area 132 | exhibition

architect: Studio Archea

location: Florence, Italy

Il progetto della nuova galleria Tornabuoni Arte a Firenze, nonostante le dimensioni misurate sulla natura privata dell’intervento, apre una riflessione sul rapporto tra contenitore e contenuto rispetto ai luoghi espositivi per la contemporaneità. Inoltre, sviluppandosi all’interno di un edificio storico posto sui lungarni, l’intervento affronta il tema della relazione tra il progetto e le preesistenze ambientali, tra invenzione e memoria, giungendo alla ricerca di quell’equilibrio che sottende l’anima tutta rinascimentale della città. La galleria, ricavata sulle tracce di un vecchio magazzino edile che utilizzava una piccola corte sul lungo fiume come piazzale di carico e scarico delle merci, annette più ambienti e spazi compreso un appartamento residenziale posto al piano primo dell’edificio, in modo da collegare, attraverso un’unica concatenazione spaziale, le diverse sale espositive. Per questa via, Firenze conquista un piccolo giardino di pietra dedicato alle sculture dove, attorno ad una grande stele di Arnaldo Pomodoro ed una sottile fontana di Mimmo Paladino, si alterneranno altre opere dal carattere più temporaneo e flessibile. Varcato l’ingresso, dove il bianco complessivo domina programmaticamente un ambiente disponibile alla scrittura d’arte, una scala attraversa lo spazio della galleria collegando il piano della corte di pietra, e quindi della strada, con il livello inferiore che costituisce il piano terra della retrostante via della Fornace e le sale espositive poste al piano superiore, un tempo destinato a fini abitativi. Per realizzare questo nuovo spazio per l’arte, disponibile a più usi ed allestimenti, sono stati effettuati importanti interventi strutturali sull’intero edificio compreso il rifacimento integrale ed il rinforzo del piano di fondazione attraverso l’impiego di centinaia di micropali, oltre la sostituzione di molti muri maestri e solai per ottenere un ambiente visivamente unitario e continuo.
Il doppio volume sulla parete che costituisce la facciata principale e la scala sospesa che lo attraversa verticalmente, partecipano all’idea di far compenetrare ogni spazio dalla luce naturale che si riverbera sulle superfici neutre e candide di ogni elemento dell’interno.
Cinquecento metri quadrati di superficie, per quanto rigorosa e disegnata in ogni dettaglio, non possono certo costituire un testo su cui tessere un programma disciplinare di valore assoluto, tuttavia indicano l’orizzonte di una corretta relazione tra arte e architettura, tra edificio espositivo e opera d’arte, nella convinzione che qualunque prevaricazione nuoce ad entrambe.