area 113 | benedetta tagliabue embt

architect: Benedetta Tagliabue embt (Miralles Tagliabue EMBT)

location: New York, USA

year: 2009

Il progetto presenta una struttura mobile che permette di avere quattro diverse prospettive, che fanno da cornice ad altrettanti movimenti in cui si divide la coreografia. Sulle diverse piattaforme, posizionate a livelli differenti, trovano posto i musicisti, ovvero i Sonic Youth, John Paul Jones chitarrista dei Led Zeppelin e l’artista giapponese Takehisa Kosug, tutti impegnati nell’esecuzione live delle musiche. Una delle piattaforme è invece adibita a palcoscenico per una delle ballerine. La struttura in acciaio, costruita dal fabbro Esteve Miret, è parzialmente rivestita da una “pelle” in tessuto semitrasparente e iridescente, in grado di riflettere la luce.
La scenografia prevede inoltre proiezioni video ideate dall’artista Frank Aleu, artista che è solito collaborare con la compagnia La Fura dels Baus. Le video proiezioni conferiscono in questo caso alla struttura un aspetto solido, dando al volume le sembianze di una “roccia”. L’idea alla base del progetto scaturisce da un piccolo oggetto, la cui forma ricordava quella di una montagna di vetro, in grado di riflettere la luce dividendola nei colori che la compongono. Partendo da tale ispirazione, Benedetta Tagliabue ha progettato una struttura volumetrica in grado anch’essa di riflettere colori e luce attraverso una “pelle” semitrasparente. “La sfida che ci trovavamo ad affrontare presentava due difficoltà: innanzitutto lo studio aveva elaborato solo due progetti di tipo scenografico prima (una collaborazione con la compagnia La Fura dels Baus per il loro spettacolo intitolato DQ, presentato nel 2000 alla Liceu Opera House e la scenografia ideata per inaugurare il nostro studio); la seconda difficoltà era rappresentata dal fatto che Cunningham è solito lavorare improvvisando, in modo libero, innovativo e non limitato da metodi precostituiti, non vi era pertanto alcuna idea prestabilita su come il progetto avrebbe dovuto svilupparsi. Come se non bastasse, gli scenografi che avevano collaborato in precedenza con Cunningham erano artisti e creativi del calibro di Robert Rauschenberg, Jasper Johns e Andy Warhol…”. Dopo lunghe discussioni avute con Cunningham nella sua casa di New York, lo studio ha deciso di realizzare una struttura mobile che potesse ospitare i musicisti e la ballerina; in questa fase tuttavia, tutti i membri del team hanno lavorato separatamente: Merce Cunningham ha preparato la coreografia, i musicisti  hanno scritto le loro partiture, il costumista Romeo Gigli, ha elaborato i costumi per i ballerini; gli unici ad aver collaborato sono stati lo studio d’architettura e l’artista video. Lo spettacolo non ha una vera e propria trama, la danza di Cunningham infatti, così come il coreografo stesso, si distinguono proprio per il loro  “non essere narrativi”;  si può tuttavia riconoscere un’idea di fondo rappresentata dalla scala, elemento che permette di raggiungere le sezioni superiori e di continuare a muoversi verso l’alto, fino a raggiungere l’apice, il paradiso. L’idea delle scale, d‘altra parte, nasce con l’intento di poter osservare lo stesso elemento da prospettive diverse. Attualmente Merce Cunningham può spostarsi solo in sedia a rotelle, Benedetta Tagliabue si è pertanto chiesta come deve essere per un ballerino vedersi da un altro punto di vista. Da tale riflessione nasce l’idea delle scale e anche delle piattaforme.