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Dentro la porta (ovvero antropologia di un oggetto quotidiano)

Nella Bibbia si trovano 591 occorrenze di “porte” e “portoni” mentre nell’Eneide la porta (ianua) compare solo 5 volte. In realtà nel poema di Virgilio si fa narra di un popolo nomade, che ancora viaggia alla ricerca di una terra che la possa accogliere, mentre nel primo caso si fa riferimento a una civiltà agricola che ha scoperto la città, la quale, con le sue case e le sue mura, ha bisogno di porte.
Ma quando Roma è fondata, subito compare il dio Giano bifronte, custode dei confini, e delle porte. In Grecia la porta è il luogo di Hermes, dio degli scambi e dei commerci, ma la porta da sempre ha acquisito un significato simbolico, la separazione o la comunicazione tra il noto e l’ignoto, il profano e il sacro. E così Sigmund Freud nel suo saggio L’interpretazione dei sogni non dimenticherà di far cenno alla porta con il suo simbolismo architettonico per il corpo e i genitali, ma forse è Artemidoro a dare più esplicite interpretazioni alla porta.
Così leggiamo nel Libro dei sogni: “Una porta che brucia preannuncia la morte della moglie, e inoltre indica che la vita del sognante non è sicura. Una porta dotata di catenaccio indica una donna libera, e se è sbarrata una schiava; ma quella con il catenaccio può indicare anche l'uomo, e quella sbarrata la donna.” Nella numerologia della Smorfia napoletana la porta aperta è il numero 68, quella chiusa il 4. La porta, e il confine di cui è l’elemento di transito, sono al centro di una cultura di cui siamo figli. Nella lingua cinese, dove gli ideogrammi portano nella loro forma le redici archetipiche degli oggetti a cui fanno riferimento, la porta è 門 (Mén). Qui la stilizzazione delle due ante della porta lascia un segno inequivocabile anche nella famiglia di vocaboli che ad essa sono legati, come nell’aprire開 (Kai) e nel chiudere 閉 (Bì), e questi ideogrammi, se pur essenzializzati nel “Cinese semplificato”, con le medesime fonazioni, diventano 门 (Mén), 开 (Kai), 闭 (Bì), ma anche关 (Guan).
Ancora un’ultima nota intorno a questa affascinante cultura così diversa da quella occidentale: nella più recente modernità tecnologica l’unione dei due ideogrammi 开关 (Kai Guan), ovvero “aprire - chiudere” sta a significare “interruttore”, la porta dei segnali elettrici, che naturalmente può essere aperta o chiusa, ON oppure OFF. La porta dalla tradizione più antica realizza il suo movimento attraverso la funzione del cardine, il fulcro di ogni azione meccanica sul principio della leva e così quando si narra di re Salomone che prepara in oro tutti gli arredi del tempio si può leggere: “Salomone fece anche tutti gli arredi del tempio del Signore, l'altare d'oro, le tavole d'oro su cui si ponevano i pani dell'offerta, i cinque candelabri a destra e i cinque a sinistra di fronte alla cella d'oro purissimo, i fiori, le lampade, gli smoccolatoi d'oro, le coppe, i coltelli, gli aspersori, i mortai e i bracieri d'oro purissimo, i cardini per le porte del tempio interno, cioè per il Santo dei santi, e i battenti d'oro per la navata” (1Re 7:48-50), quasi una celebrazione ante litteram di un certo design, che realizza il perfetto equilibrio tra una trascendenza estetica e una funzionalità tecnica.
Gli oggetti sono le vere metafore di una società che non sarebbe mai esistita senza la tecnica e ben oltre il principio della leva di Archimede, e in anticipo rispetto a ogni moderna cosmografia da tempo immemorabile il nostro pianeta ruota sui propri cardini. “Perché al Signore appartengono
i cardini della terra e su di essi fa poggiare il mondo.” (1Samuele, 2:8). Si ritorni, però, alla realtà delle porte concrete che l’innovazione tecnologica da sempre ha corredato di dispositivi da automatizzarne il movimento e la funzione.
Negli Spiritali di Erone di Alessandria (II-I sec. a.C.), un precursore della teoria degli automatismi, si raccontava di come l’accensione di un fuoco sull’altare provocava, generando vapore, il riversamento dell’acqua in un secchio che appesantendosi causava l’apertura dei battenti: era naturalmente solo un’idea, un gioco per stupire un sovrano, ma ben sappiamo oggi che si tratta di una realtà che quotidianamente oggi sperimentiamo in ascensori e mezzi pubblici.
Le porte però non solo ruotano, ma possono anche scorrere silenziose su binari e scomparire all’interno di un muro. Già nel 1907 August Kirchner e William Kirchner, di Cleveland, Ohio, avevano presentato al Patent Office degli Stati Uniti un brevetto (US 840,630) per l’apertura di porte scorrevoli, ma dopo di loro le innovazioni si sono moltiplicate. Sino a quando nasce a Sant’Arcangelo di Romagna nel 1989 per opera dell’imprenditore riminese Giuseppe Berardi un’azienda che alla porta scorrevole aggiunge un’innovativa soluzione a scomparsa. Se a questo punto dissezioniamo la struttura di un controtelaio per porte scorrevoli Scrigno ® scopriamo che il cuore di questo meccanismo è il carrello a cui è appesa la porta. Tra le macchine elementari, scopriamo la ruota, elemento essenziale di ogni carrello, la vite che sospende l’anta della porta al carrello, l’arpionismo regolabile che permette l’arresto a fine corsa del battente (si fa per dire) e soprattutto il cuneo, anzi i due cunei, che appesi tramite una vite al carrello garantiscono il serraggio della porta al carrello medesimo. La leva, non dimentichiamolo, afferma la sua presenza nella chiave “brugola” dove il fulcro è l’asse della vite in cui si impegna. L’azione delle coppie di cunei (evidenziati in arancione e verde) che scorrono l’uno sull’altro garantisce in virtù dell’attrito l’ancoraggio del carrello alla porta e si esercita sotto forma di pressione sulle facce di un’apposita scanalatura ricavata nella faccia superiore della porta medesima.
E così anche all’interno di un controtelaio per porte scorrevoli la Meccanica afferma la sua presenza con alcune macchine elementari di antichissima concezione, ma fortemente innovative nella loro aggregazione. E se la porta scorrevole subito ci fa andare con la mente a Gwyneth Paltrow nella pellicola Sliding Doors (1998) del regista Peter Howitt, perché non soffermarci a meditare sul proverbio cinese “La porta meglio chiusa, è quella che si può lasciare aperta”?