Oggetto del laboratorio progettuale l’ipotesi di rigenerazione della cava dismessa dei Ponti di Vara: protagonisti i giovani architetti di provenienza internazionale che selezionati da YACademy e accolti da FUM sono stati guidati da Patrick Lüth di Snøhetta in una riflessione progettuale ricca di tanti temi e aspetti.

L’evento si è inserito nel calendario della Academy che FUM ha istituzionalizzato a fine 2022 e che mira a creare forti connessioni con il territorio e con il mondo della formazione, instaurando un dialogo proficuo sia coi giovani che apprendono con passione che coi professionisti della progettazione che vogliono ancora crescere e approfondire un tema così denso di contenuti come quello del marmo.
Per questo motivo FUM ha aperto le porte del quartier generale di Avenza e ha ospitato questo laboratorio progettuale incluso nel corso ‘Architettura per il paesaggio’ col principale obiettivo di dare un contributo tangibile nel formare progettisti capaci di intervenire su contesti naturali di straordinaria bellezza e unicità.

Il momento inaugurale di questa due giorni carrarina dedicata al marmo e all’architettura sostenibile è stato emozionante: nella sala riunioni della sede FUM si sono svolte le presentazioni di rito. FUM ha presentato la propria realtà e sono stati introdotti i desiderata relativi al progetto di laboratorio, a seguire l’arch. Patrick Lüth ha presentato alcuni dei progetti più significativi di Snøhetta e fornito agli studenti indicazioni generali sullo workshop. Subito dopo un tour dettagliato dei diversi spazi aziendali per un primo approccio ravvicinato col marmo di Carrara: dalle lastre e blocchi in esposizione presso gli showroom alla Galleria Umberto dove è stato possibile apprezzare anche il prodotto finito realizzato coi marmi FUM e le collezioni della divisione Homedesign.

Il gruppo si è poi diretto ai Ponti di Vara per un sopralluogo e un primo approccio al sito su cui i ragazzi dovranno sviluppare i loro progetti: il luogo è di per sé molto suggestivo, ma la storia che Memo Idriss ha raccontato loro ne accresce ancora di più il fascino e la suggestione. La cava ha origine antiche: attiva fino dai tempi dei Romani lo è stata fino a venti anni fa circa. È stata una cava di marmo dolomitico con venato in alto e tarso-dolomia alla base. L’escavazione è stata fermata a suo tempo per motivi di sicurezza: il materiale che nel 1700 veniva estratto era per lo più esportato in Inghilterra e vi arrivava passando per la Sicilia e riporta la sigla CDM che sta per Carlo del Medico, di nobile famiglia carrarina esperta nel commercio di marmi.

Oggi si offre alla nostra vista con l’aspetto di una cavea naturale. Nel piazzale antistante la cava troviamo ancora oggi un grosso blocco di epoca romana che riporta una scritta latina: il blocco non finito ed è semiquadrato con bozze circolari. Un paesaggio naturale ibrido che subito colpisce Patrick Lüth e i ragazzi per il suo estremo fascino e che li porta nel cuore dello workshop. Il gruppo ispeziona gli spazi, osserva in silenzio: c’è chi raccoglie un sasso, chi osserva i raggi del sole che si proiettano a terra attraverso le arcate dei Ponti di Vara. C’è una certa sacralità nel modo in cui ciascuno si addentra con rispetto nell’anima di questo luogo, cercando di afferrarne l’essenza.

Viene chiesto a Patrick Lüth quali sensazioni abbia provato all’interno della cava, quali ispirazioni abbia ricevuto con l’obiettivo di recuperare quel luogo per restituirlo al territorio con una funzione diversa da quella per cui era stato pensato. Subito risponde che quello che lo ha maggiormente stimolato è la simultaneità di paesaggi artificiali e paesaggi naturali. In questa che lui definisce ‘natura ibrida’ c’è un grande potenziale che, unito alla potenza del marmo nella sua forma ‘raw’ ovvero grezza, esprimono a pieno la forza originaria della materia. Si augura di riuscire a trasmettere attraverso la sua esperienza questi spunti ai ragazzi e di metterli così in grado di attivare la loro creatività e la loro sensibilità progettuale.

Per FUM un'esperienza di condivisione davvero importante che lascia un segno: la consapevolezza che la sostenibilità del marmo passa necessariamente dal concetto di natura ibrida. Uno spazio ideale e fisico in cui gli individui partecipano attivamente al confronto e trasformano i propri spazi in ecosistemi flessibili.

Perché come sostiene Patrick Lüth ‘l'architettura dovrebbe essere considerata come un insieme di funzioni più infrastrutturali che con la natura possono andare e a fondersi’.