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Lo studio precede la mostra esposta prima a Innsbruck, ora a Merano e presto a Chambery. Il libro documenta un lavoro di ricerca che ha visto collaborare l’ENSA di Versailles con l’Archiv fur Baukunst dell’Università di Innsbruck. Una moderna nozione di paesaggio culturale viene utilizzata per raccontare la mutazione del rapporto tra l’uomo, con la fisicità del proprio corpo, e la montagna, generosa ma temibile dispensatrice di ebbrezze. Si parte dalla volontà di raggiungere i limiti più alti e rilanciarli sempre ad una nuova misura attraverso eventi catartici vissuti sul campo – le alte vie delle scalate- o esperiti collettivamente attraverso riproduzioni urbane come nei Panorami. Viene superata la mistica del cristallo di Bruno Taut, per giungere all’eliminazione dell’ornamento (Adolf Loos), alla nudità del corpo (Monte Verità), e al paesaggio alpino come fonte di salute (i sanatori, le colonie). Il secondo dopoguerra è segnato dalla vertigine della velocità e degli spostamenti teleferici, quando Gio Ponti e Carlo Mollino intessono sempre più fitte ragnatele di segni. Si giunge ai giorni nostri con l’invasione di migliaia di turisti e con differenti tipologie per l’ospitalità (esempi di Charlotte Perriand e di Miroslav Sik). Un merito del libro sta nella capacità dei curatori di svolgere ricerca facendo partecipare gli alunni alla restituzione delle opere esemplari. Modelli e disegni prendono il valore di essere documenti.