La curiosità per le culture del mondo. Il tema del viaggio come esperienza di conoscenza e di attraversamento dei confini geografici e umani. Paola Navone con disinvoltura si muove tra il ruolo di architetto, designer, art director e curatrice di eventi ed esposizioni per le più importanti realtà del mondo del design e non solo. La figura di Paola Navone rappresenta con sana schiettezza ed eclettismo una continua scoperta, alla ricerca di nuove forme e strutture, materie in movimento e manualità legate al presente, al passato e al futuro. Abbiamo scelto di approfondire con lei la sua esperienza culturale e lavorativa, partendo dalla sua partecipazione al gruppo Alchimia che ha influenzato un vero movimento rivoluzionario e un cambiamento radicale della mentalità degli architetti tra gli anni '70 e '80.

Quanto è importante per la tua vita il periodo legato al progetto Alchimia? Quanto ha influenzato il tuo lavoro e il tuo modo di pensare?
Alchimia, l’invenzione di Alessandro Guerriero, Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Andrea Branzi e molti altri della mia generazione, alla fine degli anni Settanta rappresentava il punto di vista anti accademico in Italia. Ho capito che si potevano produrre idee oltre che cose e divani. Il gruppo lavorava su progetti visionari, assolutamente invendibili e completamente diversi da tutto ciò che veniva prodotto nelle università. Ero totalmente affascinata. Molto del mio modo libero e non convenzionale di pensare alle cose viene sicuramente da lì.

Come vivi il rapporto tra “rispettare le regole” e “andare oltre gli schemi”?
Non approccio mai il mio lavoro con l’idea di rispettare o trasgredire le regole. La mia creatività eclettica, non convenzionale e un po’ pop mi porta istintivamente a promuovere connessioni avventurose tra elementi che spesso appartengono a mondi diversi. Nei progetti promuovo la semplicità e l’imperfezione. Mi assicuro anche di poter mantenere una piccola percentuale di divertimento.

Buona parte del tuo lavoro è focalizzata sul disegno di collezioni per il mondo outdoor. Quali sono le tue collaborazioni più importanti e i progetti a te più cari?
Dico sempre che ogni mio lavoro nasce dall’alchimia di un incontro speciale e il più delle volte il mio incanto nasce dall’incontro con un “saper fare” che solletica la mia creatività. La tradizione dell'intreccio che appartiene al dna di Janus&Cie e alle collezioni Gervasoni outdoor, la maestria di Baxter nel rendere la pelle morbida come tessuto e la raffinata semplicità mediterranea dello stile Ethimo sono stati il punto di inizio da cui hanno preso vita speciali collezioni outdoor.
Quanto è importante l'artigianalità e il saper valorizzare le maestranze locali?
La mia passione per le tradizioni artigianali del mondo influenza tutti gli ambiti del mio lavoro. Gli oggetti che disegno, così come le ambientazioni che immagino, hanno sempre un'anima "meticcia" nata dalla contaminazione tra il rigore della produzione industriale e la bellezza un po' imperfetta delle cose fatte a mano. Per esempio accade spesso nelle collezioni Gervasoni, e accade ogni volta in modo diverso. Non c'è mail il proposito di un recupero nostalgico, piuttosto l'idea di dare alle tradizioni artigiane una nuova change di raccontarsi alla contemporaneità in modo diverso e divertente, sopravvivendo al tempo e alle mode. Mi diverte pensare che ciascuno di questi oggetti porti in giro per il mondo contemporaneo un po' di tradizione, un po' di fantasia e un po' di meraviglia.

Come art director di Gervasoni hai realizzato molte collezioni iconiche. L'ultima, in particolare, Jeko, è basata sul recupero di materiali indonesiani. Perchè è importante conferire nuova vita e valore alla materia?
Oggi la sostenibilità è un requisito necessario di chi produce. Jeko è una famiglia di arredi outdoor realizzata con legname di recupero proveniente dalla demolizione autorizzata di edifici ormai in disuso. Riciclare e recuperare materiali e oggetti appartiene da sempre alla mia creatività. Ho sempre pensato che dare una nuova change di vita agli oggetti potesse essere un grande stimolo per la creatività.
Nei tuoi progetti ci sono chiari richiami a mondi lontani. Per esempio, nella nuova collezione Rafael con Ethimo. Quali culture e popolazioni ti hanno maggiormente influenzato?
Viaggiare è il modo di respirare e tutto ciò che vedo girando il mondo ispira spontaneamente il mio lavoro. Mi piace che i miei progetti raccontino una piccola storia del mondo, ogni volta diversa. Rafael, con la sua immagine naturale e destrutturata, racconta la storia di un luogo speciale. Una casa speciale, su un'isola italiana. Le sedute sono comode e avvolgenti, decisamente dedicate all'idea di comfort contemporaneo: conviviale, semplice e informale. Come tutti i prodotti Ethimo, anche Rafael racconta la grande maestria dell'azienda nel realizzare prodotti a regola d'arte, raffinati e curati in ogni dettaglio.