Qual è la grande incognita della città travolta dalla pandemia da Covid-19? Lo spazio pubblico? I parchi chiusi? La scuola? La casa, salvifica prigione dei lockdown sanitari? Il retail che langue?
Per risolvere i problemi è necessario identificarli con chiarezza ed è questo il primo contributo della riflessione in forma di libro scritto a quattro mani da Alfonso Femia e Paul Ardenne. Affrancandosi dalla genericità degli scenari a metà tra distopia e utopia di cui hanno dibattuto, nel corso dell’anno pandemico, architetti e urbanisti, filosofi e sociologi, Femia e Ardenne hanno analizzato e incrociato il tema della vulnerabilità pandemica e pre-pandemica con la necessità di trovare nuove formule di convivenza attraverso l’urbanistica e l’architettura.

Quattro le questioni esaminate e strettamente connesse: la relazione tra pandemia e vulnerabilità; i percorsi attuabili per riadattare la città alla mutazione; scuola e habitat come motori dell’evoluzione.
- Pandemia e vulnerabilità
- Ripensare la città, riadattarla
- La scuola al centro della città
- L’habitat, controbilanciare la riflessione

Non accostatevi alla lettura di questo libro se pensate che contenga una ricetta miracolosa per la città. Nessuna pozione magica, nessuna soluzione istantanea: per progettare una “città buona” serve la collaborazione di tutti quelli che la vivono e che, abitando, lavorando, divertendosi e studiando, condizionano e condividono architettura e luoghi, emozioni e sentimenti. Il libro si focalizza sulla parola “tutti” e non è un passaggio così scontato: tutti, in egual misura, devono essere messi nella condizione di interagire con la città: i giovani (il mondo non è però solo dei giovani), gli anziani (con il loro sostanziale diritto ad abbandonare la fretta) i bambini, i soggetti vulnerabili per sesso e salute. L’ obiettivo collettivo è che il vocato benessere sia democratico e rispettoso dell’ambiente.
La città è “buona” se riesce a essere care ed ecologica. Per questa “città buona” è necessario che tutte le generazioni si impegnino alla ricerca del miglior habitat possibile, facendo del senso civico la missione individuale e comunitaria.

L’attenzione dedicata alla grafica e al corredo iconografico riflette quella che dovrebbe essere la cura verso “la città buona” e integra visivamente i contenuti.
I disegni sono di Gigi Pescolderlung, studio Tapiro, ancora una volta in dialogo con Alfonso Femia intorno alla città e all’architettura. Studio Tapiro si è occupato anche della direzione artistica del libro realizzata con AF*Design.
Ogni immagine è insieme denuncia e soluzione delle situazioni che descrivono la città: l’habitat, la solidarietà, la responsabilità, la generosità, la fragilità, le scuole, la vulnerabilità, il tempo breve, il tempo comune, l’equilibrium, la società empatica, l’educazione sentimentale, la “città giusta”, la “città buona”, la “città umana”, la città anello sensibile e fragile tra la dimensione intima e quella collettiva; il miglioramento della vita delle persone, il desiderio, la generosità e la responsabilità, la società complessa, multiculturale e connessa, il vivere tra passato  futuro, il futuro nel presente.
In copertina, l’angelo de’ La Bonne Ville, una sorta di profilo autorevole che veglia sulle azioni coordinate di architetti, urbanisti e amministratori nel processo di trasformazione della città.