Il volume racconta con accuratezza scientifica ma al contempo con linguaggio divulgativo la vita dell’uomo, dell’intellettuale e dell’architetto a un pubblico non solo di studiosi, ricercatori, studenti, ma anche di semplici appassionati. Un repertorio testuale e iconografico che ricompone i tanti e variegati materiali prodotti dal Maestro toscano e sul suo lavoro e va a comprendere un’importante attività di catalogazione dei progetti, delle opere realizzate e di quelle postume, oltre che della mole di disegni e schizzi su cui Michelucci misurava il senso delle cose e le ragioni del “fare città”.

Il pensiero progettuale e il suo valore per una lettura della società contemporanea è anche al centro del saggio di punta affidato alla penna dell’architetto e scrittore, nonché membro del Comitato scientifico della Fondazione, Gianni Biondillo, che riprende e aggiorna un testo scritto di suo pugno nel 1999 per l’Universale di Architettura diretta da Bruno Zevi, dal titolo Giovanni Michelucci. Brani di città aperti a tutti. Biondillo, che lo conobbe e lo studiò con molta attenzione, “rilegge” l’architetto ritagliandone il pensiero attraverso la sua lucida e ostinata discontinuità rispetto alle varie correnti culturali del Novecento.

Dalle prime opere realizzate nella città natale, Pistoia, l’autore tocca alcune tra le esperienze più significative: la Stazione di Santa Maria Novella e la Palazzina Reale (Firenze, 1935), la Chiesa di Pontelungo (1953), la Borsa Merci (Pistoia, 1950) la Chiesa di San Giovanni Battista (detta dell’Autostrada, Campi Bisenzio, 1964) e quella “memoriale” di Longarone (1966), l’opera postuma Teatro di Olbia (2005); infine alcuni “pezzi” della città nuova, la città del dialogo a cui Michelucci non ha mai rinunciato e che si riconosce soprattutto in uno dei suoi ultimi progetti, il Giardino degli Incontri (1987-1990), un progetto sviluppato con i detenuti all’interno del carcere di Sollicciano, come spazio di ricostruzione con le famiglie, come ponte tra carcere e città.

Chiesa dei SS. Pietro e Gerolamo, Collina di Pontelungo (PT), 1946-1952 - Archivio Fondazione Michelucci. ©Alessio Guarino

Altri testi, tutti corredati da fotografie e disegni provenienti dall’archivio della Fondazione e dal Centro di Documentazione G. Michelucci di Pistoia, sono di Alessandro Masetti, cui si deve lo studio approfondito e la sistemazione degli arredi e del patrimonio artistico di Villa Il Roseto, sede della Fondazione, e di Nadia Musumeci, studiosa e responsabile degli archivi, che firma la biografia e restituisce l’imponente massa documentaria. A lei spettano, inoltre, le schede relative alle opere, ai progetti e la parte conclusiva sui riferimenti e le fonti.

Il progetto editoriale si inserisce nell’ambito delle iniziative per i quarant’anni della costituzione della Fondazione Giovanni Michelucci, ricorsi nel 2022 e di cui la pubblicazione arriva come pietra miliare. La monografia, infatti, è il risultato di una intensa attività di riordino e approfondimento condotta nell’ultimo decennio dai tanti membri e collaboratori dell’istituzione e del mondo della ricerca e nel cui quadro si deve leggere anche la recente nomina a presidente della giornalista e architetta milanese, Silvia Botti.
Si tratta di un traguardo corale dove confluiscono tutte le esperienze personali e le competenze di ciascun membro della Fondazione”, dice Botti. “Volevamo un libro che presentasse non solo il lavoro di un architetto che ha attraversato il secolo scorso, dall’esperienza dell’architettura fascista fino all’era della modernità, della deindustrializzazione e del post modernismo, ma desse anche un segnale sull’importanza del pensiero e della visione dell’uomo oltre che dell’intellettuale, un uomo coraggioso, che non aveva paura di misurarsi con i problemi e le novità del suo tempo”.

Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, Pistoia, 1959-1965 – Archivio Fondazione Michelucci. ©Václav Šedý

La pubblicazione è dunque un invito a recuperare la figura di un Michelucci inedito, l’architetto artigiano, appassionato d’arte, empatico e curioso, sempre alla ricerca di un rapporto umano con le maestranze, con i giovani, che vide l’attività didattica - insegnò alla Facoltà di Architettura di Firenze e di Ingegneria di Bologna - come un orizzonte non solo disciplinare ma di condivisione e creazione di un cantiere di “felicità”. Un concetto chiave nella vita del Maestro, che ne fece il metro per cercare di realizzare La Nuova Città, una dimensione comunitaria riuscita in ogni sua parte, sia dal punto di vista sociale che architettonico e che perseguì con la Fondazione omonima da lui istituita nel 1982 e la relativa rivista.

Su La felicità di Michelucci, scrive un capitolo intero Andrea Aleardi, collaboratore del professore dal 1988 fino alla sua scomparsa il 31 dicembre del 1990. “Michelucci felice lo è stato in tutte le sue avventure collettive, soprattutto quando le ha potute condividere con i giovani e andando a incrociare mondi diversi, da sempre preziose fonti di confronto fecondo e di insegnamento per sé. Aveva un senso di futuro, persistente e trascinante che non gli ha mai fatto perdere quella felice speranza come dimensione esistenziale, profondamente umana”, spiega il direttore della Fondazione.

Per agevolare il lettore nella comprensione del mondo michelucciano, gli autori creano alcune stazioni, momenti necessari di riflessione sui temi principali. È il caso del Michelucci artigiano, che Alessandro Masetti ritrova come da un cassetto pieno di episodi ispiratori che ne rivelano il grande rispetto per la manualità e lo straordinario valore del lavoro collaborativo. Al pari della materia, le parole sono un timone fondamentale nel fare progettuale, così Andrea Aleardi torna per isolare e analizzare tutte le espressioni che furono di stimolo all'architetto e ne raccontano la lungimiranza: da quella “architettura vivente” e “città variabile” che rappresentano l’opera e la testimonianza migliore che l’uomo possa lasciare di sé stesso, al “non sono un maestro”, con cui Michelucci rivendicava l’immagine di persona libera da ogni dogma e pregiudizio, ponendosi sempre nella condizione dell’ascolto per sperimentare, condividere e poter imparare, soprattutto dai giovani.

Nota a parte merita il capitolo relativo all’archivio, un lavoro complesso che Nadia Musumeci rende particolarmente fluido grazie alla suddivisione in sei serie documentali: i Disegni (oltre 2.000 tra schizzi e disegni autografi dal 1935 al 1990), i Disegni di progetto (circa 1.500 disegni tecnici relativi a 64 progetti dagli anni ’30 fino alla sua scomparsa nel 1990), la Corrispondenza (oltre 1.700 lettere ricevute e inviate dal 1937 al 1990), le Lezioni universitarie (120 lezioni dal 1928 al 1966 compreso l’ultima su invito degli studenti nel marzo del 1990), le Fotografie e Giovanni Michelucci fotografo (immagini delle opere dal 1935 a oggi e le numerose stampe, negativi e diapositive realizzate dall’architetto).

Grande attenzione è dedicata, infine, alla Fondazione, istituita negli anni Ottanta insieme alla Regione Toscana - presente sino al 1999 - e ai comuni di Pistoia e Fiesole, a cui poi si unirà anche Firenze, e ancora oggi impegnata sulla ricerca sociale, le politiche urbane, le indagini sulla condizione abitativa con particolare riferimento alle strutture carcerarie, ai luoghi di salute e alle scuole oltre che sulla tutela del patrimonio architettonico del ‘900, di quello artistico, dei saperi artigianali e, naturalmente, sulla custodia e valorizzazione dell’archivio di Giovanni Michelucci.