché solo con questo tipo di allenamento della vista e dell’anima, si può pensare di trasmettere l’idea di un futuro nel quale l’umanità sia libera dal desiderio di una parte di schiacciarne un’altra. La Alemanni parte da uno scritto della pittrice Leonora Carrington e propone le trasformazioni che l’eredità surrealista ci ha lasciato, la mostra "Il latte dei sogni" che si articola tra i Giardini e l’Arsenale ci propone incontri e metamorfosi tra essere umano e natura, la fluidità del corpo, l’incontro di quest’ultimo con la tecnologia. L’ottimismo pervade l’esposizione, si sente e nasce dall’accettazione: la natura è, senza giudizio, così come il corpo in tutte le sue declinazioni.
La mostra ci porta a entrare in una filosofia di ascolto, di domande e di inclusione.
Camminando ai giardini e all’arsenale si coglie una promessa, uno sguardo finalmente non piramidale ma di vera e forte curiosità. Si sente la Rinascita nel desiderio di collegarsi al proprio passato di minoranze o migranti nei padiglioni di Francia, Inghilterra, America, Polonia. Nelle opere di questi artisti le cui comunità hanno subito brutalità e discriminazione non c’è astio ma orgogliosa affermazione della propria identità. Lo leggiamo nelle opere che troviamo nella mostra della Alemanni sia ai Giardini che all’Arsenale.

I dipinti fantastici di Cecilia Vicuña raccontano, come in un libro della Allende (sua compatriota), di un mondo complesso, crudele e bellissimo, di identità indigene e del tentativo dei conquistatori di annientarle. L’artista presenta anche un’interessante installazione della serie Precarios. Il titolo “NAUfraga“ allude allo sfruttamento della terra che potrebbe affondare Venezia (Leone d’Oro alla carriera).
L’elefante verde di Katherina Fritsch è un antimonumento e lei vince un meritatissimo Leone d’Oro alla carriera, d’altronde l’artista dei topi giganti e dell’enorme galletto blu di Trafalgar Square è la perfetta presenza per questa Biennale, in quanto le sue opere iperrealiste ma colorate in modo straniante, modificando la scala dei soggetti, la rendono vicina alla poetica surrealista. I disegni a pastello dell’artista Shuvinai Ashoona, ci portano nella mitologia Inuk, ci traghettano nelle terre più lontane raccontano di uomini, animali e creature fantastiche ma colgono anche i drammatici cambiamenti che la comunità inuit ha vissuto (menzione speciale). Destano interesse le sculture in macramé tessuto con le mani con una tecnica antica dell’artista indiana Mrinalini Mukherjee, gigantesche e delicate anche nel mettere in mostra i genitali femminili e le sculture mutanti della rumena Andra Ursuta.

Padiglione Francia

Nel padiglione francese, che riceve la menzione speciale, Zineb Sedira realizza un’autobiografia di immigrazione che ci porta a danzare in una sala da ballo ricostruita, trasportandoci in un set cinematografico. L’artista franco-algerina ci parla di sé e ci invita a confrontarci in uno sfalsamento realtà-cinema-invenzione davvero fresco e inedito.
Sonia Boyce nel padiglione della Gran Bretagna propone dei video con le voci delle artiste che incarnando sentimenti di vulnerabilità, potere e libertà rendono meritato omaggio all’apporto del mondo afrocaraibico alla cultura britannica. Le artiste ci vengono mostrate nei video mentre provano cantando a cappella, mostrando così quel gioco collaborativo caratteristico della poetica dell’artista (premio migliore partecipazione nazionale). La pacifica invasione del padiglione americano trasformato in un villaggio africano che contiene le sculture magnifiche e oniriche di Simone Leigh ci trasporta nella tragedia della diaspora africana, ma non c’è violenza nell’agire dell’artista che conquista un Leone d’Oro. Małgorzata Mirga-Tas nel padiglione della Polonia con un’operazione trans culturale unisce un capolavoro del rinascimento ferrarese al vissuto della comunità rom di cui fa parte l’artista. La gigantesca opera in stoffa restituisce un’iconografia positiva della minoranza più presente in Europa. Francis Alys presenta video con giochi di bambini da tutto il mondo negli scenari più diversi, di nuovo questo senso della leggerezza della sopravvivenza dell’umanità anche in situazioni molto difficili come la guerra.

©Simone Leigh

Il padiglione dell’Estonia (che è ospitato in quello olandese) presenta un progetto interessante sul colonialismo. Il padiglione di Malta con Diplomazia Astuta omaggia Caravaggio con una sofisticata installazione che ripropone i chiaroscuri del maestro, e ci mostra delle gocce di acciaio fuso cadere nell’acqua (a Malta è custodita un'opera di Caravaggio a cui si ispirano Arcangelo Sassolino, Giuseppe Schembri Bonaci e Brian Schembri in una produzione italo-maltese).
All’Arsenale la gigantesca testa femminile senza occhi di Simone Leigh, dal titolo evocativo “Brick House" ci accoglie, ibrido tra figura femminile e architettura e, come accade nel lavoro scultoreo dell’artista, pone al centro la cura insieme a una rivendicazione della bellezza e della propria razza.
Delcy Morelos costruisce un percorso tra blocchi di terra profumata che ci arriva alla vita. Dalla terra veniamo e alla terra ritorniamo, Morelos nata con ascendenze paterne indigene ha studiato per sette anni la cultura degli indigeni dell’Amazzonia. Il suo lavoro appare minimale ma è intriso di poesia e misticismo. La terra presentata con l’inclusione di stoppie bruciate, richiama la memoria di pratiche agricole indigene, e in questo senso ci appare come una promessa di Rinascita.

©Delcy Morelos

E poi le sculture in terra e paglia di Ali Cherri (artista libanese) che ricordano le capanne e le costruzioni nordafricane e nello stesso tempo le sculture e i bassorilievi Assiri. Maestose e semplici, come il suo video che narra di come Dio usi il fango per costruire l’uomo, narrazione che ci ricorda essere presente in tutte le culture (Leone d’Argento).
La Biennale d’Arte di Venezia 2022 attraverso stimoli visivi, olfattivi e quasi lisergici ci conduce davvero ad assaporare "Il latte dei sogni", la realtà a lungo promessa e mai veramente toccata della ricchezza di un mondo che viene presentato finalmente con tante delle sue componenti e dove non c’è più un solo centro.

©Ali Cherri