La città è il più complesso e misterioso prodotto fisico e culturale dell’uomo, sia che la si consideri nella maniera in cui fu definita dall’antropologo Claude Lévi-Strauss “la cosa umana per eccellenza”, sia la che si interpreti come luogo di fenomeni in cui determinati eventi accadono.

La complessità delle città contemporanee non consente oggi una facile catalogazione dei diversi modelli insediativi se non attraverso un processo di estrema riduzione al concetto primigenio che ogni città possiede. Sembra più facile ormai leggere diversi modelli urbani all’interno di una stessa città, rappresentativi tanto dell’evoluzione diacronica della tecnica a cui le città sono sottoposte, quanto dell’evoluzione sociale delle comunità che nel tempo hanno determinato specifici tipi di aggregazione.

Da decenni ormai l’estensione delle strutture urbane, condizionate da un sempre crescente flusso di abitanti che si spostano nei grandi centri, testimonia una mescolanza di culture che ha arricchito la natura stessa delle città affiancando ai luoghi simbolici dei tessuti fondativi e consolidati, nuove forme dell’abitare ancora in divenire, probabilmente fragili, ma cariche di significato positivo da prendere come base di partenza per una riflessione mai quanto adesso necessaria. Difficilmente si assiste alla nascita di nuovi centri, se non come estensione o satelliti di realtà urbane consolidate.

L’attenzione verso la città ha smarrito, denunciata da anni da Vittorio Gregotti, la volontà di rappresentare una condizione sociale collettiva. Il disegno complessivo e unitario della città ha lasciato spazio alla definizione di brani incoerenti regolati da logiche speculative, mascherate dietro ad una rincorsa fatta passare per necessaria, dell’avanzamento tecnologico e ad un atto di responsabilità, apparente, verso l’ambiente.

Ancora poche riflessioni sono state a nostro avviso fatte, sulla questione più determinante per la città che è quella della rappresentatività del tessuto sociale che la abita. Il demandare gran parte della socialità allo spazio virtuale ed alle relazioni possibili attraverso i social network, ha inevitabilmente distolto l’attenzione dallo spazio pubblico come luogo per eccellenza della rappresentazione della relazione sociale e interprete di una nuova società liquida e multiculturale. L’attuale rafforzamento di alcune posizioni nazionaliste, che vorrebbe la rappresentazione di una città esclusiva, contrasta con le effettive e positive dinamiche di composizione sociale e di occupazione degli spazi urbani.

Prendendo come assunto una riflessione fatta da Umberto Eco durante il Convegno “Le migrazioni del terzo Millennio” tenutosi nella città di Valencia nel 1997 secondo cui l’Europa sarebbe stata nel secolo che stiamo vivendo un continente “colorato”, crediamo fortemente nella necessità di aprire una riflessione su cosa sia oggi la città e sul modo in cui essa possa divenire una città dell’inclusione, un testo capace di interpretare il fenomeno sociale in atto da decenni di mescolanza culturale. Partiamo dalla consapevolezza che una lettura interdisciplinare è possibile nella misura in cui ognuno di noi utilizzi gli strumenti della propria disciplina per cercare quantomeno di intravedere il modo in cui la città si stia o debba trasformarsi. Chiediamo una personale visione sul modo in cui la città possa assumere nuove configurazioni pronte ad accogliere flussi di popolazioni che migrano da una parte del mondo ad un’altra e siano in grado di adattarsi e/o generare nuovi modelli abitativi, popolazioni tenute assieme e non divise dai molteplici legami etnici, religiosi e culturali. Una città che, recuperando l’idea antica di polis greca possa nuovamente essere “sostanza di cose sperate”.

quando:
9-10 novembre 2019
dove:
Museo Macro - Museo d'Arte Contemporanea di Roma
https://www.museomacro.it/

Francesco Messina. Si laurea nel 2002 con Laura Thermes presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria. Fonda lo studio Bodàr bottega d’architettura nel 2003, con cui ottiene premi e riconoscimenti in ambito nazionale ed internazionale. Nel 2006 consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Progettazione architettonica presso l’Università di Palermo. È stato promotore e responsabile scientifico di diverse ricerche progettuali, culturali ed editoriali nel settore dell’architettura tra cui “Il territorio oltre lo Stretto” nel territorio messinese e “Beyond the boundaries” nel territorio pratese. Dal 2002 è impegnato nel campo accademico sia in collaborazioni alla ricerca, sia nella didattica. È stato docente a contratto presso le Università di Reggio Calabria e Perugia e attualmente è docente a contratto presso l’Università di Ferrara. È stato architetto collaboratore all’Accademia di Architettura di Mendrisio, visiting professor e lecturer in varie scuole di architettura tra cui Valle Giulia di Roma, Firenze, Genova, AA School of London,  ETSA de Valencia,  CCU of Taipei, L’I2a di Lugano, FEFU di Vladivostok. Ha tenuto conferenze in vari eventi tra cui la Biennale di Venezia.

Laura Zerella. Si laurea nel 2009 presso la Facoltà di Architettura dell’Università Sapienza di Roma con Franco Purini con il quale, nello stesso anno, comincia l’attività di collaborazione alla didattica. Nel 2013 consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Composizione architettonica presso l’Istituto Universitario Iuav di Venezia. Nel 2015 vince una borsa di studio per una ricerca all’estero bandita dall’Accademia Nazionale di San Luca, ricerca svolta tra l’Italia e la Graduate School of Design di Harvard. È impegnata nell’esercizio progettuale dal 2009 collaborando con diversi architetti e studi di architettura di Roma.