area 120 | Beirut

La ricerca qui presentata fa parte di un più ampio progetto di monitoraggio iniziato nel 2010 dall’Osservatorio Accademico Urbano Majal (IUA, ALBA, Università di Balamand), nel contesto delle sue attività di ricerca sulla ricostruzione di Beirut e lo sviluppo urbano, con l’obiettivo di seguire la crescita nelle aree limitrofe a downtown Beirut e l’impatto della ricostruzione del centro.
Il patrimonio architettonico a Zokak el-Blat, il quartiere a sudovest del centro, sta scomparendo a una velocità allarmante a causa di diversi fattori.
L’ubicazione centrale di Zokak el-Blat, la compresenza di diverse comunità confessionali e il fatto che i confini catastali si estendano parzialmente nell’ambito di Solidere, ne fanno un’area di studio pilota, dato che la nostra intenzione è di riuscire a monitorare tutti i quartieri periferici. La zona permette di osservare le differenze di gestione urbana tra un’area sviluppata da un’impresa privata e un’altra, adiacente, sotto la responsabilità dell’autorità pubblica.
La distruzione del patrimonio architettonico ha avuto luogo su vasta scala a Zokak el-Blat, prima e dopo la guerra, dentro e fuori dell’area di Solidere. Durante gli anni ’60, furono intraprese grandi opere infrastrutturali che tagliarono strade attraverso il tessuto urbano, distruggendo molti edifici e dividendo l’area in settori distinti (vedi mappa). Durante lo sforzo di ricostruzione del centro di Beirut, molti edifici nell’area di Solidere furono distrutti. Dal 1990, con l’intento di conservare la zona intorno al centro, il patrimonio costruito divenne oggetto di attenzione. Nel 1995 il Ministero della Cultura incaricò la APSAD (Association pour la Protection des Sites et Anciennes Demeures) di effettuare uno studio. Dei 1019 edifici illustrati nel catalogo, 94 furono individuati a Zokak el-Blat, dei quali 46 di rilevante importanza architettonica. Il Ministero chiese all’autorità municipale di congelare ogni permesso di costruzione che riguardasse questi edifici, ma i proprietari si opposero immediatamente ed ebbero luogo diverse demolizioni illegali.
Nel 1997, Rafik Hariri chiese al DGU (Direction Générale de l’Urbanisme) di procedere a un riesame dello studio del APSAD. Il numero complessivo di edifici da conservare fu abbassato a 520 e a Zokak el-Blat si ridusse a 65.
Nel luglio 1998, uno studio di Khatib & Alami Consultants, ridusse ulteriormente il numero di edifici da proteggere. Solo 26 rimasero nella lista. Gli edifici meglio conservati sono proprietà di fondazioni religiose o di vaste comunioni ereditarie.
Al di là dell’obiettivo di tenere traccia della memoria collettiva della città, la questione della conservazione del patrimonio è cruciale se vogliamo riformulare una comune identità per una città postbellica come Beirut.
I nuovi progetti si concentrano soprattutto sulle frange di Zokak el-Blat, rivolti a Solidere e prendono la forma di lussuose torri residenziali. I promotori vengono dal Libano e soprattutto dal Golfo Persico e la maggior parte del capitale investito è di origine globale, un indicatore di gentrification. L’incessante sviluppo immobiliare e le attività edilizie di Zokak el-Blat portano ad accrescere la frammentazione urbana e i processi gentrificatori, basati su nuovi edifici di investimento privato. Le strutture più vecchie non risultano convenienti da restaurare quando una torre di venti piani le può rimpiazzare.
I processi di gentrification a Beirut sono influenzati dalla politica. In tempi di stabilità, il mercato immobiliare cresce, mentre durante una crisi i prezzi diventano più accessibili. Comunque la crescita immobiliare continua dato che molti investitori contano per il futuro su periodi di stabilità per rendere vantaggiosi i propri investimenti. I processi di gentrification e la continua crescita immobiliare hanno contribuito alla sempre maggiore frammentazione sociospaziale della città. Mano a mano che il contatto tra i diversi gruppi sociali diminuisce e un crescente numero di persone si sente esclusa, la possibilità di conflitto civile diventa un rischio concreto. Nuovi potenziali fronti di scontro potrebbero emergere da questo processo.
In generale, le crescenti divisioni (fisiche, economiche e sociali) che stanno apparendo in città sono sorprendenti per un luogo che è uscito da una guerra vent’anni fa e che dovrebbe già essere entrato nella convalescenza del processo di ricostruzione. Majal è concentrata sulle ragioni di questo fatto e sui modi per uscire fuori da questo circolo.

Serge Yazigi is head of Majal. Rita Chedid and Marieke Krijnen are project officer