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La storia delle nostre grandi navi comincia alla vigilia della I guerra mondiale, quando le maggiori compagnie di navigazione italiane decisero di avviare un programma di costruzione di navi in grado di attraversare l’Atlantico e che, per dimensioni e velocità, avrebbero superato tutte le unità che le avevano precedute: i Transatlantici. Lo scoppio del conflitto arrestò questo momento di fermento, ma, nonostante questo, i gemelli “Duilio” (1916) e “Giulio Cesare” (1920) della Navigazione Generale Italiana – pubblicizzati in una brochure intitolata “L’era dei Colossi” – e i gemelli “Conte Rosso” (1922) e “Conte Verde” (1923) del Lloyd Sabaudo – portati a termine con grandi difficoltà dopo il conflitto – si sarebbero rivelate navi moderne nonostante i dieci anni intercorsi tra il progetto e la loro costruzione. Le due navi sabaude, particolari e ricercate per gli arredi curati dai fratelli Coppedè di Firenze, si ispiravano alle gesta di Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Rosso e a quelle del figlio Amedeo VII, detto il Conte Verde. Anche il terzo Conte, il “Biancamano” (1925), prima, vera, “città galleggiante” italiana, rendeva omaggio a Umberto I, conte di Moriana, detto il Biancamano per il candore delle sue mani. Per evitare perdite di tempo e di denaro il quarto conte, il “Conte Grande” (1928) era stato costruito come una copia del “Conte Biancamano”, completando così la flotta dei “Quattro Conti”. Dopo la fine della guerra, la “N.G.I.” lanciava le sue due nuove ammiraglie di oltre 30.000 t., il “Roma” (1924) e l’”Augustus” (1925), che sulla brochure americana venivano intitolati  “Masterpieces”. Sempre in omaggio alla romanità, la N.G.I., nel 1924, ordinava le due nuove unità, chiamandole “Virgilio” (1925) e “Orazio” (1925), che divennero molto note tra le popolazioni italo–americane del Sud America. Sulla scia di rinnovamento della N.G.I. e del Lloyd Sabaudo, anche la Cosulich Line ordinava ai suoi cantieri di Monfalcone le unità gemelle “Saturnia” (1927) e la “Vulcania” (1928), di linea snella e originale e ricchissime negli interni. Nel 1927, Mussolini annunciava la costruzione di “due navi che il mondo intero stava aspettando” e di lì a poco le compagnie N.G.I. e Lloyd Sabaudo avrebbero presentato le loro nuove ammiraglie: il “Rex” (1932) e il “Conte di Savoia” (1932), l’uno costruito ancora secondo i vecchi canoni della nave palazzo e l’altro espressione di modernismo e di superamento dei canoni estetici tradizionali. Nel 1932, Mussolini ordinava la fusione delle tre maggiori compagnie di navigazione, per cui la flotta navi passeggeri che ne derivò fu la più grande mai esistita battente bandiera tricolore. Oltre alle 35 navi dell’“Italia Flotte Riunite”, nel 1933, si aggiungevano “Oceania” e “Neptunia”, le più belle navi sulla rotta atlantica del Sud America, le ultime costruite prima della II guerra mondiale. Nel dopoguerra, a causa dei bombardamenti, la prestigiosa flotta dell’anteguerra aveva perso più di metà delle sue navi. Decisa a ricostituirla, la nostra compagnia di bandiera la "Società Italia di Navigazione" – con sede a Genova in Piazza De Ferrari – avrebbe presto avuto quella che fu definita, ancora una volta, la più bella flotta del mondo. I cantieri "Ansaldo" di Genova e i "Cantieri Riuniti dell’Adriatico” di Trieste e Monfalcone erano pronti a recuperare e rimettere in linea le navi affondate durante il conflitto. Nel 1947, prima che ordinasse la costruzione di nuovi transatlantici, la Società Italia riusciva a recuperare le quattro unità di oltre 20.000 t. che il governo americano aveva trattenuto come bottino di guerra: il “Conte Grande”, il “Conte Biancamano”, il “Saturnia” ed il “Vulcania”. Risorte dalle ceneri, le quattro navi venivano trasformate e rimodernate, tornando a essere transatlantici lussuosi, comodi e veloci, sulla linea per il Sud America e per New York. La prima nave di nuova costruzione del dopoguerra fu la turbonave “Giulio Cesare” (1951), seguita dalla gemella “Augustus” (1951), entrambe destinate alla rotta del Sud America. Per far fronte alla domanda in rapida crescita del trasporto passeggeri, nel 1951, veniva varato presso l’”Ansaldo” il primo vero transatlantico, in linea per New York, l’”Andrea Doria”, seguita, a breve, dalla gemella “Cristoforo Colombo” (1954). Purtroppo, con il tragico affondamento del “Doria”, nel 1956, l’industria navale italiana subì un forte contraccolpo, a cui l’Italia cercò di reagire con la costruzione, nel 1960, di un nuovo transatlantico, la “Leonardo da Vinci”. Nello stesso anno, l’”Alitalia” inaugurava il servizio intercontinentale per New York con i modernissimi DC–8 provocando una progressiva
e celere riduzione del trasporto via mare. Le ultime due navi varate dalla Societa’ Italia furono la “Raffaello” (1962) e la “Michelangelo” (1963); subito dopo, gli scali dell'”Ansaldo” e del “Cantiere San Marco” vennero demoliti e, quello che era stato uno degli spettacoli più emozionanti venne sostituito dal rito affrettato del varo nei moderni bacini di allagamento. Nel 1968, nasceva, a Monfalcone, l'ultimo transatlantico italiano, l'”Eugenio C.” della Compagnia Costa Armatori Spa (1968–1986), già linea “C” Giacomo Costa fu Andrea (1947–1968) di Genova. Nel 1970, l’I.R.I. (“Istituto per la Ricostruzione Industriale”), non sapendo più come far fronte ai debiti dell’industria navale, decideva di disarmare l'intera flotta passeggeri nazionale. La prima a essere demolita fu la “Giulio Cesare”, nel 1973. Con la recessione, in un clima di austerity, tutti i transatlantici venivano, uno dopo l’altro, disarmati: alcuni smantellati e demoliti, altri venduti a governi stranieri, altri, ancora, trasformati in navi per crociere ai Carabi o alle Filippine. Solo la “Guglielmo Marconi” rimaneva in Italia: venduta alla Costa Armatori, nel 1986, per rilanciare l'attività turistica del Mediterraneo, la nave veniva ribattezzata “Costa Riviera” ed era la prima delle unità della Costa Crociere Spa (1986–1990). A partire già dagli anni ’90, le commesse per nuove navi aumentarono significativamente riportando il mezzo di trasporto passeggeri via mare, che sembrava ormai dimenticato, di prorompente attualità. Per rispondere alla straordinaria richiesta del mercato, Costa Crociere, nel 1986, progettava il rinnovo e l’espansione della sua flotta: nel 1986 veniva ordinata a Fincantieri la costruzione della “Costa Classica” (1991), nel 1988, presso i Cantieri Mariotti di Genova, si procedeva alla trasformazione della motonave portacontenitori “Axel Johnson” nella prima nave della nuova generazione della flotta Costa, la “Costa Marina” (1990). Nel luglio dell’anno seguente veniva ordinata a Fincantieri la gemella della “Costa Classica”, la “Costa Romantica” (1993). Sempre nel 1989, sullo scafo della Annie Johnson nasceva la gemella di “Costa Marina”, “Costa Allegra” (1992) e, infine, nel 1996, veniva varata la “Costa Victoria”.
Il rilancio del viaggio da crociera, riproposto da compagnie italiane, come la “Costa Crociere”, o straniere come la “P&O”, aveva riacceso l’“invito al viaggio” rivolto da Gio Ponti su “Domus” dal 1929 al 1957. Grazie all’opera degli architetti Guido Canali, Pierluigi Cerri – in collaborazione a Ivana Porfidi ed allo svedese Robert Tillberg – e Renzo Piano, durante gli anni ’90, si verificava un ritrovato interesse per il “disegno della nave”. Puntando su un alto livello di design, combinato a razionalità distributiva, modularità d’allestimento e decisiva predominanza della funzione alberghiera su quella nautica, le due compagnie navali riuscivano a far rivivere il felice momento storico del design degli allestimenti navali, quello che dal 1930 in poi era stato riconosciuto come il migliore del mondo. Le opere d’arte introdotte sulle navi Costa si integravano perfettamente con la struttura e l’arredamento interno; tra gli artisti presenti a bordo, Arnaldo Pomodoro realizzava una grande scultura sferica in bronzo per la Costa Classica. Nel 1990, Renzo Piano, sulla Crown Princess della compagnia “P&O Cruises”, dava il suo tocco di classe nel profilo della nave e delle sovrastrutture con il particolare disegno della “corona” frontale del belvedere ispirato alla sagoma del delfino. Con il definitivo passaggio della Costa Crociere al gruppo americano “Canival Corporation”, nel 1997, anche il buon design, il lusso e le opere d’arte a bordo delle navi Costa diventavano solo un ricordo. Con l’ultima generazione di navi da crociera, giganti di oltre 100.000 t., l’unica grande compagnia che ha resistito all’assorbimento dei grandi gruppi americani e che ha mantenuto un design tutto italiano è la MSC (Mediterranean Shipping Company S.A., nata nel 1987 dalle ceneri della Flotta Lauro) che, grazie al lavoro di Giuseppe De Jorio, ci fa ancora godere dello stile, buon gusto ed eleganza del design italiano negli interni delle nuove navi da crociera.

 

Caterina Frisone nasce a Monza nel 1961, secondogenita di tre figli di un ufficiale dell'Andrea Doria. Si laurea in Architettura nel 1986 presso il Politecnico di Milano e, nel 1987, consegue il Master in Architettura negli Stati Uniti. Durante il periodo universitario collabora con lo studio di progettazione navale Yankee Delta e con la rivista ”Barche“, disegnando imbarcazioni a vela e a motore. Nel frattempo sviluppa un interessa per l‘architettura d‘interni, in particolare quella degli anni ‘30 e ‘50. Dopo un periodo di pratica in Svizzera, nel 1991 si trasferisce a Venezia e inizia la sua collaborazione presso lo IUAV, insegnando Progettazione Architettonica e fondando, nel 2008, il Master in Architettura della Nave e dello Yacht.