Andrea Benelli: Assistente di Castiglioni ed Eugenio Bettinelli al Politecnico e all’ENSCI di Parigi, collaboratrice con De Padova al fianco di Vico Magistretti, ha coordinato il Gruppo design dello studio Piero Lissoni. Come questi personaggi hanno influenzato il suo approccio progettuale?

Patricia Urquiola: Ho avuto la fortuna di incontrare grandi maestri e grandi personalità che sono stati determinanti nelle mie scelte professionali: Achille era un grande designer, un maestro che incarnava etica e sostenibilità. Ha insegnato ad intere generazioni ad osservare, a curiosare, a dare il giusto tempo alle cose; lui era così, brillava. Mi ricordo che Achille diceva sempre che, quando si progetta, bisogna pensare all’utente che userà la tua creazione, diventando un po’ la parte conclusiva del processo progettuale; lui adorava questo aspetto poetico nel pensare gli spazi o gli oggetti con le persone. Vico Magistretti mi ha insegnato il coraggio, a superare i limiti del progetto e ad osare, anche Thomas Maldonado è stato importante per me, da lui ho appreso il metodo e l’approccio critico al progetto e Maddalena De Padova, una donna imprenditrice, coraggiosa e determinata, rara in quegli anni, è stata un modello a cui spesso mi sono ispirata. E Piero Lissoni, grazie a lui ho aperto il mio studio. Lui mi diceva “Se hai un criterio, un’opinione, devi provarci”. Tutti loro mi hanno dato la possibilità di crescere moltissimo e da loro ho capito il valore del design ed è nata la mia visione del progetto.

@courtesy Patricia Urquiola

A.B.: Guardando i suoi progetti notiamo quanto sia importante per lei la scelta materica e l’utilizzo del colore. Questi elementi poi spesso interagiscono tra di loro anche grazie allo studio attento della luce – sia essa naturale o artificiale. Attraverso la luce spesso si riesce a cambiare la percezione dello spazio e creare ambienti intimi e familiari oppure al contrario generare euforia. Come si approccia a questo tema?

P.U.: Il colore e la materia sono elementi che mi interessano proprio per questa loro possibilità di incontro. È il rapporto della materia con la luce a stabilire l’equilibrio e definire il colore. Il punto importante è capire come la luce interagisce con gli oggetti, gli ambienti e le architetture ed è straordinario vedere come una nuance possa cambiare notevolmente l’aspetto e la percezione di uno stesso oggetto. A volte sono questi due elementi, luce e colore, che definiscono la materia. Uno degli artisti che più mi ha ispirato è Gerard Richter, uno dei maestri più influenti della nostra generazione. La sua Colour Charts è una riflessione sulle combinazioni cromatiche a partire dalle carte colore, uno strumento che noi architetti e designer amiamo: mi ha aiutato a capire quanto il colore sia un elemento fondante del progetto per la sua capacità di liberare la forma nel fare trasposizioni. Allo stesso tempo, l’assenza del colore rappresenta un’altra grammatica espressiva, in certi casi più intimista.

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A.B.: Sostenibilità. Un tema sempre più presente nelle nostre vite a causa dei repentini cambiamenti climatici che stiamo subendo e che derivano da scelte industriali, economiche e politiche scellerate. Tutti siamo protagonisti di questo cambiamento e risulta necessario una rivoluzione nelle nostre abitudini di vita. Questo vale anche per il progettista sia esso architetto o designer. Qual è la sua opinone su questo tema?

P.U.: La nostra professione è molto vicina all’evoluzione della società e quindi il tema della sostenibilità per me è molto importante. Noi designer e architetti abbiamo una grande responsabilità ed è nostro dovere ripensare tutto in questi termini, riflettere su come usiamo le risorse, l’energia, l’acqua… Minimizzare i consumi, lo spreco del cibo e dell’acqua, razionalizzare la preparazione e lo smaltimento.

A.B.: Qual è il suo approccio alla progettazione di spazi legati al cibo ed alla ristorazione?

P.U.: I miei progetti nascono sempre dal dialogo e dallo scambio di idee, cerco sempre di entrare in empatia con i clienti, caratteristica che mi permette di intercettare i loro desideri ed esigenze. Proprio dall’incontro fra le necessità legate allo spazio e alla sua funzione con i vincoli della progettazione e l’empatia con il committente e con chi vivrà lo spazio nasce il concept creativo. Inoltre è importante tener presente le caratteristiche del luogo a cui appartiene questo spazio: ad esempio, nel caso del ristorante Igniv del Badrutt’s Palace Hotel (St.Moritz) il vincolo era rappresentato dallo spazio esistente, già particolarmente connotato. In questo caso la sfida è stata trovare un’identità nuova per il ristorante che rispettasse tuttavia la storicità del luogo. Colore, materia e luce diventato strumenti e protagonisti del progetto architettonico. Nella progettazione è la luce a connotare lo spazio, mentre il colore mette l’accento sulla percezione dell’architettura che è già raccontata dalla materia.

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