Vico Magistretti affermava che il design lo avevano inventato gli imprenditori e non lo diceva solo per sincera riconoscenza, ma anche per attribuire loro una grande responsabilità: avete deciso di farlo, dovete farlo bene. Oltre a non essere poco, non è nemmeno tutto: il design bisogna anche saperlo vendere. Vendere il design è un’insieme di azioni complesse e delicate, un esile filo di lana che lega la genesi del prodotto con colui o coloro che lo utilizzeranno e che avvolge il designer, l’impresa, la rete commerciale, il punto vendita, il progettista, l’installatore e molte altre figure. È quindi una questione di programmazione, cooperazione e complicità, altrimenti il filo si può spezzare anche se solo uno degli operatori agisce male - come spesso accade - perché inconsapevole che il design non è un oggetto - non solo - ma bensì tutto ciò che ci sta dentro e intorno, che è davvero tanto: cultura, tecnologia, ricerca, storia, passione, informazione, natura e potrei aggiungere molti altri sostantivi. Tutti noi coinvolti nella produzione e nella vendita del design abbiamo la responsabilità di conoscerlo, interpretarlo e saperlo raccontare - oggi più di ieri - poiché il credito del made in Italy si è esaurito da tempo e altri, forse più umili, certamente più affamati, stanno inesorabilmente emergendo avendo capito che per vendere il design bisogna conoscerlo ma anche conoscersi; forse noi non ci conosciamo bene, o forse troppo bene da evitarci. Mi gratifica sapere che all’inizio di questo filo c’è il designer con un occhio sul futuro e l’altro a caccia di un’impresa concreta e visionaria come lui; l’altra estremità è tenuta dal progettista che utilizza il design per rendere unici i luoghi in cui viviamo. Inizio e fine, partenza ed arrivo. Non è un caso. Come per un romanzo, anche per il design, primo e ultimo capitolo determinano il successo o il declino della storia. Architetti, designer, progettisti: abbiamo una grande responsabilità, non ce ne dimentichiamo.