area 122 | sustainable way

architect: Königs Architekten

location: Schillig, Germany

La St. Marien Kirche am Meer (Chiesa di Santa Maria sul Mare) si trova sulla costa tedesca del Mare del Nord; solo una diga la separa dalle terre umide del Wattenmeer, Sito Unesco appartenente al Patrimonio Naturale dell‘Umanità.
Una visione aerea rivela la semplicità della topologia spaziale: pianta cruciforme classica inscritta in un rettangolo. La cornice rettangolare costituisce la base dell‘edificio, e coincide con essa, mentre al di sopra è chiaramente visibile la forma a croce della chiesa principale: l‘impatto esterno contiene già la chiave per decifrare la semplice complessità dell‘edificio.
Ciononostante, l‘estrusione di una croce arrotondata da una base rettangolare, di per sé, non sarebbe sufficiente a giustificare questo concetto formale.
Lo sviluppo della complessità a partire da una pianta semplice è legata in modo decisivo all‘escissione, dal corpo cruciforme della chiesa, di un ampio ‘cuneo‘ curvilineo, un ‘taglio‘ praticato con un unico movimento verso il basso e poi verso l‘alto. Il risultato è una sorprendente molteplicità di forme. I tre elementi che determinano l‘edificio – (a) base rettangolare, (b) spazio cruciforme, e (c) taglio curvilineo – creano un complesso emergente di spazio e massa che fa riferimento sia alla tipologia storica della chiesa sia all‘ambiente marino locale.
Le pareti della chiesa Sul Mare non sono costituite da una muratura monolitica, ma da un guscio portante di cemento, separato da una ‘pelle‘ esterna di mattoni per mezzo uno strato isolante. Questo metodo è stato scelto non solo per assicurare un isolamento termico ottimale, ma anche per distinguere nettamente l‘esterno dell‘edificio dal suo interno attraverso l‘uso di materiali differenti.
Per i muri esterni sono stati utilizzati i cosiddetti mattoni di Oldenburg posati secondo una disposizione che si avvicina all‘uso locale pur non imitandolo, e che sostiene la specifica geometria dell‘edificio. Il mattone è stato impiegato per secoli, e a prima vista potrebbe sembrare contraddittorio avanzare richieste tanto complesse a un materiale così semplice e tradizionale. I mattoni sono stati cotti una seconda volta, anche se da un punto di vista puramente tecnico sarebbero stati pronti all‘uso già dopo la prima cottura. Una sola cottura, tuttavia, non avrebbe assicurato la resistenza estrema e la speciale finitura necessarie per sostenere adeguatamente la geometria dell‘edificio. La seconda cottura ha seguito un‘elaborata procedura tradizionale, oggi quasi dimenticata, in cui l‘ossigeno esterno viene espulso dal forno, con il risultato che la cottura provoca l‘estrazione dell‘ossigeno interno al materiale.
Invece di ottenere il tipico colore rosso-marrone, il mattone diventa nero con riflessi blu-verdi, a volte anche argentati, come un pezzo di ferro lucido, e sulla superficie possono formarsi depositi salini cristallizzati. Un ulteriore aspetto innovativo si evidenzia nella costruzione del tetto e nell‘incidenza della luce.
La superficie è una curva monoassiale e inclinata, come un coltello caldo che taglia un panetto di burro: ancora una volta il semplice atto del tagliare genera immediatamente una complessa geometria fatta di bordo, linea e superficie, con tutti i problemi costruttivi che ne derivano. Le superfici così prodotte sono state completamente smaltate ma, come per la seconda cottura dei mattoni, occorreva un‘ulteriore azione per ottenere la complessità di illuminazione desiderata per l‘interno. Questa azione consisteva nel far sì che i montanti che attraversano lo spazio del tetto si restringessero verso il centro per poi allargarsi nuovamente, invece di rimanere diritti; una strategia che però non è stata applicata in maniera lineare: culmina infatti al centro dello spazio cruciforme e diminuisce gradualmente verso le estremità della navata. Il processo generativo che ha condotto alle strutture del tetto e del soffitto mirava a ottenere un motivo dinamico e variabile di luci e ombre, presente nell‘arco dell‘intera giornata e per tutto l‘anno. Il motivo risultante, a fasce di luce ondulate e dinamicamente distorte, determina l‘atmosfera all‘interno della chiesa. Come in una chiesa barocca chi guarda dovrebbe limitarsi a cogliere le impressioni sempre nuove suscitate da questa “Chiesa sul Mare“, senza chiedersi da che cosa nascano, o attraverso quale processo genetico.