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In un mondo dove tutto è multitasking, fare una cosa con semplicità diventa sempre più raro e un privilegio di pochi. John Maeda ci spiega come vivere con semplicità nel best seller: ”Le leggi della semplicità” in cui espone le sue 10 regole di cui riportiamo alcuni estratti. Dal volume John Maeda, ”The Laws of Simplicity”, Massachusetts Institute of Technology, 2006. Edizione Italiana: John Maeda, ”Le Leggi della semplicità”, Bruno Mondadori, 2006.

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RIDUCI
Il modo più semplice per conseguire la semplicità è attraverso una riduzione ragionata. Il metodo più elementare per semplificare un sistema è rimuovere alcune sue funzionalità. Il dvd di oggi, per esempio, ha troppi pulsanti se tutto ciò che desiderate è guardare un film. Potrebbe  essere una soluzione togliere quelli di riavvolgimento e di avanzamento rapido, quello di espulsione
e così via, fino a lasciarne uno soltanto: quello della riproduzione. […] Riduci quel che puoi e nascondi tutto il resto senza perdere il senso del valore intrinseco dell‘oggetto. INCORPORARE un grande senso di qualità attraverso ottimi materiali e altri segnali basati su messaggi espliciti è un importante e intelligente controbilanciamento di RIMPICCIOLIRE e NASCONDERE le caratteristiche del prodotto che possono essere immediatamente colte. Design, tecnologia e business lavorano insieme per convergere su una decisione finale che porti a stabilire quanta riduzione nelle dimensioni di un prodotto sia tollerabile, e quanta qualità esso possa incorporare a dispetto del ridimensionamento.

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 ORGANIZZA
L‘organizzazione fa sì che un sistema composto da molti elementi appaia costituito da pochi. […] Se si cerca un successo definitivo nell‘addomesticare la complessità, diventa necessario adottare uno schema valido di organizzazione. In altre parole occorre chiedersi che cosa va con cosa?
Per esempio in un armadio possono esserci raggruppamenti di oggetti come cravatte, camicie, calzoni, giacche, calze e scarpe. Un guardaroba enorme può essere ordinato in sei categorie
e gestito a un livello aggregato in maniera efficace. […] Naturalmente, ciò vale soltanto se il numero di gruppi è significativamente inferiore a quello degli oggetti da organizzare.

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TEMPO
I risparmi di tempo somigliano alla semplicità. Ogni anno mi accade qualcosa di simile: resto bloccato per quattro ore su una pista di decollo di un aeroporto nel mezzo di una bufera di neve, poi attendo altre tre ore per qualche informazione sui voli successivi, altre due la mattina per i controlli di sicurezza e un‘altra ora, di nuovo sulla pista di decollo, sperando finalmente di partire. Si giunge troppo tardi alla conclusione che la vita non è altro che attesa. Da piccoli, l‘idea di aspettare è qualcosa di estraneo e di semplicemente intollerabile. Tuttavia, è proprio ciò che facciamo da adulti. Continuamente. […] Quando si risparmia – o si ha l‘impressione di farlo – ciò che è complesso diventa semplice.

4  IMPARA
La conoscenza rende tutto più semplice. Stringere una vite è solo apparentemente semplice. Bisogna prima far coincidere la scanalatura della sua testa con la punta più appropriata (a taglio
o a croce) del cacciavite, ma poi le cose si complicano, come vi sarà capitato osservando un bambino o un adulto maldestro che fanno girare il cacciavite nella direzione sbagliata. […] Perché la vite appaia come un oggetto semplice da utilizzare, occorre sapere in che direzione farla girare. […] Il problema di dedicarsi all‘apprendimento di un compito è quello di avere l‘impressione di perdere del tempo, una violazione della terza legge. Siamo perfettamente consapevoli dell‘approccio ”mi tuffo a capofitto”, “non leggo le istruzioni, lo faccio!”. Ma, in fin dei conti, questo metodo spesso richiede più tempo che seguire le istruzioni.

5 
DIFFERENZE
La semplicità e la complessità sono necessarie l‘una all‘altra. A nessuno piace mangiare soltanto il dessert. Persino un bambino a cui è permesso mangiare gelati tre volte al giorno finirà per stancarsi. Allo stesso modo nessuno vuole esclusivamente la semplicità. Senza la controparte della complessità non potremo riconoscerla quando la vediamo. […] Riconoscere il contrasto aiuta a identificare le qualità che desideriamo – e che spesso sono soggette a cambiamenti. Personalmente, non amo in modo particolare il colore rosa, ma mi piace quando si presenta come una sfumatura di luminosità in un mare di un monotono color verde oliva. Il rosa appare come vistoso e vibrante rispetto ai colori scuri e uniformi di ciò che lo circonda. Sappiamo apprezzare meglio qualcosa quando lo mettiamo a confronto con qualcos‘altro.

6
 CONTESTO
Ciò che sta alla periferia della semplicità non è assolutamente periferico. Una volta il mio insegnante Nicholas Negroponte mi suggerì di diventare una lampadina anziché un proiettore laser, proprio in un momento della carriera in cui ero completamente focalizzato. Intendeva dire che con la precisione del laser puoi illuminare un singolo punto, ma la stessa luce può essere utilizzata per illuminare tutto quello che ti circonda. Perseguire con tenacia l‘eccellenza, di solito, richiede il sacrificio degli oggetti sullo sfondo per concentrarsi soltanto su quelli in primo piano. Ho accettato la sfida di Negroponte ponendomi l‘obiettivo più generale di cercare il senso di tutto ciò che mi sta attorno, invece di limitarmi a quel che mi sta di fronte.

7 
EMOZIONE
Meglio emozioni in più piuttosto che in meno. Le mie figlie mi scrivono e-mail con il testo di tutte le dimensioni, di tutti i colori e a volte TUTTO IN MAIUSCOLO! […] Una frase come “ti voglio bene” non ha forse più significato quando viene scritta “TI VOGLIO BENE”? Pensatela in corpo trentasei, in rosa e giallo vivo, allora sì che diventa esagerata. […] Una volta ho chiesto ad una mia studentessa del MIT perché non sorrideva mai quando parlava con gli altri. La sua risposta è stata: “Perché non voglio apparire come poco professionale”. Questo mi ha portato a riflettere sui miei tentativi in qualità di professore, di trasmettere professionalità e che hanno prodotto una naturale inclinazione verso lo stereotipo della severità e dell‘autoritarismo. Come artista ho trovato offensivo il risultato di quest‘esame di coscienza. Così, oggi, quando nessuno può vedere, cerco di rispondere a mia figlia con un “ANCH‘IO TI VOGLIO BENE” a lettere maiuscole e colorate.

8
 FIDUCIA
Noi crediamo nella semplicità. Immaginate un dispositivo elettronico dotato di un solo pulsante privo di etichetta. Premendolo completereste il vostro compito. Volete scrivere una lettera a zia Mabel? Premete il pulsante. Clic. La lettera è stata spedita. Sapete con assoluta certezza che è stata inviata e che esprimeva esattamente ciò che volevate. Questa è la semplicità. E non siamo lontani da una tale realtà.

 Ogni giorno il computer diventa sempre più scaltro. Conosce già il vostro nome, il vostro indirizzo e il numero della vostra carta di credito. Sapendo dove abita zia Mabel avendo osservato voi che lo scrivevate in una lettera in una precedente occasione, il computer può spedire al vostro posto una buona approssimazione di una e-mail gentile per la zia. Basta premere un pulsante e l‘impresa è compiuta: finito. Il fatto che il messaggio sia coerente e che vi permetta di restare sulla lista dei regali di Natale di zia Mabel è un‘altra faccenda, ma questo è il prezzo da pagare per non dover pensare.

9
 FALLIMENTO
Ci sono cose che non è possibile semplificare La verità contenuta nella nona legge è qualcosa che avrei potuto scegliere di NASCONDERE, ma l‘ottava, quella della FIDUCIA, mi impone di parlare. Ci sono cose che non si possono semplificare. Sapere che la semplicità può essere inafferrabile rappresenta in alcuni casi un‘opportunità per utilizzare al meglio il tempo in futuro, smettendo di inseguire un obiettivo impossibile. […] Quando si prova a semplificare, c‘è sempre un Rof (tasso di redditività del fallimento), che consiste nell‘imparare dai propri errori. Un buon artista, o un qualsiasi altro membro della classe dei ‘creativi‘, quando affronta un fallimento sfrutta l‘evento negativo per cambiare completamente prospettiva.

10 L‘UNICA
Semplicità significa sottrarre l‘ovvio e aggiungere il significativo. La squadra nazionale di rugby giapponese era una delle più forti apparse negli ultimi anni e, guidata dal nuovo allenatore francese Jean-Pierre Elissalde, sembrava destinata a crescere. Al suo arrivo Elissade individuò il problema principale della squadra: i giocatori erano troppo prevedibili. Quando si muovevano sul campo, la palla passava da uno all‘altro con cura meccanica, facile da immaginare, per gli avversari. Incitò così i propri uomini “a diventare come le bolle in un bicchiere di champagne”, che salgono in superficie in maniera fluida, elegante, imprevedibile. La squadra dovette imparare a giocare basandosi sull‘intuizione piuttosto che sull‘intelletto. La semplicità è estremamente difficile da afferrare e molte delle sue peculiarità sono implicite (si noti che, in inglese, la parola implicit è contenuta in simplicity).