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Occhi che non vedono... i piroscafi
“Se dimentichiamo per un istante che un piroscafo è un mezzo di trasporto e lo guardiamo con occhi nuovi, ci sentiamo di fronte a un’importante espressione di temerarietà, di disciplina, di armonia, di bellezza calma, nervosa e forte. Un architetto serio che guardi da architetto (creatore di organismi) troverà in un piroscafo la liberazione da maledette virtù secolari”. Questo ed altri brevi passaggi di “Vers une Architecture“, dedicati al tema dell’architettura navale, liberati a loro volta dal tono apodittico con cui Le Corbusier aveva concepito il suo trattato-manifesto, disvelano (da qui l’aforisma-capitolo: occhi che non vedono… i piroscafi) il fascino della nautica come una disciplina progettuale e creativa libera da schemi e convenzioni desuete. Ogni imbarcazione rappresenta, per il padre dell’Esprit Nouveau, una sorta di emancipazione stilistica da un’architettura terrestre incapace di corrispondere alle esigenze di un tempo nuovo, mentre una disciplina che non ha altri obblighi, se non quelli connessi alle regole auree della navigazione, appare come la conferma più concreta alla sua idea di casa come macchina per abitare.
Certamente quella visione romantica per cui “ingegneri anonimi, meccanici al lavoro tra la forgia e il grasso di officina, hanno concepito e costruito cose formidabili come i piroscafi…” non corrisponde assolutamente alla nautica d’oggi e forse neanche all’eccezionale qualità raggiunta dall’industria cantieristica all’inizio del secolo scorso, tuttavia rimane condivisibile l’idea che l’arte di costruire imbarcazioni coincida con un ambito di sperimentazione e ricerca in continua evoluzione,
un luogo dove tradizione marinara e arte della navigazione si fondono continuamente con una ricerca di performances incentrate su un’incessante opera di innovazione di cui la cantieristica si nutre con vorace assiduità. Non vi è dubbio quindi, con buona pace della pretesa “modernità” del tema, che la nautica sia pervasa da uno “spirito tutto rinascimentale” in grado di coniugare “memoria e invenzione” in un assieme unico dove armonia e composizione formale, ma anche regole fisiche, novità tecnologiche e meccaniche, si fondono in un unico progetto dove architetti e ingegneri si stimolano e condizionano reciprocamente più che in qualsiasi altro settore dell’abitare. Per tali motivi, seguendo le esortazioni lecorbuseriane, è importante per i cultori della progettazione architettonica, osservare e studiare la nautica, persino praticarla, come accade a molti grandi protagonisti del dibattito contemporaneo come Renzo Piano o David Chipperfield, recente armatore di una particolare imbarcazione a vela di circa dodici metri progettata soltanto per solcare il mare e sentire il vento.
Per una rivista di cultura e arti del progetto, che si occupa di architettura e industrial design, di arte
e comunicazione visiva, questa ricerca condotta con circospezione nell’ambito della nautica ha costituito, sorprendentemente anche per la redazione che ha lavorato alla costruzione del numero, la sintesi dei molti ambiti disciplinari che attraversano da anni i nostri interessi.
Evidentemente, a quasi un secolo di distanza, ha ancora ragione Le Corbusier “Noialtri terrestri non siamo in grado di apprezzare, e sarebbe bello che, per insegnarci ad ammirare le opere della ‘rigenerazione‘, ci fosse data l’occasione di fare i chilometri di cammino che corrispondono alla visita di un piroscafo”.