350 tra oggetti, arredi, disegni, dipinti e modelli di studio in una mostra inedita che esplora e ricostruisce l’immaginifico mondo del design di uno dei maestri dell’architettura del Novecento. Aldo Rossi. Design 1960-1997 a cura di Chiara Spangaro e in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi, è proposta dal 29 aprile al 02 ottobre 2022 al Museo del Novecento a Milano.

In un percorso spettacolare oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi, esplorano la sua attività di designer e la collegano a quella di progettista e teorico dell’architettura. Aldo Rossi in tutta la sua produzione, fin dai suoi primi mobili realizzati nel 1960 con l’architetto Leonardo Ferrari, riflette sul rapporto tra la scala architettonica e urbana e quella monumentale e oggettuale e dal 1979, si apre al mondo della produzione industriale e di alto artigianato, realizzando arredi e prodotti d’uso prima con Alessi, e poi con Artemide, DesignTex, Bruno Longoni Atelier d’Arredamento, Molteni&C, Richard-Ginori, UniFor, Rosenthal, Up&Up.

In quasi vent’anni di lavoro elabora più di 70 progetti, molti dei quali ancora oggi in produzione, sperimentando forme e cromie nel campo dei metalli e del legno, del marmo e della pietra, della ceramica e della porcellana, dei tessuti artigianali e industriali e dei materiali plastici. La mostra, il cui progetto di allestimento è firmato da Morris Adjmi - MA Architects, collaboratore e poi associato di Rossi a New York, racconta l’universo del design di Rossi in nove sale, ogni stanza un mondo nel quale emerge la relazione tra opere grafiche e prodotti artigianali e industriali, con riferimenti alle architetture e allo spazio privato di Rossi.

La prima sala introduce al rapporto tra immagine dipinta e realtà oggettuale, la seconda è dedicata a prototipi e varianti di un immaginario panorama domestico e guida verso la ricostruzione di un ambiente poetico nella sala tre, dove opere quali la serie Parigi (UniFor, 1994) e il servizio Tea and coffee piazza (Alessi, 1983) sono il centro visivo e metafisico, corredato alle pareti dai disegni inediti degli interni della casa di Rossi in via Maddalena. La sala quattro presenta la varietà della produzione oggettuale, in rapporto con la forma del cubo che rievoca il Cimitero di San Cataldo a Modena e introduce il tema della sala cinque: le figure geometriche apollinee utilizzate dall’architetto sia nel design sia nell’architettura - dai prototipi per Richard-Ginori e Rosenthal, alle piante architettoniche del Monumento ai Partigiani di Segrate e della scuola di Fagnano Olona nei tappeti realizzati con ARP Studio in Sardegna (1986) o nelle tarsie lignee di Bruno Longoni Atelier d’Arredamento (1997). Nello spazio successivo, sono allestiti sedie e poltrone, grandi mobili e le loro varianti di materiale e colore, dalla scrivania Papyro (Molteni&C., 1989) al tavolino Tabularium (Up&Up, 1985).

La ricostruzione dell’interno domestico della sala sette, riunisce mobili e oggetti di Rossi con altri da lui collezionati e presenti nelle sue case, tra i quali le caffettiere americane, una stampa di Giovanni Battista Piranesi, una credenza ottocentesca che è servita da ispirazione per il suo design, così da entrare idealmente nel suo spazio personale. Il rapporto con l’architettura, puntuale in tutta la mostra, è evidente nel nucleo dedicato agli arredi ideati da Rossi per alcuni suoi edifici presentato nell’ottava sala: la seduta per il Teatro Carlo Felice di Genova (Molteni&C|UniFor, 1990) o la sedia Museo costruita per il Bonnefanten Museum di Maastricht (Molteni&C|Unifor, 1994). La presenza magica e misteriosa del Teatro del Mondo che chiude la mostra, rievoca le costruzioni temporanee in legno - dal faro, alla cabina e al teatro galleggiante e circolarmente riporta al nucleo di opere iniziali.


“Aldo Rossi. Design 1960-1997” conduce lo spettatore in un racconto inaspettato, immaginifico e spettacolare che si muove tra forma e uso, classicità, ironia e metafisica, nel quale la libreria ha la foggia di un Piroscafo (con Luca Meda per Molteni&C., 1991), La Conica o La Cupola sono ora macchine per il caffè (Alessi, 1984 e 1988) ora elementi allestitivi del Teatro Domestico (XVII Triennale di Milano, 1986), il Faro, già teatro a Toronto e museo a Vassivière, è una teiera in vetro e ceramica per Rosenthal (1994) o il Monumento di Segrate si affaccia da una tarsia lignea per Bruno Longoni o da un tappeto tessuto in Sardegna, in collaborazione con ARP Studio.
Lo straordinario insieme delle opere in mostra è per la prima volta riunito grazie al dialogo e alla collaborazione con: musei e archivi aziendali (Museo Alessi; Museo Molteni; archivi di Bruno Longoni Atelier d’Arredamento e di Up Group); collezioni museali italiane e internazionali (Bonnefanten Museum, Maastricht; Centre Georges Pompidou, Parigi; Fondazione Museo Archivio Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Firenze; MAXXI. Museo delle arti del XXI secolo, Roma; Università Iuav di Venezia; Triennale di Milano) e diverse collezioni private. I prestatori hanno generosamente prestato arredi e oggetti, prototipi e modelli, disegni, dipinti e studi originali, documenti in gran parte inediti, che arricchiscono il racconto di Rossi designer.

Durante il periodo di apertura, l’esposizione sarà implementata da un programma di eventi collaterali ideati dal Museo del Novecento in collaborazione con Fondazione Aldo Rossi e MAXXI. In occasione della mostra sarà pubblicato il catalogo ragionato “Aldo Rossi. Design 1960-1997” edito da Silvana Editoriale, a cura di Chiara Spangaro e con un saggio critico di Domitilla Dardi. La prima pubblicazione che raccoglie tutti i progetti di Rossi designer: i prototipi, gli oggetti realizzati, gli inediti e i fuori catalogo disegnati dall’architetto-designer milanese insignito del Pritzker Prize nel 1990.
In virtù del lungo rapporto di amicizia e collaborazione con Aldo Rossi, stimolo anche allo sviluppo di molte attività aziendali, il Gruppo Molteni partecipa alla mostra a lui dedicata.

"Un mobile è un misto: la forma, la funzione, il materiale e tante belle cose che si attribuiscono all’architettura. I mobili poi sono 'oggetti d’affezione' o almeno io credo debbano esserlo". Aldo Rossi