area 124 | new geometries

architect: RUR architecture

location: Dubai, United Arab Emirates

Ventidue piani appoggiati su un podio a due piani, 300.000 metri quadrati ad uso ufficio nella Dubai Business Bay, la torre O-14 ha fatto il proprio ingresso in scena nel febbraio 2007, su una estensione del Dubai Creek, in posizione privilegiata, affacciata su lungomare. Un ingresso in scena che ha rivoluzionato la tipologia della torre ad uso ufficio, struttura e rivestimento si scambiano di ruolo
e danno vita ad una nuova economia dell’architettura e dello spazio. Il guscio in calcestruzzo dell’O-14 costituisce un efficace esoscheletro che libera il nucleo dell’edificio dal peso delle forze laterali, permettendo così di realizzare, all’interno, open space privi di pilastri e altamente efficienti. L’esoscheletro costituisce, in questo caso, la struttura portante primaria, sia verticalmente che lateralmente, e permette agli ambienti di estendersi liberamente, senza pilastri, dalle pareti esterne al piccolo nucleo della costruzione. Con lo spostamento del sistema di controventazione laterale sul perimetro dell’edificio, il nucleo, tradizionalmente allargato per poter ricevere il carico laterale nelle torri a pareti non portanti, può essere, in questo caso, ridotto al minimo poiché dovrà sostenere esclusivamente i carici verticali, contenere gli impianti e l’ascensore. Le torri a pareti non portanti inoltre, necessitano solitamente di solette con uno spessore maggiore, in grado di poter sostenere i carichi laterali e portarli verso il nucleo dell’edificio; nell’O-14 anche tale spessore può essere ridotto al minimo poiché dovrà solo adattarsi alla campata e contenere le vibrazioni.I futuri inquilini saranno dunque liberi di usufruire del flessibile spazio-pavimento, nel modo che meglio risponde alle loro esigenze.
Il guscio principale assume le forme di una griglia diagonale, la cui efficacia è indissolubilmente legata a un sistema di aperture, che variano tra loro pur mantenendo un minimo elemento strutturale, il materiale viene aggiunto nei punti in cui è necessario ed eliminato dove possibile. L’alta efficienza del guscio esterno e il suo sistema a modulazione danno vita a tutta una serie di effetti ottici e di atmosfera che si riflettono sulla struttura, che pur mantiene la sua forma strutturale di base, consentendo un’analisi e una costruzione sistematica.
Il progetto ha suscitato grande interesse a livello internazionale ed è stato riconosciuto, dalla stampa di settore, come uno dei primi progetti veramente innovativi, nell’indistinto mare di grattacieli ad uso ufficio assolutamente anonimi, che sono ormai divenuti lo standard nell’attuale boom edilizio di Dubai. Nell’ottobre del 2008, l’O-14 è stato protagonista di “Impossible City”, un documentario di un’ora, prodotto da CBS News e andato in onda negli Stati Uniti su Discovery Channel. L’ultima pietra dell’edificio è stata posata nel maggio 2009, da allora l’O-14 è una delle prime torri che cattura lo sguardo volto verso lo skyline della Business Bay di Dubai; nella primavera del 2011 l’edificio è stato ufficialmente aperto al pubblico.Si attende, per il prossimo autunno, l’uscita della monografia dal titolo “O-14 Projection and Reception” edita da Architectural Association.

The Scent of the System
Jesse Reiser and Nanako Umemoto

Molti ritengono che l‘innovazione architettonica degli anni Novanta sia merito del computer, ma questo è vero solo in parte. Alcune nuove tecnologie hanno consentito l‘istituzione di legami fra design ed economia della produzione che erano impensabili fino ad allora, ma il vero progresso è stato di ordine concettuale ed estetico prima ancora che tecnologico. Le fondamenta politico-estetiche del nuovo sono state gettate in seguito al fallimento delle strategie precedenti per generare differenze architettoniche (decostruzione e collage) rispetto all‘omogeneità del modernismo e in reazione ad essa, attraverso concetti deleuziani come la variazione continua e modelli architettonici corrispondenti come la teoria della coerenza intensiva di Jeffrey Kipnis. In breve, l‘idea architettonica di creare la differenza tramite la somiglianza è nata prima delle sue applicazioni tecnologiche.

L‘infatuazione odierna per lo scripting non fa eccezione, con i suoi sostenitori che in virtù di appositi algoritmi sperano di realizzare un‘architettura finalmente più intenzionale, trattabile e rigorosa. A dire il vero, lo scripting è un‘utile aggiunta al corredo di strumenti digitali disponibili quando viene utilizzato per vagliare concetti progettuali ben definiti, ma nel peggiore dei casi diventa un surrogato del giudizio attivo. L‘inerzia prende il sopravvento e gli architetti ingannano se stessi arrivando a pensare che la ripetizione, semplice o complessa, sia una forma del pensiero razionale. Esistono molti aspetti e applicazioni del design e dell‘analisi computazionale che stanno ormai prendendo piede. Il rischio, però, è che la seduzione esercitata da questi strumenti crei un‘illusione di rigore tale da oscurare il ruolo del giudizio critico autonomo. Nel futuro sviluppo delle risorse computazionali in architettura, la vera sfida sarà discernere quando e come debbano essere applicate alla progettazione.

Nel nostro lavoro, l‘informatica diventa uno strumento per elaborare gli obiettivi estetici e architettonici. Uno dei vantaggi principali offerti dal mezzo digitale durante il processo di progettazione è la maggiore rapidità con cui si ottiene un feedback, e quindi la possibilità di visualizzare celermente le modifiche. L‘utilizzo di script ci consente di velocizzare il lavoro progettuale in modo tale da ottimizzare i processi meccanici e completare un progetto con team di piccole dimensioni. Tuttavia, esiste un limite a ciò che l‘informatica può ottenere in quanto strumento di design prima che i risultati diventino meccanici.

Tenendo presente questo aspetto, passiamo ad esaminare il nostro progetto per O-14, la torre ad uso ufficio che abbiamo realizzato di recente a Dubai, e il suo particolare rapporto con i metodi di design, di analisi e di fabbricazione. Il progetto è partito da un intento prevalentemente estetico di rappresentare un moto di forze che percorre l‘edificio. Pur potendolo raffigurare in pittura o con uno schizzo, quando abbiamo tentato di sviluppare script che simulassero la modulazione selettiva, l‘effetto desiderato si è perso. Abbiamo testato vari metodi per automatizzare gli effetti del motivo a fori che caratterizza il volume verticale dell‘edificio, ma il risultato non era sufficientemente reattivo, appariva troppo meccanico. Si percepiva ancora il sistema attraverso l‘inerzia acefala dello script. Quando abbiamo convertito le idee di design in regole, quelle necessarie per produrre le condizioni locali sono risultate così specifiche e numerose che il tempo necessario per generare ciascuna iterazione non era più efficiente e questo approccio è stato abbandonato.

A interessarci maggiormente erano le variazioni sensibili e il continuo mutamento dei gradienti che un pittore è in grado di ottenere quando si esprime con un acquerello sfumato o il disegno a carboncino. Questo tipo di effetti risulta molto più localizzato e preciso. Alla fine, la geometria dell‘involucro esterno, soggetta al processo iterativo dell‘analisi strutturale e della modificazione architettonica, è stata creata utilizzando cinque dimensioni per le aperture e i filtri di Photoshop. Non ci siamo legati a un particolare strumento e infatti, proprio come un artista deve suscitare emozioni con il proprio mezzo espressivo piuttosto che rappresentarle, anche gli effetti pittorici di O-14 dovevano essere ricreati in forma di architettura, poiché questo progetto non è la semplice rappresentazione di un quadro.
Il problema di come si possa generare un oggetto architettonico ricorrendo a risorse computazionali porta con sé un ulteriore interrogativo: come (e se) sia possibile suscitare nuove sensibilità attraverso sistemi basati su regole. Il disprezzo di Michelangelo per i tessitori è ampiamente noto. Egli li considerava il gradino più basso della gerarchia artistica, poiché giudicava il loro lavoro ripetitivo e privo di ingegno. È molto più facile definire regole per comportamenti oggettivi, piuttosto che per l‘intuizione o l‘autentica produzione culturale. Indubbiamente è possibile derivare formule matematiche da una sonata di Mozart, ma è tutto da dimostrare che si possa invertire il processo e ottenere una composizione degna di Mozart.

Il flusso di lavoro - Case study: O-14
O-14 è una torre commerciale di 22 piani, collocata su un podio di due piani, con oltre 27.800 metri quadrati di spazio ad uso ufficio nella Dubai Business Bay. L‘edificio è ubicato lungo il Dubai Creek e occupa una posizione di spicco sul lungomare. Con O-14, la classica torre per uffici è stata completamente rivoluzionata. La struttura e l‘involucro esterno concorrono insieme a creare una nuova economia dell‘edilizia e dello spazio.

Il guscio di cemento che avvolge la torre è un efficiente esoscheletro il quale funge da armatura verticale e laterale primaria, liberando il cuore dell‘edificio dalle spinte trasversali e creando così spazi aperti al suo interno, caratterizzato da un alto livello di efficienza e flessibilità, senza la presenza di colonne.
L‘involucro è organizzato secondo un sistema a griglia diagonale, o diagrid, che coniuga la propria efficienza con un insieme di aperture a grandezza variabile. Questa interazione consente di mantenere sempre inalterato il requisito strutturale, minimo aggiungendo materiale dove necessario e sottraendolo dove possibile. L‘efficienza e la flessibilità di questo sistema ci hanno permesso di creare una vasta gamma di effetti visivi ed emozionali senza intervenire sulla logica strutturale di base, il che rende fruibili i metodi di analisi sistematica e di costruzione efficiente. Molti ritengono erroneamente che la struttura diagrid della torre O-14 sia una diretta materializzazione delle forze strutturali che agiscono sull‘involucro. Ma questo approccio avrebbe prodotto un risultato estetico molto più omogeneo. Ovviamente non abbiamo potuto prescindere dalla logica strutturale dell‘esoscheletro sul quale si esercita la gravità, tuttavia la ridondanza del sistema diagrid ci ha lasciato un eccezionale margine di libertà espressiva.

Espressione estetica vs. razionalizzazione strutturale
La modellazione e l‘analisi dell‘involucro esterno di O-14 sono state una componente chiave del lavoro. Al nostro primo incontro con l‘ingegnere strutturale, Ysrael A. Seinuk, abbiamo proposto due diverse soluzioni per le aperture: una ortogonale e l‘altra verticale. Ci è stato raccomandato di evitare la configurazione ortogonale, poiché dal punto di vista strutturale avrebbe comportato un numero elevato di piccole travature Vierendeel, mentre la soluzione diagonale offriva il vantaggio di convogliare la gravità e i carichi laterali verso le fondamenta dell‘edificio. Questa scelta era coerente con la nostra linea estetica e ci ha dato maggiori opportunità di perseguire gli obiettivi del progetto sotto tale profilo. Nella fase iniziale del processo collaborativo, Reiser + Umemoto hanno generato un modello 3D dell‘involucro esterno, indicando l‘ubicazione preliminare delle aperture. La prima iterazione della geometria dell‘involucro è stata inserita in un programma di analisi strutturale ma con un profilo deliberatamente “debole“, ossia è stata testata con calcestruzzo a bassa resistenza per accentuare la formazione dei profili di stress. Questo indice di forze invisibili è stato selettivamente aumentato o diminuito all‘interno della geometria nell‘iterazione successiva al fine di propagare il profilo di densità desiderato per i pieni e i vuoti sull‘intero involucro.
La dimensione e l‘ubicazione delle aperture sono state regolate di conseguenza, definendo così uno schema a griglia modulato. I commenti relativi al modello sono stati inviati all‘architetto per stabilire quali implicazioni avessero tali modifiche dal suo punto di vista. L‘architetto ha quindi rivisto il modello e lo ha ritrasmesso all‘ingegnere per ulteriori analisi.

Questo processo ha richiesto numerose iterazioni, fino a il design definitivo delle aperture, degli elementi e della struttura a griglia dell‘involucro non ha soddisfatto in pieno i requisiti, sia architettonici che strutturali.
Quando si parla di ciò che O-14 esprime, occorre tenere presente qual è stato sviluppo delle tecnologie strutturali, che si sono evolute dalla logica portante della muratura a quella vettoriale dell‘acciaio.
Il passaggio da tecniche di costruzione incentrate su archi e pareti a quelle fondate su pilastri
e travi ha comportato un nuovo modo di pensare la materia, in cui la logica strutturale sulla quale si reggono le componenti dell‘edificio si è liberata dal materiale “in eccesso“ che le circondava.
La capacità di calcolare con maggiore precisione le forze strutturali ha permesso di razionalizzare la spesa per i materiali. La conseguenza logica di questo cambiamento è stata la ricerca di una forma strutturale ideale, con lo sviluppo di elementi quali la trave ad I, la travatura reticolare, la struttura spaziale, il sistema di cavi e punti di ancoraggio ecc., che ha precorso l‘estetica della macchina e il moderno concetto di funzionalismo, nonché il suo decadimento successivo nel funesto High Tech sino alla fase attuale, altamente ottimizzata ma culturalmente riduttiva, dell‘architettura performante. In questa ottica, l‘alto modernismo è stato plasmato dalla dialettica tra il generico e l‘accidentale, dove il generico è classico e impersonale mentre l‘accidentale è singolare e unico. Il nostro metodo di progettazione vuole eludere questa dialettica sostenendo che la ripetizione della struttura diagrid modernista può essere modulata in modo tale da produrre caratteristiche architettoniche singolari, evitando pertanto l‘omogeneità ma preservando la coerenza sistemica.
La struttura diagrid della torre O-14 non è arbitraria né strutturalmente ideale. Ogni apertura ha un senso di per sé e come parte di uno schema combinatorio. Questo approccio presuppone una gestione attiva del rapporto fra la geometria dell‘edificio e il comportamento dei suoi materiali, ma evita la doppia trappola del razionalismo strutturale, con la sua filosofia dell‘ottimizzazione semplicistica, e la sua versione ipertrofica: l‘espressionismo strutturale.
Il design di O-14 coniuga queste idee oltre la semplice apparenza, la porosità e gli effetti generati dalla facciata, arrivando a coinvolgere gli usi e le funzioni degli spazi interni destinati a ufficio, in cui i volumi sono progettati per riorganizzarsi localmente in rapporto al mutevole gradiente delle aperture.

Diversamente da quelle che possono essere considerate le qualità espressive inerenti della tipologia torre, lo schema frontale di O-14 non è legato a una geometria complessiva che ne disciplina l‘andamento e, anzi, intende mettere in discussione una lettura razionale del trasferimento di forze.

La facciata vuole attenuare la monotonia associata con le torri per uffici, che tuttora mantengono un carattere votato al sublime e al monumentale. La deliberata mancanza di allineamento tra le aperture e le solette offusca la leggibilità e impedisce una facile comprensione dell‘altezza e delle proporzioni dell‘edificio. Una vocazione grafica sovrintende al processo di progettazione, una vocazione che supera la logica strutturale e ambientale. La modulazione dello schema ha un effetto mimetico, dirompente, che de-materializza il blocco della torre. Il profilo dell‘involucro esterno muta al variare del rapporto con lo spettatore e, abbinato all‘alternarsi di luci e ombre, genera una sorta di forma virtuale. In ragione di essa e dei suoi effetti, la forma reale dell‘edificio può essere semplificata e rispondere alla logica dei metodi di produzione, dell‘analisi strutturale e dell‘economia.
Quattro diversi criteri progettuali sono stati oggetto di una costante mediazione: quello materiale, estetico, linguistico e prestazionale. La rispettiva influenza non è identica. L‘articolazione grafica della facciata è stata prioritaria rispetto agli altri criteri, il che ha prodotto una “sovra-strutturazione“ al punto da rendere l‘ottimizzazione del tutto secondaria. L‘involucro è diventato un indice fittizio delle forze in atto, come accadeva con le “licenze anatomiche“ nella pittura neoclassica del 19° secondo. Ad uno sguardo più attento, invece, lo schema è leggermente disallineato, creando così l‘impressione vivida e viscerale di una forza che percorre le facciate. Lo schema non può essere interamente compreso attraverso una singola lente e, inoltre, rappresenta una forma di finzione molto precisa. Se avessimo considerato l‘indice delle forze solo in un‘ottica strutturalmente ottimizzata, il progetto non sarebbe stato espressione d‘altro che non fosse la struttura stessa.

Effetti ambientali/di sostenibilità
Anche gli aspetti di sostenibilità che il progetto vanta nascono dal desiderio di perseguire estetica e prestazioni. Oltre a svolgere il ruolo di caratterizzazione architettonica e di sistema strutturale primario, l‘involucro tubolare in calcestruzzo perforato agisce anche da brise-soleil intelligente ed ecocompatibile che consente l‘ingresso di luce ed aria mentre si apre al panorama circostante. Nelle prime iterazioni del progetto, i bordi delle solette erano a contatto diretto con il rivestimento, ma questa soluzione, così come l‘orientamento iniziale delle aperture, sottolineava eccessivamente la dimensione orizzontale poiché era a vista sulla facciata. Per accentuare l‘effetto estetico di ambiguità scalare desiderato, le solette sono state separate dall‘involucro, salvo in alcuni punti di collegamento, facendole pertanto recedere verso l‘interno.

Poiché l‘ubicazione delle aperture sulla facciata è variabile, i punti di contatto fra le solette e l‘involucro sono diversi a ogni piano. Si è quindi creato uno spazio tra il guscio esterno e le finestre a parete interne, successivamente ampliato a un metro per motivi di ordine pragmatico, al fine di installare un binario per lavavetri sul bordo di ogni soletta. Il vuoto esistente fra le tamponature principali e il rivestimento ha l‘ulteriore vantaggio di creare un effetto camino, che favorisce il raffreddamento della superficie vetrata delle finestre dietro l‘involucro forato (fig. 08). Questo metodo di isolamento termico passivo è divenuto parte integrante del sistema di raffrescamento, consentendo una riduzione dei consumi energetici e dei costi associati pari a oltre il 30%. Una volta definita la dinamica del vuoto, l‘abbiamo perfezionata riducendo al minimo la larghezza delle connessioni strutturali (le linguette) tra l‘involucro e la soletta. Il biologo evoluzionista Stephen Jay Gould lo definisce un processo di preadattamento, in cui una nuova funzione si sviluppa dai sottoprodotti (geometrici) di altri caratteri primari.

La metodologia di costruzione
Per costruire l‘esoscheletro perforato, si è fatto ricorso a una tecnica di costruzione con casseforme scivolanti che prevedeva l‘installazione progressiva di moduli in calcestruzzo lungo l‘asse dell‘edificio, evitando pertanto i costi elevati di smontaggio e configurazione di casseforme con sagome complesse. È stato impiegato calcestruzzo auto-consolidante per legare l‘intricata rete di barre di rinforzo e forme vuote in polistirene utilizzate per sagomare le aperture. Inizialmente avevamo pensato che, limitando a cinque i formati delle aperture, avremmo potuto lavorare con un numero esiguo di forme riutilizzabili costituite da un materiale flessibile, come la gomma, che poteva essere piegato ripetutamente per adattarsi alla geometria della torre. Ma questa idea si è dimostrata inattuabile, poiché il costo delle forme riutilizzabili e delle attività necessarie per riciclarle sarebbe stato maggiore della sagomatura di forme singole fatte con materiali monouso quali il polistirene. La geometria delle forme era resa complicata dalla superficie curva del rivestimento esterno, pertanto ci siamo proposti di fornire al costruttore file digitali separati per la sagomatura di ciascuna forma. Il costruttore, tuttavia, ha preferito modellarle singolarmente a mano utilizzando notazioni ad arco standard per la superficie esterna e quella esterna dell‘involucro che sono state successivamente estruse per ottenere lo spessore. Ecco quindi che, dopo tanto lavoro di pianificazione e tanta precisione, il successo del progetto è dovuto in gran parte alla maestria artigianale del costruttore piuttosto che alla capacità di controllare digitalmente tutti gli aspetti del processo, dalla progettazione alla realizzazione.