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Marco Casamonti: Ultimamente si parla molto di Contract ma vorremmo capire meglio di cosa si tratta, e soprattutto quando possiamo parlare di Contract e quando di forme di “sub-Contract”, ovvero di semplici forniture. Lo abbiamo chiesto a Danilo Ronzoni, responsabile Contract per Cassina, una grande azienda che in questo settore vanta una lunga esperienza. Cassina è conosciuta storicamente soprattutto come produttrice di oggetti di design, tuttavia si occupa, da sempre, anche di Contract; come convivono queste due dimensioni, quella del “su misura” e quella della produzione “di serie”? Realizzare oggetti su misura significa in fondo aprire le porte alla sperimentazione, alla ricerca e all’innovazione, caratteristica che da sempre contraddistingue Cassina: quali sono le conseguenze economiche e progettuali che il Contract apporta al prodotto di serie?
Danilo Ronzoni: Cassina nasceva 80 anni fa come falegnameria che produceva oggetti per la casa; il grande salto di qualità è stato l’incontro con i designer emergenti dell’epoca del dopoguerra, come Gio Ponti, Mario Bellini e la straordinaria e lungimirante capacità di saper gestire quella che poi sarebbe diventata la collezione dei grandi maestri, quali Le Corbusier, Mackintosh, Rietveld, che ancora oggi rappresenta un “evergreen” per il settore residenziale dell’azienda. All’interno di Cassina il Contract ha sempre vissuto di una luce propria: ci sono state poche correlazioni tra il mondo che noi chiamiamo del residenziale e il mondo Contract. Non ho memoria di prodotti nati da un’esigenza Contract e poi entrati in produzione, né tanto meno l’inverso. Probabilmente bisogna tornare indietro agli anni ’50 e ’60 quando Cassina ha iniziato a occuparsi di Contract con i grandi progetti disegnati da maestri come Gio Ponti per arredare le navi da crociera di allora: la Raffaello, la Michelangelo, la Andrea Doria. All’epoca, quando c’era ancora il signor Cassina, i designer lavoravano direttamente in azienda, fianco a fianco a chi fisicamente faceva il prodotto, nel reparto falegnameria, e in quello Sviluppo e Ricerca; diversamente da allora, oggi, il designer viene solo saltuariamente in azienda.
M.C.: Fa più fatturato il Contract o l’oggetto di produzione di serie?
D.R.: Il Contract all’interno di Cassina vale circa il 30% del fatturato complessivo, percentuale destinata, si spera, ad aumentare nel futuro. Non possiamo parlare di una stretta relazione tra i due settori, fatta eccezione che per i primi anni; oggi il Contract è una divisione a sé, completamente autonoma.
M.C.: Per quanto riguarda gli oggetti di design, Cassina continua come negli anni ’70 a chiamare i designer e a sviluppare i prodotti insieme con loro?
D.R.: Generalmente è l’azienda che chiama i designer, mentre altre volte sono loro a proporre dei pezzi. Ultimamente, con una razionalizzazione voluta dal gruppo Poltrona Frau, ci stiamo muovendo soprattutto nel settore del marketing: effettuiamo degli studi di settore per capire quali sono le esigenze del consumatore e, in funzione dei risultati, usciamo con prodotti vicini alle richieste di mercato.
M.C.: Come si svolge solitamente la parte Contract di un progetto? Vi viene dato il progetto da parte di un architetto e vi occupate del chiavi in mano? Quali sono le vostre competenze, com’è strutturata l’azienda? Oggi per fare Contract quali capacità deve avere un’azienda?
D.R.: Già nel ventennio che abbraccia gli anni ’60 e ’80, in cui tutte le grandi aziende lavoravano nel settore alberghiero, (era il tempo dei grandi Contract dei paesi Arabi, dell’Egitto, ecc…) Cassina si era avvicinata al Contract “Customizzato completamente”, inteso come realizzazione su misura di tutto quello che è il progetto dell’architetto, che sia un albergo, uno yacht, i negozi della moda, o un museo, ed occupandoci dell’interior in toto. Nel caso del Museo di arte islamica a Doha per esempio, con progetto di I. M. Pei e interni curati da Jean-Michel Wilmotte, Cassina ha fornito tutti gli arredi interni su misura.
M.C.: In un’azienda che fa Contract come la vostra, quali sono le specializzazioni interne, i diversi ruoli?
D.R.: Cassina conta attualemente una sessantina di persone nel settore Contract, contro un complessivo di 300 in tutta l’azienda. Circa venti sono impiegati nel settore logistica, che si occupa non solo della spedizione del prodotto, ma anche dell’assemblaggio. Questo stesso gruppo lavora anche sulla preparazione dei moke-up, cioè dei prototipi. Per esempio ne abbiamo appena realizzato uno di una serie di appartamenti disegnati da Foster & Partners dove abbiamo realizzato non tanto il prodotto in sé, quanto l’involucro, le porte, i controsoffitti, i pavimenti. Ciascun progetto è affidato ai project managers, interni all’azienda. Queste figure si rapportano con il cliente e con il designer e, insieme con l’ufficio tecnico e l’ufficio di produzione, si occupano di svilupparlo con una struttura adeguata alla dimensione del progetto. Questi uffici servono a sviscerare e risolvere tutti i problemi tecnici, oltre che effettuare disegni che possono essere dati ai fornitori. Per quanto riguarda i montaggi invece, lavoriamo con squadre che conosciamo da decenni e, secondo il tipo di lavoro, scegliamo quella più adatta. Il capo commessa praticamente ha la completa responsabilità del lavoro, sia da un punto di vista tecnico-architettonico, sia da quello commerciale.
M.C.: L’architetto disegna completamente tutto o voi collaborate in maniera attiva con il progettista?
D.R.: In genere collaboriamo attivamente con i progettisti che non arrivano quasi mai alla fase di definizione costruttiva, soprattutto sull’arredo. Citterio per esempio è molto meticoloso nel proprio lavoro. Per un albergo e un auditorium come quello di Mosca, il Barvikha Hotel & Spa, con 64 camere, più le aree comuni e l’auditorium, abbiamo prodotto più di 1000 tavole. Citterio ha fatto il disegno architettonico, poi ogni volta che su questa base andavamo a realizzare il disegno costruttivo, lui metodicamente controllava ogni dettaglio, lo valutava, lo definiva, lo cambiava… Foster invece rimane a un livello meno dettagliato e quindi siamo noi che ultimiamo i disegni tecnici, sotto la sua direzione. Starck al contrario è molto pignolo, controlla le campionature dei materiali, così come Wilmotte che è molto tecnico e meticoloso nel suo lavoro.
M.C.: Il Contract quindi è soprattutto un sistema di gestione, progettazione e ingegnerizzazione di un progetto disegnato da uno studio, non è il prodotto, quanto piuttosto la capacità di gestire interamente una commessa, fino al controllo di qualità. Per quanto riguarda le forniture, vi appoggiate a fornitori locali?
D.R.: Cassina da oltre 10 anni lavora in Cina, in Brasile, in Russia, cercando tendenzialmente di utilizzare fonti locali per coprire il territorio secondo le esigenze poste dal cliente. Intorno al 1993-94 abbiamo cominciato a realizzare molti negozi dei grandi marchi della moda: Bally, Cartier, Louis Vuitton, Ferragamo… In questo settore abbiamo una grande esperienza, e abbiamo capito che, soprattutto nei mercati lontani, il cliente voleva un’estrema rapidità di intervento, oltre a una riduzione dei costi, per cui ci siamo visti obbligati a effettuare delle ricerche su fornitori specifici da contattare: in Cina e in Russia, per quanto riguardava tutto il settore dell’Asia, in Sud America per il Nord e Sud America. L’ultimo progetto realizzato da Philippe Starck per il gruppo SBI di Los Angeles per esempio è stato realizzato da un fornitore cinese, su cui noi abbiamo fatto il controllo qualità, dei disegni, e il controllo dell’ingegnerizzazione.
M.C.: Quali sono i temi su cui il Contract si concentra maggiormente, quale la tipologia che si presta di più o quella che vi impegna più di frequente?
D.R.: Noi lavoriamo soprattutto nel settore dei motor yacht di lusso: adesso ne stiamo realizzando tre: uno disegnato da Dordoni e due da Foster & Partners, uno dei quali è stato appena varato. I cantieri sono il Rodriguez di Massa Carrara per gli yacht di Foster, e la San Lorenzo a La Spezia, per quello di Dordoni. Oltre al settore nautico ci occupiamo molto anche di quello alberghiero, di ristorazione e soprattutto del commerciale, e mi riferisco in particolare ai grandi shops delle case di moda, italiane e straniere.
M.C.: Come è cambiata la struttura di Cassina, se è cambiata, da quando il gruppo Montezemolo, che è maggiore azionista, ha unito le aziende Poltrona Frau, Cappellini, Cassina e Alias in un unico polo? Questa dimensione di gruppo industriale che novità ha portato dentro l’azienda?
D.R.: Innanzitutto una maggior consapevolezza all’interno di ciascuna azienda e una maggior responsabilità nell’intero gruppo. È stato fatto un lavoro molto chiaro: ogni azienda ha un suo marchio e una sua competenza specifica. Per quanto riguarda il Contract, noi siamo competenti per la parte interior, Poltrona Frau lo è per il seating, le altre aziende, Cappellini e Alias, fanno un tipo di Contract che definiamo “soft”, cioè una produzione di serie che viene adattata all’occorrenza.
M.C.: Rispetto agli accessori, ci sono delle aziende, di alta gamma, con cui generalmente lavorate oppure fate tutto su disegno? Come vi comportate rispetto al tema delle competenze accessorie?
D.R.: Lavorando spesso con designer di fama internazionale che disegnano a 360 gradi nel mondo dell’architettura, ciascuno di loro ci suggerisce spesso un ventaglio di aziende che coprono i diversi settori, a livello di accessori, di illuminazione, ecc. Siamo quindi orientati anche dagli architetti stessi nella selezione delle forniture. In questi casi noi facciamo l’acquisto e la gestione della commessa.
M.C.: Quali sono i vostri competitor italiani e internazionali?
D.R.: Nel settore interior, i nostri grandi competitor sono la B&B Italia, il gruppo Molteni (Unifor, Molteni, Dada). Inoltre ci sono alcune aziende del Nord-est che hanno una dimensione inferiore, tipo LEMA, che lavora nel Contract e ha anche una produzione interna con cui riesce a reggere molto bene, la Permasteelisa, che è una società enorme e che ha una parte della società dedicata al Contract soprattutto nelle regioni dell’Asia; poi ci sono le entità nuove del nord-est, realtà più piccole, aziende di Venezia, Treviso con 40/50 persone al massimo, che quindi non sono artigiane, né sono la grande industria, ma rappresentano la piccola e media impresa, estremamente flessibile e competitiva sul mercato. Infine ci sono le grandi aziende cinesi, che però sono one-shot, cioè sporadiche.
M.C.: Rispetto al mercato che viene dalla Cina, un’azienda come Cassina riesce ad essere competitiva?
D.R.: Riusciamo ad essere competitivi solo quando produciamo mobili in loco, ovviamente, puntando sul rapporto qualità-prezzo.
M.C.: Nel Contract, serve avere un nome come Cassina, cioè avere un background, una produzione di serie di qualità, esser riconosciuti come azienda?
D.R.: Certo, il nome è un biglietto da visita che ti garantisce che verrai ricevuto e ascoltato, ma da lì ad aggiudicarsi un progetto c’è molta strada da percorrere. Cassina è comunque conosciuta in tutto il mondo.
M.C.: Il vostro è un Contract di qualità, che lavora con progettisti importanti su commesse importanti, qual è la dimensione minima di intervento per il Contract?
D.R.: Per Cassina deve superare almeno il milione di euro. Poi ci sono commesse, come il Barvikha Hotel & Spa di Mosca, che vanno intorno ai 18 milioni di euro, ci sono commesse continuative negli anni, come la realizzazione di tutti i negozi Zegna nel mondo, che ormai è arrivata ai 50-60 milioni di euro in 10 anni, come anche la Louis Vuitton.
M.C.: Quali sono le realizzazioni più importanti portate a termine negli ultimi anni?
D.R.: L’albergo a Los Angeles di Philippe Starck, appena concluso, il Barvikha Hotel & Spa di Citterio, gli yachts di Foster & Partners, il terzo negozio Zegna di nuova generazione sul quale stiamo lavorando attualmente e, su design di Peter Marino, i punti vendita Wind di tutta Italia, che sono disegnati da Crea International di Milano.