area 110 | expo 2010 shanghai

L’evento di Expo 2010 Shanghai è, come da caratteristica dell’Esposizione Mondiale sin dalla sua nascita nel 1851, laboratorio sperimentale per le nuove architetture e per le nuove tecnologie; l’edizione cinese, nonostante la crisi economica globale, è  vetrina per soluzioni innovative e sostenibili in linea con l’attuale tendenza ecologista, proprio a partire da quello che si sta delineando come l’edificio simbolo dell’esposizione “Better City, Better Life”. Disegnato dall’artista/architetto Thomas Heatherwick, il fulcro centrale del padiglione della Gran Bretagna è la cosiddetta “Seed Cathedral”, la cattedrale delle sementi; un monovolume di forma cubica rivestito da una pelle di 60.000 sottili bacchette trasparenti, in resina acrilica indurita, che, oltre a veicolare la luce verso l’interno, fungono da led luminosi durante le ore notturne. Gli elementi, fissati alla struttura principale ad un’estremità, sono liberi di muoversi in base alla direzione del vento mentre all’interno, raggruppati e vincolati, costituiscono i pixel di un’enorme superficie interattiva. I visitatori potranno scoprire ed esplorare, inserite nella parte terminale delle bacchette, le varietà di semi provenienti dall’Istituto Botanico di Kunming e selezionate grazie alla Kew Millennium Seed Bank, un progetto internazionale lanciato nel 2000 dai Giardini Botanici Reali di Inghilterra e diretto alla conservazione ed alla comprensione delle differenti biodiversità e del loro fondamentale ruolo nella vita del pianeta.
Misure eco-sostenibili sono state incluse anche nella progettazione del padiglione canadese; mentre la facciata esterna, dalla geometria triangolare, è rivestita in doghe di legno, la pelle della piazza interna verrà, naturalmente, ricoperta da uno speciale tipo di rampicante che svolgerà la funzione di controllo dell’irraggiamento all’interno degli spazi espositivi.
Il padiglione del Canada, costruito dalla SNC-Lavalin inc. azienda nazionale di ingegneria e costruzione, contiene la mostra tematica “The Living City: Inclusive, Sustainable, Creative”; Cirque du Soleil, che ha collaborato all’ideazione ed alla progettazione del padiglione, ha sviluppato inoltre i programmi culturali, le strategie comunicative per le aziende coinvolte ed è responsabile nell’organizzazione delle performance pubbliche che si terranno all’interno della corte centrale, studiata e realizzata come un enorme stage teatrale.
Anche il padiglione danese dell’emergente BIG, Bjarke Ingels Group, punta soprattutto su una sostenibilità di tipo sociale e partecipativo. Attraverso un processo ludico, i visitatori saranno capaci di vivere reali esperienze di alcune tre le più note attrazioni di Copenhagen: la piscina centrale alimentata dall’acqua della baia della capitale ospita l’originale Sirenetta, ricollocata qui per tutta la durata della manifestazione. L’edificio è un’unica struttura in acciaio che si piega in una doppia spirale includendo, contemporaneamente, un itinerario museale pedonale interno ed un percorso ciclabile che porta, attraverso due sole curve, in copertura. Il padiglione rilancia la bici come simbolo della contemporaneità e della sostenibilità urbana; un migliaio di biciclette saranno a disposizione dei visitatori per l’esplorazione della zona Expo. A separare i flussi tra i ciclisti ed i pedoni, l’artista Jeppe Hein ha disegnato per gli spazi espositivi una panchina continua in acciaio bianco che connette interno ed esterno. Molte, nei 250 padiglioni di Expo, le scelte dettate dalle tradizioni locali e dalla commistione tra Oriente ed Occidente. Il progetto di EMBT Architects riscopre all’interno del parco espositivo di Shanghai Expo una delle tradizionali forme di artigianato spagnolo: i cesti impagliati in vimini sono trasformati in un moderno materiale di facciata.
Il padiglione si struttura in una forma geometrica, complessa ed organica; il materiale, rivestito da uno speciale trattamento impermeabilizzante, ne enfatizza la sua naturalezza. L’azienda catalana Pont de Querós, specializzata nell’uso e nella progettazione con fibre vegetali, è stata coinvolta sin dalle fasi iniziali nella realizzazione, tra Spagna e Germania, di diversi prototipi. Pannelli curvati ed impagliati sono fissati, come scaglie di una pelle artificiale dai colori cangianti, ad una solida struttura in acciaio, fungendo inoltre da sistema frangisole per l’ottimizzazione del comfort nello spazio interno al padiglione.
Lo studio SLOT è l’autore del padiglione messicano; l’edificio è definito da una superficie in pendenza (“talud”, elemento della tradizione architettonica precolombiana) che trasforma la piazza in uno spazio pubblico di riposo e punto di osservazione privilegiato. L’approccio progettuale è teso a creare uno spazio verde centrale che rappresenti la preoccupazione dei designer verso gli standard urbanistici, oramai ridotti nella città contemporanea; costruire nuove aree verdi piuttosto che edifici icona. Gli elementi distintivi del padiglione sono i 135 aquiloni (in dialetto Nahatl, “papalotes” che significa letteralmente farfalle) sospesi a diversi metri di altezza; realizzati in plastica riciclata, sono i landmark della presenza nazionale ma al tempo stesso strumento di controllo ed ombreggiamento per la zona a parco sottostante. Nuovi media, interattività e transitorietà dei manufatti rappresentano un filone particolarmente prolifico in questa edizione cinese dell’Esposizione Universale. Lo studio Buchner-Bründler architects, in collaborazione con Element GmbH, è responsabile della progettazione del padiglione svizzero, ibrido di natura e tecnologia dove si fondono innovazione e sostenibilità. La copertura del padiglione è raggiungibile attraverso uno ski-lift, rappresentazione del peculiare turismo delle valli alpine; la salita permette di allontanarsi dalla pressione urbana e giungere in una quieta area a verde. La facciata è costituita da una rete metallica a cui sono fissate, in configurazione casuale, 11.000 celle solari; ogni elemento contiene una sorgente di energia, un accumulatore ed un diodo LED. L’energia prodotta viene mostrata ai visitatori, in maniera intelligibile, sotto forma di flash luminosi innescati dalle condizioni al contorno del padiglione come luce naturale, vento o fonti energetiche di tipo elettromagnetico, cellulari e macchine fotografiche. Ad Expo conclusa, la facciata verrà smantellata ed ogni cella solare verrà riciclata come gadget, simbolo di innovazione e sostenibilità del paese alpino.
Il disegno di Foster and Partners per il padiglione degli Emirati Arabi è ispirato alla topografia delle dune sabbiose dei deserti mediorientali. Mentre la parte meridionale dell’edificio è caratterizzata da una configurazione chiusa, come modellata dai venti predominanti, il prospetto nord è poroso, soluzione che permette alla luce naturale di entrare in maniera controllata all’interno del padiglione. La complessa struttura è costruita attorno ad un reticolo tridimensionale in pannelli piani d’acciaio inossidabile, fissati tra di loro da nodi regolabili; la tecnologia selezionata permette un facile e rapido smontaggio dell’intero manufatto ed un suo ricollocamento al termine della manifestazione. La presenza italiana all’interno del parco espositivo di Expo 2010 Shanghai si mette in luce per l’innovazione tecnologica e per l’approccio sostenibile ai temi edilizi a partire dal monolitico padiglione nazionale, opera dello studio Imbrighi. Uno dei materiali più utilizzati nell’architettura e nell’edilizia degli ultimi decenni, trova qui nuova vita attraverso innovative applicazioni; un cemento che, legando particolari resine e fibre ottiche con un impasto di nuovissima concezione, consente di realizzare pannelli solidi e isolanti ma allo stesso tempo in grado di filtrare la luce all’interno degli spazi.
L’attenzione verso l’aspetto “ecologico” del manufatto edilizio trova forma nei progetti facenti parte del “Programma di Collaborazione Sino-Italiano per la Protezione Ambientale”, attivato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela  del Territorio e del Mare italiano con il suo omologo cinese. Il padiglione B3-2 di Studio Archea per l’area UBPA, Urban Best Practices Area, utilizza una seconda pelle tessile al 100% riciclabile. Un innovativo concetto di involucro che grazie alle sue componenti – un elastomero interposto tra un telaio in profilato estruso di alluminio ed una membrana tessile in fibra di vetro spalmata di silicone – da una parte protegge le superfici trasparenti dalla radiazione solare, creando una effettiva facciata ventilata, e dall’altra dona nuova consistenza materica alla superficie, permettendo la modellazione tridimensionale di aperture e varchi. Il complesso degli adiacenti B2 e C1 di Mario Occhiuto Architetture, nasce dalla volontà di recuperare e valorizzare i padiglioni industriali esistenti mantenendone la struttura ed adattandola a nuove funzioni attraverso la creazione di un rivestimento di facciata che ne accentui l’identità; lastre di grande formato in cotto ricomposto decorato, materiale che recupera la tradizione millenaria del coccio pesto di età romana. Diventando parte integrante della stratigrafia muraria la parete ventilata si sovrappone ai paramenti esistenti, migliorandone le caratteristiche termiche ed abbattendone l’irraggiamento diretto.