area 108 | Mexico City

intervista Felipe Leal

Marella Santangelo: Quali sono gli strumenti attualmente vigenti per la pianificazione urbana a Città del Messico, quali i piani e i programmi?
Felipe Leal: Città del Messico dispone di vari strumenti di pianificazione. Un esempio è il Piano Generale di Sviluppo Urbano (PDU) per la città, che si fonda sui Piani di Delegazione. Città del Messico è divisa in sedici aree, le delegazioni; queste dispongono di Piani di Delegazione di Sviluppo Urbano (PDDU’s) nei quali si specificano gli usi del suolo, le vocazioni del territorio e le sue potenzialità; ad esempio se sono zone industriali, commerciali, residenziali, di servizi o altro. Questa zonizzazione non è chiara e rigida come nel moderno zoning, ma identifica comunque il tipo di strade, vie e il tracciato urbano della città, così come i diversi usi del suolo compatibili con il suo sviluppo.
Il Piano Generale di Sviluppo Urbano è il Piano che comprende tutta la città, ed è così detto perché include tutte le aree che ne sono parte. Così come Parigi ha il sedicesimo arrondissement, o il quattordicesimo o il quindicesimo, a Città del Messico esistono le delegazioni ciascuna con il proprio Piano di Delegazione, che è sempre in armonia con il Programma Generale, non si tratta, infatti, di piani autonomi ma tutti i Piani di Delegazione sono parte del Piano Generale. Il Piano è orientativo e stabilisce i criteri generali, mentre il Piano di Delegazione è molto più specifico ed entra nel dettaglio di ciascuna strada e area della delegazione stessa. Un ulteriore livello di approfondimento è dato dai Piani Parziali, piani particolareggiati delle singole aree che richiedono una gestione apposita.
Ogni zona della città dispone di un suo Piano di Sviluppo Urbano; inoltre, alcune zone come il Centro Storico o Xochimilco, la prima patrimonio culturale, la seconda riserva naturale, sono regolamentate da Piani Parziali.
M.S.: È possibile immaginare attraverso questi strumenti, o individuandone di più appropriati, di invertire i processi negativi che affliggono Città del Messico ed avviare così una fase nuova nel governo delle modificazioni urbane?
F.L.: Penso che questi strumenti, per quanto restrittivi, non siano evidentemente sufficienti. Strumenti come il PDU o il PDDU aiutano a indicare approssimativamente la direzione di sviluppo di Città del Messico; certamente, a causa della dinamica e della crescita esponenziale della stessa, hanno un periodo di validità molto breve. A quattro, cinque anni dalla loro creazione, questi piani sono già stati superati dalla realtà, dalle condizioni di mercato, dalla speculazione immobiliare e dall’uso della città che facciamo noi stessi come abitanti. Per cui credo che sicuramente siano strumenti validi, ma non sufficienti per progettare il futuro. Inoltre è necessario poter contare su una strategia e un progetto per il futuro che permettano di modificare tutta una serie di attitudini sociali che ci obbligano a modificare questi strumenti.
M.S.: Esiste, secondo Lei, una strategia complessiva sottesa alle scelte dell’Amministrazione della città?
F.L.: Una strategia generale esiste già a livello decisionale. A Città del Messico si sono verificati una serie di fenomeni che hanno indotto a modificare il punto di vista e a cercare altre strategie di pensiero e, conseguentemente, altre strategie decisionali. La crescita della popolazione e il crescente fabbisogno di residenze nella zona centrale della città, hanno portato all’aumento e al miglioramento degli spazi pubblici, e ad una domanda di reti di trasporto alternativo e diverso. Queste premesse hanno generato una nuova concezione, ma anche una nuova strategia, fissando chiaramente tre obiettivi molto chiari per la città: migliori spazi pubblici, miglior trasporto pubblico o alternativo (come biciclette o mezzi elettrici), ripopolazione della zona centrale della città attraverso la residenza.
La residenza rappresenta un tema cruciale nelle strategie di sviluppo perché esiste una parte importante della città dove si vive nella precarietà, in costruzioni di pessima qualità. Stiamo lavorando non solo per migliorare la qualità delle abitazioni, ma anche l’unitarietà dei quartieri, costruendo e recuperando aree urbane, che nel prossimo futuro potrà dare identità alla città stessa. La nostra strategia generale punta su azioni dirette verso una città più compatta, soddisfacendo le necessità residenziali in centro e non in periferia, come è accaduto negli ultimi decenni.
Vogliamo una città dove si possa risparmiare sui tempi di percorrenza, migliorando la mobilità e gli spazi pubblici.
M.S.: Il patrimonio architettonico storico si può considerare un elemento strategico da cui avviare un processo di recupero e valorizzazione dell’intero centro di Città del Messico?
F.L.: Il Centro Storico è un elemento centrale di identità urbana e un chiaro esempio di trasformazione fisica della città.
Il patrimonio architettonico del centro urbano è stato un detonatore ed è un elemento strategico in cui si riconosce la città stessa e in cui si identifica chi la abita. Il suo recupero ha segnato l’inizio di diverse azioni che non si sono concentrate solamente sul passato coloniale, ma che hanno generato una cultura del recupero anche in zone precedentemente trascurate, perché meno attrattive o perché appartenenti a un passato più prossimo, come le zone industriali. Certamente, il patrimonio architettonico non è l’unico elemento che si identifichi con la città.
Credo che anche il patrimonio naturale, come i parchi, i viali, i giardini, i boschi, le gole, siano caratterizzanti l’identità di un luogo. Per questo sono state avviate azioni di recupero della nostra identità geografica, climatica e naturale, attraverso proposte per la rivitalizzazione di fiumi, gole e anche di spazi pubblici.
M.S.: Nel Programma Generale di Sviluppo Urbano del Distretto Federale sono indicate le priorità per lo sviluppo futuro della città e gli assi preferenziali, ma la questione del riconoscimento di una centralità è forse l’elemento più importante per rafforzare la struttura insediativa.
F.L.: Il Piano Generale di Sviluppo Urbano determina quelli che conosciamo come corridoi urbani. Il fulcro è nel centro della città con una serie di corridoi urbani da cui si diramano altre forme di agglomerazioni di servizi, non solo in forma concentrica, ma anche attraverso corridoi lineari. Assi come il Paseo de la Reforma e Insurgentes ospitano attività molto più vive dello stesso centro città o di Polanco. Attualmente per la mobilità e la dimensione della città, i corridoi hanno una funzione strutturante molto importante. Senza dubbio compongono una grid, un tessuto, una trama urbana, un insieme di corridoi con i rispettivi centri, non un centro unico.
M.S.: Il sistema delle infrastrutture ha inciso il territorio urbano, assumendo un ruolo strategico e primario negli attuali processi trasformativi della città; si è verificata una sorta di “enfasi infrastrutturale”, ma molto spesso questi sistemi sono rimasti completamente avulsi dalla struttura urbana.
F.L.: Molte delle opere di viabilità, soprattutto quelle di secondo livello, o la viabilità rapida, le highways o le circonvallazioni, interrompono il tessuto urbano. Questo è stato realmente frantumato, credo che solo Londra si sia salvata da questo genere di opere, ma la maggior parte delle grandi città come New York, Parigi, Città del Messico, San Paolo, hanno sofferto per queste “cicatrici” che, con il trascorrere del tempo, dovremo sanare e recuperare perché speriamo, un giorno, di poterci muovere in modo diverso. L’infrastruttura è stata sempre messa in primo piano e il tessuto urbano è così rimasto in secondo piano. A Città del Messico stiamo invertendo quest’ordine con la creazione di un organismo responsabile dello spazio pubblico; i temi legati a quest’ultimo rivestono oggi una grande importanza per il tessuto urbano, dove l’infrastruttura non ha il predominio.
M.S.: È possibile, oggi, parlare di una identità di Città del Messico e in che termini? Quali sono gli elementi strutturali che ci aiutano a identificarla?
F.L.: L’identità di Città del Messico è nella sua dimensione: la megalopoli; il suo spirito metropolitano e multiculturale è interno al suo proprio schema. Non così multiculturale come Amsterdam o Berlino, però certamente nel senso delle molte culture che esistono dentro Città del Messico. Questa città è nata in quanto metropoli e in questo, credo, sia la sua identità; è una città diversa, piena di sorprese con molti spazi insoliti che colpiscono anche noi, i suoi abitanti, rivelandone ricchezza e diversità. Questa diversità si riflette nei distretti tanto distinti tra loro: Azcapotzalco, Coyoacán, San Ángel, il Centro Histórico, Mixcoac… ognuno di essi ha le sue particolarità. Città del Messico è un insieme di città, forse è questo il suo segno di identità più forte.
M.S.: Esiste un carattere specifico nell’architettura di Città del Messico e può ancora l’architettura contribuire a una nuova qualità dello spazio urbano?
F.L.: Un maniera specifica di fare architettura non esiste, senza dubbio però c’è un carattere dell’architettura messicana che riflette il clima tanto benevolo di cui godiamo e che ne favorisce aspetti rimarchevoli. Pur fondandosi su questa premessa ambientale, l’architettura di Città del Messico può identificarsi attraverso tre linee principali, tra le quali innanzitutto l’architettura di carattere simbolico e monumentale, che ha profonde radici storiche fin nella Mesoamerica; questa è un’architettura protagonista, forte, di grandi dimensioni, generosa. La seconda linea è data dall’architettura commerciale che ha effettivamente dominato parte del panorama mondiale, un’architettura che si può vedere in qualunque parte del mondo, in accordo con i codici del consumo economico internazionale.
La terza linea è incline al vernacolare e alla scala domestica, è il riflesso di come viviamo noi messicani, dell’importanza rappresentata dall’abitazione, la casa, la struttura familiare e parla del tempo che vi si trascorre. Tutto questo si rivela più nell’impianto planimetrico che nella forma.
Formalmente l’opera pubblica è molto magniloquente, evocativa, generosa, faraonica. L’architettura commerciale è più internazionale, potrebbe stare da qualsiasi parte del mondo, mentre l’architettura domestica segna una particolarità nell’uso, nella distribuzione e nel carattere dello spazio.
Attualmente ciò che è accaduto è che queste tre linee si relazionano dando vita ad una nuova qualità dello spazio urbano, tra il pubblico e il privato. Credo che nel prossimo decennio assisteremo a una profonda trasformazione della qualità di vita a Città del Messico, spinta verso lo sfruttamento dello spazio pubblico e della sua relazione con lo spazio privato costruito. Tutto ciò sta già accadendo nel Paseo de la Reforma, generando una densità urbana diversa e nuova, con una stretta relazione tra i sistemi di mobilità e con ripercussioni a livello di uso intenso dello spazio pubblico e, conseguentemente, nel suo miglioramento qualitativo e sostanziale.
M.S.: Dal suo osservatorio privilegiato di Secretario del SEDUVI come vede il futuro di Città del Messico e quale potrà essere il ruolo della residenza che appare ancora oggi molto significativo?
F.L.: Il ruolo dell’abitazione è fondamentale. Dovremmo costruire circa 40.000 appartamenti all’anno e non lo facciamo per mancanza di risorse. Soddisfare il fabbisogno residenziale è molto importante per venire incontro alle necessità di quella popolazione che vive nella precarietà o in luoghi marginali alla periferia di Città del Messico.
La residenza fa la città e dove si costruiscono abitazioni si migliora la vita di quartiere, si struttura una trama urbana di strade, parchi, gente e tutto ciò fa la qualità di vita. Stiamo collaborando con istituti di credito e finanziarie come l’INFONAVIT (Instituto del Fondo Nacional de la Vivienda) che è l’organismo nazionale per la promozione della residenza. Inoltre, collaboriamo con investitori privati per elaborare e creare un programma molto aggressivo per i prossimi tre anni e così consolidare molti quartieri della città che avevano una vocazione industriale, laddove c’erano laboratori o fabbriche ormai chiuse o dismesse e abbandonate, in modo da sviluppare insediamenti residenziali con criteri sostenibili che comprendano l’uso intensivo dello spazio pubblico e generino nuovi parchi, aree verdi, insediamenti in cui la residenza conti su strumenti come la raccolta delle acque piovane e il risparmio energetico, su alternative di trasporto efficiente.
M.S.: In conclusione, da architetto militante, ma anche impegnato nelle Istituzioni, ci racconta brevemente la sua idea di città?
F.L.: La città ideale si allontana dalle utopie di città pensate per il XX secolo. Ritengo che la città ideale, nel caso di Città del Messico, sia una città più densa, più verticale, una città che ci permetta di risparmiare tempo nella mobilità, una città più compatta e con una grande qualità di spazi pubblici, molto verde e con alternative per una mobilità diversa. La mia città ideale è una città verticale, più densa, dove l’automobile sia sempre meno protagonista, dove il trasporto sia molto efficiente e dove abbia un ruolo di primo piano la continuità dello spazio pubblico con le aree verdi.

Felipe Leal (1956), architetto, docente alla Facoltà di Architettura della UNAM, di cui è stato due volte Preside tra il 1997 e il 2004. Da giugno 2009 è a capo della Secretaría de Desarrollo Urbano y Vivienda (Seduvi) di Città del Messico. Nel 1991 ha fondato il suo studio di architettura, nel 2008 ha ottenuto una menzione alla X Biennale di Architettura con la Unidad Académica y Cultural Morelia e con la Stazione di Metrobus della Città Universitaria. Nel 2005 ha ricevuto il riconoscimento al merito universitario per i suoi 25 anni di lavoro accademico e nel 2003 il Premio Ricardo de Robina per la diffusione dell’architettura. Ha insegnato nelle Università di Harvard, Columbia y nelle pricipali Università dell’America Latina, in Francia, Italia e Spagna.