area 113 | benedetta tagliabue embt

year: 2010

Una mostra in progress

Tra tutti i padiglioni nazionali presenti alla 12. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia di quest’anno quello italiano, curato da Luca Molinari, è stato senza dubbio uno dei più rispondenti al programma di Kazuyo Sejima, sintetizzato dall’efficace slogan “People meet in architecture“. La famosa progettista giapponese, direttore di questa edizione della Biennale di Architettura, alla quale si devono edifici ispirati a un sofisticato ascetismo formale e costruttivo, intendeva contrastare, con una rassegna distante dall’ennesima autocelebrazione mediatica da parte dei progettisti più attivi a livello globale, la trasformazione dell’architettura da arte rivolta alla costruzione della città come fatto collettivo, ad ambito parallelo, e in fondo secondario, dell’industrial design, luogo ideativo di landmark performativi ed effimeri. Rifiutando la deriva spettacolare che ha interessato l’architettura degli ultimi anni, Kazuyo Sejima ha voluto così riportare l’attenzione degli addetti ai lavori e del grande pubblico agli aspetti più autentici e duraturi dell’architettura, rimettendo in primo piano le questioni centrali dell’abitare. Condividendo questo programma Luca Molinari ha ordinato e allestito un’esposizione semplice ed essenziale la quale, anche se annunciata da un titolo positivamente ermetico come “Ailati. Riflessi dal futuro“, è andata incontro ai visitatori del Padiglione Italia con una grande chiarezza argomentativa e insieme con una evidente e comprensibile complessità. Come passando per un prisma di cristallo, la difficile situazione italiana è stata scomposta in grandi aree tematiche, coincidenti con la divisione del Padiglione in tre ambiti. La prima di queste aree è “Amnesia nel presente. 1990-2010“, un “tentativo storico-critico di rileggere – ha scritto il curatore – gli ultimi vent’anni della nostra storia architettonica. Una sorta di curioso buco nero – egli sostiene con una metafora sicuramente suggestiva – in cui si incrociano storie e fenomeni decisivi per comprendere anche la situazione attuale”. La seconda area è stata chiamata “Laboratorio Italia“. “Costruita – come ha spiegato Luca Molinari – selezionando solo opere costruite negli ultimi anni, tralasciando volontariamente tutti i progetti ancora sulla carta o in attesa di futuro”, essa ha riguardato quasi esclusivamente opere prodotte da architetti tra i quaranta e cinquant’anni, del lavoro dei quali costituisce, per inciso, un esteso e accurato bilancio. Tra le personalità più interessanti di questa generazione, dando a questo termine un valore non strettamente anagrafico, si sono distinti in particolare Archea Associati, Cherubino Gambardella e Simona Ottieri, Labics, ma0, Metrogramma, Italo Rota, Beniamino Servino, Elisabetta Terragni, Cino Zucchi. Risultano dalle opere, illustrate da disegni e da modelli sistemati su una distesa di teche orizzontali, quasi a suggerire la dimensione del tavolo da lavoro affollato da elaborati di progetto, i tratti essenziali che questi giovani identificano, al di là delle connotazioni più personali. Aperti, disponibili, post ideologici, rivolti verso orizzonti internazionali nomadici, informati, lontani dal tema dell’identità caro agli architetti che li hanno preceduti, poco sensibili alla continuità, anzi, piuttosto orientati verso la discontinuità, lontani dalla dimensione della storia, gli architetti protagonisti del Padiglione Italia – la Generazione Erasmus, che si è strutturata soprattutto attraverso la rete – rivelano di possedere un’apprezzabile capacità di trovare, in occasioni spesso di non grande rilievo dal punto di vista della scala, del problema progettuale da risolvere e della rappresentatività istituzionale, un modo di incidere nella realtà nel quale la qualità del segno architettonico si affianca al raggiungimento di obbiettivi sociali di primaria importanza. La terza area, che reca l’impegnativo titolo di “Italia 2050“,  è stata dedicata a una proiezione dell’architettura italiana nel futuro. Quattordici architetti sono stati invitati a “sperimentare liberamente – sempre secondo le parole del giovane storico e critico milanese – sui temi potenzialmente universali che potrebbero attraversare il nostro paese nei decenni a venire, obbligando la nostra architettura a uno sforzo necessario per rimettere in discussione parte dei propri strumenti”. A fronte dell’oggettivo interesse delle prime due aree, la terza ha presentato qualche problema di contenuto. Definendo una sorta di dualità, che si è stabilita anche nell’allestimento, tra il presente, e il futuro che è possibile immaginare in questo stesso presente, si è dato vita a una sorta di scissione teorica e operativa. In qualche modo ciò che è stato raggiunto a costo di vere e proprie avventure creative, e al prezzo di una dedizione spesso eroica al proprio mestiere, non può non sembrare inadeguato rispetto a ciò che si delinea in un orizzonte lontano, prefigurato come più libero e sperimentale. Separare il realismo dall’utopia può comportare in qualche modo la negazione di quella utopia della realtà che è stata il tratto distintivo della migliore architettura italiana. In effetti la visionarietà delle installazioni, collocate anche fisicamente in un sopramondo idealizzante rispetto alla quotidianità del reale, identificata con il piano terra, ha rischiato di offuscare con la sua indiscutibile seduzione concettuale e visiva il valore delle esperienze contemporanee. Per essere ancora più espliciti occorre riconoscere che per quanto riguarda  l’architettura italiana la riflessione sul futuro è sempre stata l’esito di un forte disagio rispetto al presente. In questo senso il futuro può configurarsi – e in questo caso ci si è andati molto vicini – come una sorta di risarcimento e al contempo di evasione. Se ciò non toglie alcunché alle prefigurazioni che i quattordici invitati hanno proposto, finisce senz’altro con l’attribuire alle stesse un significato parzialmente insidiato da una allarmante labilità. Oltre a rimanere nella memoria di coloro che si sono inoltrati tra le teche; osservando nell’ellisse il suggestivo diorama delle immagini architettoniche più salienti relative all’ultimo ventennio, messe a confronto con una serie di interviste che hanno scoperto alla fine di una ripida scala il sopramondo idealizzato al quale si è fatto cenno, la mostra ideata da Luca Molinari – una mostra strutturalmente in progress – lascia un catalogo sobrio ed esauriente. Si tratta di un volume semplice e completo che è non solo un’utile ricognizione di quanto di meglio offra la cultura progettuale della generazione maggiormente coinvolta, ma che, nella sezione “Lemmi“, si pone anche e soprattutto come un compendio di tematiche teoriche di grande attualità. Il catalogo si propone per questo come un testo molteplice i cui effetti sul dibattito disciplinare non si esauriranno nel documentare l’evento veneziano, ma produrranno effetti più duraturi e profondi. In  definitiva, con la mostra e il catalogo il curatore è riuscito a disegnare un perimetro storico-critico, problematico e narrativo al cui interno l’attuale architettura italiana si delinea come un’entità enigmatica e stratificata, un’entità dalla condizione transitiva, in movimento verso situazioni meno incidentali e provvisorie, nelle quali si avverte anche una certa premonizione di felicità.

Franco Purini
Roma, 27/10/2010

Amnesia nel presente

Un excursus dall’ultima fase di lavoro di alcuni grandi maestri del secondo dopoguerra (Ignazio Gardella, Ettore Sottsass jr., Aldo Rossi, Bruno Zevi, Vico Magistretti, Michele Capobianco, Pasquale Culotta) all’esordio della cultura digitale e di due nuove generazioni di architetti, dall’affermazione di alcune grandi firme italiane all’estero come Renzo Piano, Massimiliano Fuksas, Vittorio Gregotti, Aldo Rossi, Paolo Portoghesi, Franco Purini, alla crescita di un’architettura vitale e contemporanea nella provincia italiana.

Laboratorio Italia

Ma0 / Emmeazero Studio D’architettura- Ketty Di Tardo, Alberto Iacovoni, Luca La Torre, Alessandro Scandurra, Scandurrastudio, Archea Associati, Guidarini & Salvadeo, C+S Associati, Francesco Jodice, Cino Zucchi Architetti con Gueltrini e Stignani Associati, Modus Architects, Matteo Scagnol - Sandy Attia, Esterni, Ifdesign, Marina Ballo Charmet, Studio Elementare, Kconsult, Sauerbruch+Hutton, Scandurrastudio, Studio Italo Rota & Partners, Studio Valle Architetti Associati, Cino Zucchi Architetti Con Zucchi & Partners, Canali Associati Srl, Chalers Jencks Con Andreas Kipar - Land Srl, Architettura e Ingegneria Arup Italia, Topotek1, Mab Arquitectura - Massimo Basile, Floriana Marotta, Riccardo Vannucci_farestudio, Studio Tamassociati (Raul Pantaleo, Simone Sfriso, Massimo Lepore), con Pietro Parrino e Gino Strada, Santo Giunta, Orazio La Monaca, Leonardo Tilotta, Simone Titone, Christoph Mayr Fingerle, Lelli & Associati Architettura/Cristofani & Lelli Architetti, Cherubino Gambardella, Greppi&Bianchetti StUdio, Diverserighestudio, Italo Rota con Fabio Fornasari, Renzo Piano e Alessandro Traldi e Maurizio Milano, Renato Rizzi con Barbara Borgini, Dap Studio/ Elena Sacco – Paolo Danelli, Cherubino Gambardella e Simona Ottieri, Amdl Michele De Lucchi, Elasticospa – Stefano Pujatti Architetti, Markus Scherer con Walter Dietl, Emanuele Fidone, Davide Vargas, PiuarcH Partners, Beniamino Servino, Attilio Stocchi, Pietro Carlo Pellegrini, Elisabetta Terragni - Studio Terragni Architetti, Gruppe Gut Snc, Jeffrey T. Schnapp - Stanford Humanities Lab, Filmwork Srl, Franco Purini, La Fabbrica del Sole, Modourbano Architettura, Exergy, Marco Navarra, Claudia D‘Aita ed Enrico Sgarbi,  Filippo Romano e Eva Frapicini, Cino Zucchi Architetti + Park Associati, Labics, Vincenzo Latina.

Italia 2050

Fabri Fibra / Anna Barbara, Alessandro Galli / Ecologicstudio, Davide Oldani / Duilio Forte, Leandro Agrò / Gambardella e Ottieri, Tommaso Tessarolo / Ian+, Marzia Lazzerini / Ma0, Nico Vascellari / Marc, Gianni Biondillo / Metrogramma, Emilia Visconti / Marco Navarra_nowa, Francesco Stellacci / Carlo Ratti, Chiara Bonini / Italo Rota, Ilaria Capua / Alessandro Scandurra,
Susanna Nicchiarelli / Beniamino Servino, Achille Stocchi / Attilio Stocchi

Franco Purini was curator of the exhibition "Italia-y- 2026. Invito a Vema" in the Italian Pavilion of the 10th International Architecture Exhibition of Venice Biennale 2006. He is professor of Architectural Design and Urban Design at the Valle Giulia Faculty of Architecture in Rome and Director of the Department of Architecture and Construction.