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São Paulo: struttura urbana di estensione territoriale

La posizione geografica della città di São Paulo ebbe un carattere strategico nel favorire la penetrazione nelle regioni interne del continente durante il periodo di colonizzazione portoghese, e ancora oggi svolge un ruolo polarizzante nell’organizzazione delle reti stradali e ferroviarie di collegamento con le regioni del sud-est e del centro-ovest del Brasile. La sua ubicazione deriva da caratteristiche geomorfologiche di estensione continentale, per la presenza di una gigantesca formazione montuosa che si estende dalle aree centrali fino alle regioni meridionali della costa brasiliana e che divide l’altopiano interno dalla pianeggiante fascia costiera. Le aspre pendici formano inoltre una barriera quasi continua, che raggiunge un’altitudine di circa 2000 m, condizione questa che ha concentrato le principali città lungo la striscia costiera. São Paulo fu uno dei primi insediamenti creati per facilitare l’occupazione dell’altopiano, sorto nel punto in cui l’altitudine della Serra do Mar si riduce ad appena 800 metri, permettendone quindi l’attraversamento. Una caratteristica questa già sfruttata dagli indigeni per creare il collegamento tra la costa e la rete di percorsi che portano all’interno del continente. Tra gli insediamenti sorti in quell’area, fu proprio São Paulo a presentare le migliori condizioni per divenire il punto di partenza per la colonizzazione delle regioni interne. Quando nel 1554 fondarono la città sulle alture di una collina a forma triangolare, i gesuiti fecero tesoro dell’esperienza dei colonizzatori portoghesi che edificavano le loro città in luoghi propizi alla difesa militare. Gli accentuati declivi su due dei tre margini della collina degradano a nord-ovest verso il solco del fiume Anhangabaú, formando una stretta valle, e ad est verso l’estesa pianura in cui scorre il fiume Tamanduateí, principale via di accesso navigabile tra la città e le alture della Serra do Mar. Prossimo al vertice nord del triangolo, un terzo e più importante corso d’acqua, il fiume Tietê, offrendo buone condizioni di navigabilità verso le aree interne del continente, divenne la via d’accesso principale per le spedizioni coloniali. Analizziamo ora due aspetti fondamentali della storia di São Paulo nei primi secoli della colonizzazione. In primo luogo, lo sviluppo della città non avvenne grazie alla presenza di una formazione locale che crebbe per ragioni intrinseche, ma fu una conseguenza del suo ruolo di punto di convergenza delle rotte e dei flussi di transito destinati alla conquista e al consolidamento economico del territorio. Un secondo aspetto è di ordine culturale e riguarda la miscelazione razziale come strategia della colonizzazione portoghese del Brasile. I principali attori dell’occupazione del territorio dello stato di São Paulo erano meticci, nati dall’incrocio dei coloni portoghesi con donne indigene, i quali, nonostante la loro posizione intermedia tra le due culture, parteciparono al progetto di consolidamento del potere dei colonizzatori. Oltre alla riuscita conquista territoriale, mediante la quale fu possibile estendere i confini della colonia fino alle attuali frontiere del Paese, la ricerca dei giacimenti minerari e la cattura di indigeni da impiegare come schiavi costituirono gli obbiettivi economici primari di quel periodo.  Paradossalmente, il gigantesco movimento di espansione territoriale dei sec. XVI e XVII, con la scoperta dei giacimenti di oro in aree lontane da São Paulo e l’apertura di nuovi percorsi più brevi su cui transitavano i flussi del commercio aureo, tra la regione delle miniere e la città di Rio de Janeiro, portò a un periodo di spopolamento e stagnazione economica che durò fino alla fine del secolo XVIII.
La crescita di São Paulo riprende verso la fine del 1700 grazie all’attività agricola, in primo luogo con la coltivazione della canna da zucchero e successivamente con quella più importante del caffè, dando origine a un periodo di prosperità economica per la città e la sua provincia dopo l’indipendenza dal Portogallo nel 1822. L’espansione delle aree coltivate verso le regioni interne fu accompagnata dalla costruzione di strade per il miglior sfruttamento di tale produzione destinata all’esportazione. Nel 1867, la prima ferrovia collegò i centri dell’altopiano al porto di Santos, dando avvio alla creazione di una rete a beneficio dell’intera area coltivata. Grazie alla sua ubicazione nel punto di convergenza dei flussi di transito tra l’altopiano e la zona costiera, la città di São Paulo si affermava nuovamente come punto nevralgico di confluenza delle vie di comunicazione, questa volta ferroviarie. Tra le attività che vennero avviate nel territorio cittadino grazie alla ricchezza proveniente dalla produzione di caffè, i servizi educativi giocarono un ruolo di particolare rilievo, con la fondazione della Facoltà di Diritto nel 1827 e del Politecnico nel 1893. Oltre a offrire corsi di formazione in ingegneria e architettura, il Politecnico sviluppò fin dall’inizio un’attività di ricerca in campo tecnologico, allo scopo di svincolare il Paese dalla necessità di importare tali conoscenze da altre nazioni. Nel 1899 fu fondato il Centro di Studi sulla Resistenza dei Materiali, che permise di raggiungere il dominio tecnico della progettazione e costruzione in cemento armato pochi anni dopo che in Francia venne brevettato il sistema Hennebique. Già a partire dagli anni Venti, l’importazione di strutture in acciaio dall’Europa per la costruzione di ponti ferroviari cominciò ad essere sostituita dalla produzione locale di componenti in cemento armato. Accanto alle grandi opere infrastrutturali, gli ingegneri e architetti del Politecnico si distinsero sia nella modernizzazione della costruzione civile che nella gestione municipale, contribuendo a porre le basi tecnologiche per l’intensa crescita di una città che rinunciò rapidamente ai suoi tratti coloniali a favore di una veste e di un’atmosfera più europee. All’inizio del sec. XX le opere di urbanizzazione si estesero alle pendici del territorio triangolare di fondazione e ampliarono così l’area urbana: nuove strade, viadotti e un sistema di tram elettrici si sostituirono alle vecchie vie di comunicazione della fascia pianeggiante in cui si stanziarono le industrie e le vie ferrate.
I modelli urbani di Josef Stüben ed Eugene Hénard vennero adottati nel 1929 dagli architetti Ulhôa Cintra e Prestes Maia nel cosiddetto Plano de Avenidas per strutturare la crescita cittadina all’interno di un sistema di vie radiali e perimetrali, con l’unificazione del centro storico e delle sue estensioni al di là della valle mediante un anello di irradiamento, dal quale sarebbero partite le ulteriori vie radiali e i successivi anelli perimetrali. Durante la Seconda Guerra Mondiale, un nuovo impulso industriale apportato dalla sostituzione delle importazioni contribuì ad affermare la centralità di São Paulo rispetto alle altre regioni del Paese. La crescita demografica subì un’impennata sotto la spinta dei flussi migratori provenienti dal nord e dal nord-est, le regioni allora più povere del Brasile, che si sono sovrapposti all’immigrazione straniera. Alla fine degli anni Quaranta, nonostante gli sforzi pubblici e il ritmo di completamento delle opere viarie, la realizzazione del Plano de Avenidas non riusciva ad accompagnare la crescita orizzontale della città.
La precarietà e l’assenza di infrastrutture caratterizzavano le aree residenziali in cui venivano ospitati i nuovi abitanti. Di fronte alla rapidità dell’espansione dell’area urbana, solo la rete del trasporto pubblico mediante autobus riusciva a soddisfare la domanda di mobilità dei nuovi quartieri. Tali carenze generalizzate innescò un movimento di richiesta di abitazioni e servizi, soprattutto nei settori dell’istruzione e della salute, che portò già all’inizio degli anni Cinquanta alla costruzione di scuole pubbliche e di strutture comunitarie su larga scala. Iniziava in tal modo la strategia di progettare scuole pensate come nuclei destinati a promuovere l’educazione allo spirito comunitario in una popolazione recentemente approdata alla condizione urbana.
In relazione al problema abitativo, l’intervento pubblico fu caratterizzato da una maggior lentezza e dall’impossibilità di soddisfare l’effettiva domanda. Il carattere più sofisticato delle aree centrali nelle quali si andava creando un tipo di urbanità spiccatamente cosmopolita contrastava con la povertà dei quartieri nuovi, rivelando in tal modo il volto della diseguaglianza che avrebbe caratterizzato i processi di industrializzazione e urbanizzazione della società brasiliana. E questo in una città che, negli anni Cinquanta, presentava la più alta concentrazione urbana dell’America meridionale.  Solo a partire dagli anni Sessanta si arrivò a una riduzione della velocità di espansione dell’area urbana. Ciononostante, la domanda di abitazioni portò all’occupazione delle aree marginali delle dighe di acqua potabile, delle falde acquifere e delle regioni montuose instabili. La crescita valicò i limiti municipali e inglobò le città vicine fino a formare un’unica, vasta regione metropolitana che riuniva ben 39 comuni. La rete stradale articolata sugli antichi percorsi della colonizzazione permetteva di distribuire la produzione industriale lungo i corridoi che, muovendosi in diverse direzioni, collegavano le città alle regioni interne dello Stato. Il modello urbano di un centro ad alta densità e una periferia rarefatta divenne così inadeguato per spiegare la nuova struttura urbana. Il  Piano Urbanistico di Base (PUB) del 1968 fu il primo a ispirarsi a una concezione metropolitana che includesse i comuni limitrofi; si trattò di un approccio di tipo innovativo poiché, oltre ad abbandonare il modello mononucleare, evitò anche il suo opposto, vale a la città polinucleare pensata come costellazione di nuclei autonomi. Il territorio urbano sarebbe stato organizzato come una rete di centri collegati da sistemi di trasporto di massa e da strade a scorrimento rapido. Lo spostamento su grandi distanze passava così a far parte del quotidiano metropolitano, dal momento che avrebbe potenziato l’offerta di impiego e di alloggi in tutte le aree servite dalla rete di mobilità. Le infrastrutture previste da questa rete non furono tuttavia create nella scala proposta dal PUB, mentre la crescita demografica e fisica superò ogni aspettativa.  In tal modo, la libertà della forza lavoro nella scelta di impieghi, distribuiti sull’intera estensione dell’area metropolitana, produsse tempi di dislocamento tra luogo di lavoro e di residenza suscettibili di continui aumento. Pur con simili restrizioni, la struttura urbana di São Paulo ha dato origine a una regione metropolitana di 19,6 milioni di abitanti distribuiti su una superficie di quasi 8000 km2. Insieme alle regioni metropolitane limitrofe di Campinas a nord, con 2,7 milioni di abitanti, e Santos a sud-est, con 1,7 milioni di abitanti, a cui si uniscono altre città di medie dimensioni dello stato di São Paulo, essa costituisce un bacino economico in cui viene prodotto un terzo del PIL brasiliano. Una ricchezza, questa, che convive con aree di povertà indotte da una forte segregazione spaziale, caratteristica peculiare della società di São Paulo. Ma definire quest’ultima una città di contrasti non è sufficiente. Un fenomeno urbano di tale portata genera un’energia produttiva senza eguali al mondo, che si esprime anche nell’intensa produzione culturale e soprattutto architettonica che ha trovato espressione nel corso della sua intera storia.

Renato Anelli Professore presso il Dipartimento di Architettura e Urbanistica della Scuola di Ingegneria di São Carlos, Università di São Paulo.