Adolfo Natalini se n'è andato.
Era nato a Pistoia nel 1941. La sua mano è stata instancabile fin dal 1954, anno in cui ha iniziò a mettere su carta, con minuziosa attenzione, tutto ciò che lo circondava: “disegnavo la mia mano, ritratti di compagni di scuola, paesaggi, autoritratti”. Pistoiese di nascita si trasferisce a Firenze negli anni dell’Università dove si laurea in Architettura. Nel 1966 fonda il gruppo d’avanguardia Superstudio che inaugura la stagione dell’Architettura Radicale e che lo porterà ad esporre le sue opere in una mostra al MoMa di New York nel 1972.
In quegli anni la contestazione studentesca era agli albori nelle università italiane e l’esperienza delle neo-avanguardie stava mostrando che l’arte, la cultura, la politica, il tempo libero potevano essere reinventati e soprattutto vissuti in modi nuovi, eccentrici, rivoluzionari. Oltre a questo Firenze, la sua città di adozione, viene sommersa dalla piena dell'Arno; per l'effetto di tutto questo proprio nel 1966 fonda il Superstudio (con Cristiano Toraldo di Francia, Gian Piero Frassinelli, Roberto e Alessandro Magris, con Alessandro Poli tra il 1970 e il 1972) iniziando la cosiddetta “architettura radicale”, una delle avanguardie più significative degli anni ‘60 e ‘70 del Novecento.
I progetti del Superstudio (1966-86) sono apparsi in pubblicazioni e mostre in tutto il mondo e le sue opere fanno ora parte delle collezioni di musei come il Museum of Modern Art di New York, l'Israel Museum Jerusalem, il Deutsches Architekturtmuseum Frankfurt am Main e il Centre Pompidou a Parigi.
Dal 1979 Adolfo Natalini ha iniziato una sua attività autonoma e si è concentrato sul progetto per i centri storici in Italia e in Europa, ricercando le tracce che il tempo lascia sugli oggetti e sui luoghi e proponendo una riconciliazione tra memoria collettiva e memoria privata.
L'architettura "deve pesare" ripeteva spesso nei suoi discorsi.
Non si riteneva un architetto moderno e non amava definire la sua architettura come moderna. In uno degli ultimi incontro presso il suo studio in via del Salviatino, sfogliando alcune immagini custodite in vecchie cartelle nere minuziosamente catalogate disse:
L’espressione “architettura moderna” è un ossimoro, ossia una contraddizione in termini poiché l’architettura si riferisce a tempi lunghi e il moderno a tempi corti. Il mio lavoro nasce nel mio tempo, ma affonda radici nel passato per poter sperare di al futuro. Non sono mai stato considerato un architetto moderno e hanno ragione!
Tre le sue opere: i progetti per il Römerberg a Francoforte e per il Muro del Pianto a Gerusalemme, la banca di Alzate Brianza, il Centro Elettrocontabile di Zola Predosa, la casa in Saalgasse a Francoforte, il Teatro della Compagnia a Firenze.
Professore ordinario presso la scuola di Architettura di Firenze, membro onorario del BDA (Bund Deutscher Architekten) e del FAIA (Honorary Fellow American Institute of Architects), accademico dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, dell’Accademia di Belle Arti di Carrara e dell’Accademia di San Luca.
Nel 1991 inizia l’attività dei Natalini Architetti (studio di architettura al Salviatino a Firenze) con Fabrizio Natalini omonimo ma non parente; il suo alter ego nello studio come diceva spesso. Tra le loro opere: la ricostruzione della Waagstraat a Groningen, il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, la Dorotheenhof sulla Manetstrasse a Lipsia, la Muzenplein a l’Aja, il Centro Commerciale di Campi Bisenzio, il Polo Universitario a Novoli, Firenze, Boscotondo a Helmond, il Polo Universitario a Porta Tufi a Siena, Het Eiland a Zwolle, Haverlej a Den Bosch, il Museo dell’Opera del Duomo e il progetto per i Nuovo Uffizi a Firenze.
In una delle sue ultime interviste gli è stato chiesto cosa pensasse dell'architettura contemporanea italiana nel contesto internazionale. Lui, con la solita ironia che lo contraddistingueva risponde così:
"Non sono un critico ma un architetto, un muratore che sa un poco di latino, come diceva Adolf Loos. O, come diceva Palladio, sono un dilettante di architettura…"