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“L’esperienza del colore è una questione di cultura. Così come i sensi e la percezione sono collegati ai ricordi e all’identificazione, la nostra relazione con il colore deriva strettamente dal nostro habitat culturale. Gli eschimesi hanno una sola parola per definire il rosso ma ne hanno trenta per il bianco…”. Così cita Olafur Eliasson, artista danese ben abituato alle sofisticate e impalpabili variazioni cromatiche nordiche.
Scrive Johannes Itten in “Arte del colore” nel 1961 a conclusione dei suoi studi sulla percezione del colore: “Gli effetti cromatici sono controllabili mediante la percezione visiva. Riconosco però che i più profondi ed essenziali segreti del cromatismo restano impenetrabili agli occhi e si possono cogliere solo col cuore. L’essenziale sfugge quindi
a ogni formulazione concettuale”.
Amo molto questa visione piuttosto romantica del colore, l’anima sfuggente del colore, spesso imprevedibile, che non si riesce a catturare, questione di cuore più che di cervello.
Non mi hanno mai convinto a fondo i sostenitori contemporanei di metodi scientifici per decodificare, comprendere e poi progettare il colore a tavolino. Almeno a giudicare dai risultati di progetto, spesso queste metodologie non danno risultati sorprendenti e memorabili! La mia esperienza con il colore è multiforme, trasversale perché riguarda molteplici materiali e costante nel mio percorso professionale.
Al background di architetto con i relativi studi sul colore, superficie e volume, sono seguite le esperienze sul campo con molte aziende di prodotti in cui il colore è elemento fondante e determinante per il successo commerciale.
Una storia che si declina negli anni con il progetto di infinite gamme colore per l’industria dei materiali per l’arredamento: dall’industria tessile, come Parà Tempotest ad esempio, all’industria ceramica con la sperimentazione del cotto colorato per il gruppo delle Terre Toscano – Ferrone, Ceramiche Brunelleschi, Rasseno negli anni ‘90 – e più recentemente con Terreblu, o ancora del vetro in tutte le sue forme di produzione. Dai progetti in vetro soffiato a Murano per Carlo Moretti e Barovier&Toso, al vetro stampato industriale di Saint Gobain Glass il vetro è diventato il leit-motif nel mio lavoro. Materiale duttile per eccellenza, il vetro continua a sorprendermi e anche ad offrirmi nuove opportunità di sperimentazione. Nel 2011 il Museo dell’Arte Vetraria di Altare, nell’entroterra di Savona, ha dedicato, infatti, una mostra ai miei progetti di vetro e colore. Il Museo raccoglie oggi la storia conclusa di un passato glorioso: Altare è stato, infatti, per alcune centinaia d’anni il più grande centro di produzione del vetro industriale italiano – Bormioli è, per inciso, uno dei nomi più antichi dei maestri vetrai di Altare che poi da qui emigrarono in altra regione. Ho scelto di lavorare con i maestri vetrai superstiti di questa grande tradizione su un colore difficile per il vetro e per altri materiali, in primis la ceramica: il rosso, così sfuggente, così ‘capriccioso’ e imprevedibile, difficile da imbrigliare e dominare… forse, come mi disse un vecchio maestro a Murano, “è perché quando si ha a che fare col fuoco, lui che è rosso, non vuole concorrenti…”. Fatto sta che il rosso è sempre una bella sfida per chi lavora con i colori e il risultato non può darsi mai per scontato. Parte della mia ricerca parallela sul colore nell’ambito dei prodotti industriali è stata raccontata nel 2008 nel libro “I colori del design. Il progetto del colore come fattore di successo dei prodotti industriali”, edito da FrancoAngeli. 7 ‘case histories’ emblematiche, storie di prodotti industriali e colore come chiave fondamentale per emergere in un panorama affollato dove le immagini fanno sempre più fatica ad essere visibili e memorabili. In tutti i prodotti industriali il progetto colore è sempre intrinsecamente legato allo natura del materiale
e allo studio della finitura: tre elementi inscindibili strettamente correlati alla tipologia e alla forma dell’oggetto che contribuiscono all’effetto finale, percettivo e tattile.
7 i progetti esaminati, raccontati sotto forma di intervista ai protagonisti del progetto colore. Alessi e il cosiddetto ‘colore trasversale’, la ricerca condotta negli anni da Claudia Raimondo, color designer, per i prodotti casalinghi di acciaio, legata alla riflessione del materiale e orientata sull’effetto di interazione con la luce, al colore ma anche alla finitura del materiale; la storia del colore dei prodotti Bticino, un’azienda che è stata capace di trasformare un piccolo accessorio tecnico, la placca per interruttori e prese elettriche, in un complemento di architettura di interni in cui forma, finitura e colore sono strettamente correlati; lo studio della gamma dei colori nel redesign della nuova Fiat 500: un mix di colori vintage, di memoria, come l’avorio della prima storica cinquecento, rivisitati in chiave contemporanea e nuovi colori per attrarre un pubblico giovane che di quel passato ha solo sentito dire, senza averne avuto esperienza diretta; la straordinaria gamma colori delle porte Lualdi, dei ‘classici’ evergreen – dal rosso ‘Ferrari’ al verde vagone, dal prugna al grigio antracite – studiati dall’architetto Luigi Caccia Dominioni negli anni ‘70 e ancora oggi i più venduti nel mondo; i cosiddetti ‘colori dei sorbetti’ delle sedie in plastica di Jasper Morrison prodotte da Magis: la difficoltà tecnica di produrre dei bei colori scuri tramutata in una nuova opportunità, creando una gamma di colori pastello, che si sono rivelati un’innovazione di successo; il colore trasformista degli accessori di moda – le borse e le valigie Piquadro – e la capacità di far diventare un colore, l’azzurro Pantone 298C presente nei dettagli di ogni prodotto Piquadro, la cifra stilistica riconoscibile del brand; la ricerca del non-colore, il bianco assoluto detto ‘extra-white’, per il vetro dell’architettura, tendenza oggi consolidata espressa negli ultimi anni da tutti gli architetti contemporanei nel mondo.
Nelle storie dei prodotti industriali contemporanei di maggior successo non si può non citare il noto caso Apple: nel noioso panorama dei computer grigio/beige ad un certo punto ‘Apple stupisce il mondo introducendo il Bondi Blue iMac nel 1998 – scrive Louis Gray in Commentary, December 28, 2006 – ….e il mondo dei PC è stato colto in ‘braghe di tela’.
Tutto ciò che Apple doveva fare per ‘Think Different’ era di allontanarsi dal beige, inventando un prodotto immediatamente distinguibile da ogni altra macchina in una stanza, per forma, modo diverso di operare e per il suo colore smagliante’.
…Ma, aperta la strada al colore, Apple è subissata da richieste di ampliare la gamma colori… e ancora una volta stupisce la scelta strategica rigorosa dei successivi prodotti, del tutto e solo nero, e poi del bianco del Mac e della sua finitura unica e innovativa, traslucida, trasparente in profondità – ‘il più bel bianco del mondo’ come lo definirono l’azienda e i suoi milioni di fun! E poi l’alluminio, il colore puro del materiale con una finitura soft al tatto, di bellezza assoluta.
Il colore, poco e misurato, Apple lo riserva solo a IPod…
La profondità e la trasparenza rimangono per me gli aspetti cromatici più affascinanti ancora da esplorare. In questo ambito, ho avuto dal Gruppo Saint Gobain Glass l’occasione di lavorare a un progetto di immagine nella Verrerie de Saint Just, in Francia. Un luogo per me ‘mitico’ e mitizzato nel tempo, perché il catalogo colori della Verrerie è senza alcun dubbio il più affascinante e ricco campionario cromatico che io abbia mai visto.
In questo ambiente antico, che rivela ad ogni angolo sorprendenti effetti visivi e pittorici ho cercato di catturare l’effetto cromatico ‘liquido’ e sfuggente del materiale… il progetto è stato infatti intitolato ‘Liquid Colors’… Alla fine del lavoro ho messo una citazione poetica e magica di Ettore Sottsass, che della potenza dei colori è stato certo un grande maestro: ‘I colori, l’idea del colore scappano sempre da tutte le parti, scappano al rallentatore come le parole, che scappano sempre, come la poesia che non si può mai tenere nelle mani, come i racconti belli…’

 

Architetto e giornalista, vive a Milano, è esperta di immagine e comunicazione e consulente di aziende italiane e internazionali del settore design. Autore di importanti progetti di ricerca, libri e mostre di design internazionali.
È stata docente all’Università La Sapienza di Roma, all’Università di Genova, alla Estonian Academy of Arts di Tallinn.
Si occupa di design per il sociale collaborando a progetti internazionali di formazione e riqualificazione dei prodotti di artigianato in contesti di disagio sociale in Thailandia, Filippine e Kenya per la International Good Shepherd Foundation. Fondatrice e Vice Presidente della Associazione DComeDesign per la promozione della creatività femminile. Membro del Giurì del Design di ADI. Associate expert di CSIL.