photo by Jens Passoth

“Another wall” by Olafur Eliasson, in the interiors of the Oslo Opera House

Come un grande blocco di ghiaccio nella baia di Oslo, questa Opera House si presenta candida e cangiante, squadrata e irregolare, e con ampi piani inclinati che affiorano direttamente dall’acqua. Così, all’interno, biancore e luce accolgono il visitatore nell’atrio, dove il grande “Wave wall” diventa la nuova facciata di uno scrigno scuro che custodisce il segreto di questa architettura. Nel lato più buio del grande ingresso dove il soffitto cerca il contatto con il pavimento, stanno dei volumi incastonati, con una superficie luminosa, opera di Olafur Eliasson. “The other wall” è il nome del lavoro di questo straordinario e sensibile artista del Nord, selezionato tramite concorso ad inviti da una commissione pubblica che ha deciso che questo luogo specifico poteva offrire una sfida per un artista che risolvesse un problema di spazio, nella miglior tradizione della sintesi delle arti, integrando arte contemporanea e architettura.
Il luogo del concorso ha determinato le scelte, essendo proprio il vano cieco sul fronte in cui la copertura obliqua diventa piazza che si immerge nel mare (che nei lunghi inverni nordici ghiaccia, estendendo l’architettura stessa). Qui, tre volumi irregolari ospitano i servizi igienici e piccoli vani tecnici, disegnando un altro muro secondo le proporzioni dinamiche del foyer. La sfida è stata di modellare questo fronte interno per dare una nuova dimensione visiva e tangibile: un’atmosfera di sospensione, creata per accentuare le intense sensazioni dell’esperienza da vivere all’interno del teatro. Studiando i ghiacciai con i loro crepacci e la vita bloccata al loro interno, Eliasson ha elaborato il modello materiale, simbolico e sensoriale di questa istallazione permanente che trasforma dei volumi statici e ciechi in una sorta di luminoso e freddo materiale che respira, come bagliori artici sotto la pressione di una calotta di ghiaccio. Il risultato è una integrazione tra elementi immateriali – luci e ombre – e motivi ornamentali simili a increspature d’acqua cristallizzate, tra una nuova nozione di tempo in attesa e l’idea di spazio in movimento, che continua a cambiare in apparenza. L’installazione consiste in una superficie di 340 mq di un reticolato a geometria variabile, con bucature a losanga orizzontali che diventano verticali secondo un andamento ascendente. Il diaframma ha una faccia tridimensionale con piccoli volumi piramidali concavi, che permettono alle ombre di proiettarsi su tutte le sfaccettature. La struttura è di MDF e metallo verniciati di bianco, ed è fissata a una distanza variabile dai muri (da 5 a 50 cm), lungo tutto il perimetro delle stanze. Sono previste due fonti di illuminazione artificiale: una bianca, si trova nel pavimento di fronte al reticolato per illuminare frontalmente il disegno geometrico, un’altra verde, è integrata nel retro dei pannelli per illuminare a raso e dal basso i muri che si vedono attraverso le bucature. Tramite un sistema automatico le luci anteriori e posteriori alternano l’intensità, dando un ritmo ondulatorio e tridimensionale alla percezione di questi diaframmi. Un lavoro tra la materializzazione di un’idea, come il passaggio allo stato solido dell’acqua, e la smaterializzazione di un margine architettonico, che avvolge il visitatore tra luminose superfici temporalmente vibratili. Un regalo di stelle, anche di giorno.