area 106 | simplicity

architect: Martijn de Geus, Philip Mannaerts

location: Delft, the Netherlands

year: 2007

La struttura di base è una semplice scatola cubica, all‘interno della quale possono svolgersi varie attività: ciò che avviene all‘interno è dunque sempre avvolto da un alone di stimolante mistero. Il padiglione è una struttura temporanea da due punti di vista. Il Blackbox è un edificio che ospita ogni settimana una serie di attività diverse, ma che necessita ugualmente di un‘aura potente anche quando non viene utilizzato cercando di mantenere un forte impatto sul pubblico. Viceversa quando all‘interno si svolge una qualsiasi attività ciò risulta evidente grazie alla grande porta a cerniera (5,4 x 4,5m) che si apre sulla terrazza. Tuttavia, l‘impressione prevalente trasmessa dall‘edificio è di temporaneità, intesa nel senso di mutevolezza, transitorietà, vita. Tale qualità (vale a dire transitoria, temporanea) si riflette anche nel ciclo di vita dell‘edificio. Il padiglione viene costruito in una determinata località e dopo un periodo di fioritura e di intenso utilizzo di circa cinque anni, viene demolito: la fine è giunta. In quanto padiglione temporaneo, il ciclo di vita del Blackbox è più rapido di quello di un edificio ordinario. Questa caratteristica è stata sfruttata al massimo non limitandola ad attraversare le tre fasi (costruzione-utilizzo-dismissione), ma consentendo alla struttura di apparire sempre diversa, ogni stagione, mese, settimana… Ciò significa che l‘aspetto esterno dell‘edificio cambia ogni giorno: intorno, sopra e accanto alla struttura viene creato un ambiente vivo, dove la natura ha la possibilità di prosperare. Per questo motivo la scelta è stata quella di creare un sistema di strati di feltro riciclati e tubi di irrigazione che consentiranno alle piante di crescere rapidamente intorno al cubo.

When starting his academic career in 2004, Martijn de Geus chose to study architecture because it was the only field in which he was free and able to combine different disciplines and a broad interest in social cultural themes, within an active and dynamic discourse that was able to participate in the debate of social developments. While in his second year, he got the opportunity to take part in the competition for the new Stylos-pavilion at the TU in Delft, in collaboration with Philip Mannaerts. Being selected out of 65 entries by an internationally renowned jury, this was the first chance to implement some of his ideas in a physical format. The completion of this ‘BlackBox’ pavilion in 2007 proofed to be an important point in his early career and after finishing his BSc in Architecture in February 2008 he was given the opportunity to work with Behnisch Architects Inc. in Los Angeles, USA, a renowned socially engaged practice. This experience within a city that has public space in its worst form, combined with previous travels through Europe and Asia, that also included an inspiring journey through Japan, was a turning point in his research towards global social developments. This research towards a future manifest formed the base for a multi-disciplinary research platform that he founded in December 2008, together with fashion designer Bart van Dulmen, and that will start to engage in the public discourse during the second half of 2009. In 2008 Martijn de Geus also founded his own practice, Vision Included, and started working as a project manager with Marc Koehler Architects.