location: Triennale di Milano, Milano

year: 2018

Sono trascorsi dieci anni dalla retrospettiva del Design Museum di Londra per i 90 anni e dalla scomparsa, nello stesso anno. Da allora l‘opera di Sottsass non è più stata oggetto di una grande mostra. Spetta ora alla Triennale di Milano, con la mediazione di Barbara Radice, compagna dell‘architetto-designer, fare un punto, nell‘occasione del centenario, su uno dei maestri del design italiano. Mostra particolare, “poco accademica“, che Silvana Annicchiarico nel catalogo definisce “intima, più che monumentale“, dove prevale un‘idea di storytelling all‘ordinamento catalogico: infatti restituisce più l‘uomo del progettista attraverso le sue stesse parole, che scorrono su pareti e neri display disseminati nelle stanze. Parole che accompagnano il percorso scandendo, con riferimento ai titoli dei volumi dell‘archivio Sottsass e ai suoi scritti, le nove sezioni tematiche allestite da due suoi compagni di strada: Michele De Lucchi, che con lui fondò Memphis e Christoph Radl, art director già socio di Sottsass Associati. Dunque un‘esplorazione dell‘universo di Sottsass, svolto seguendo una cronologia non ferrea che dal dopoguerra al nuovo secolo, comprime, tralasciando molti materiali che coincidono perlopiù con l‘industrial design (quasi del tutto assente l‘esperienza di Olivetti, Alessi e così via). Dall‘iniziale passione per la pittura (con Luigi Spazzapan, a Torino) e la scultura (evidenti gli influssi di Calder visto a Parigi prima della guerra), alla ceramica. Tanto che la mostra si apre con l‘Offerta a Schiva (1965) dando subito un‘intonazione “cosmica“, quasi una chiave di lettura dell‘intera parabola umana del nostro. Segue la sperimentazione con i materiali per i primi oggetti di fattura artigianale, l‘editoria alternativa, le grandi ceramiche totem esposte con i grandi disegni al vero conservati allo CSAC di Parma – che detenendo un importante fondo donato da Sottsass nel 1979 è tra i principali prestatori dell‘esposizione – insieme ai contenitori Superbox e la Valentine esposta come un‘icona insieme a un video inglese dell‘epoca. Di questa prima parte, compresa tra il 1947 e il 1972 e chiusa dalla partecipazione alla mostra corale del MoMA, di cui è esposto un prezioso contributo video, sono interessanti i trait d‘union tra la sperimentazione artistica e il design. Rivelatrice è la prima delle stanze denominata “Per qualcuno può essere lo spazio“, ora titolo di una raccolta autobiografica di Adelphi, con i poco noti oggetti dei Cinquanta-Sessanta perché apparsi solo in Domus in quegli anni; le lampade per Arredoluce, fino ai mobili pop per Poltronova (dalla collezione Mourmans come la maggioranza degli arredi in mostra). Sempre qui due tavole dipinte a tempera con soggetti di architettura (Albergo a Iglesias e Villa in Sardegna del 1949) che nella loro discreta presenza forse rivelano meglio di altri exhibit il ricorso in Sottsass di strumenti e linguaggi. Più “fredda“ ma non meno ricca di pezzi la seconda sezione, raccordata alla prima dalle foto del servizio “Le ragazze di Antibes“ del 1963 esposto per la prima volta e che basterebbe a raccontare la passione di Sottsass per il “reportage“. (In realtà tutta l‘esposizione accoglie le fotografie, dalla prima retrospettiva fotografica del 2004 al museo di Capodimonte, che avrebbero dovuto formare il progetto del libro incompiuto “There is a Planet“, prestato all‘intera mostra, ed edito solo ora da Electa). La parte conclusiva sintetizza il percorso che dalla fine dei Settanta segna la stagione postmoderna di Memphis che conduce anche alle prove di architettura dei Novanta – confinate nell‘ultima stanza ma anticipate da una serie di disegni dal 1988 al 1997 – e alla notorietà “segnica“ di Sottsass come compositore di forme (ma che a lui sembreranno “Rovine“, titolo di una stanza con mobili-scultura) attinte da un repertorio di volumi, colori, texture indistintamente usato nelle case, negli interni, negli arredi e che ha finito per identificare tout court l‘opera al suo autore. E nel susseguirsi di mostre-festeggiamenti (dopo il Vitra Design Museum, il Met, la Fondazione Cini) riceve virtualmente il testimone, per continuare a divulgarne soprattutto il nucleo dei disegni, il citato CSAC, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell‘Università di Parma. Dal 18 novembre fino ad aprile con “Ettore Sottsass. Oltre il design” e l‘importante uscita del catalogo ragionato dell‘opera.