area 115 | concrete

architect: Elio Di Franco

location: Italy

year: 2008

L’attenzione sociale per l’arte contemporanea è crescente. Sembra emergere una tendenza a sostituire i prodotti con le esperienze: meno shopping e più stimoli per gli occhi, le orecchie e la mente. L’arte contemporanea ci aiuta a guardare ai fatti della vita con altri occhi e da altre prospettive. A differenza dei mercati finanziari, nel mercato dell’arte si trattano opere il cui significato e la cui attrattiva non si esauriscono nei rendimenti che promettono ma come occasioni per capire il mondo in cui viviamo e in qualche misura, noi stessi. Poche esperienze come l’arte, sono capaci di integrarle nei meccanismi cognitivi e affettivi della propria quotidianità. Un’esperienza è quella che si vive in questa casa ristrutturata in un edificio dei primi del novecento, di una giovane coppia appassionata di arte e design contemporanei. L’appartamento è fluido e aperto, ogni stanza entra nell’altra e l’interno si apre verso l’esterno attraverso la nuova loggia. Rubata all’appartamento fa    da filtro al giardino interno e arricchisce con una nuova spazialità l’ampio ingresso. Spazio significa libertà e flessibilità. Tutto, all’interno di questa casa, è stato disegnato per rispondere alla precisa indicazione del pensare semplice ed elegante. L’obiettivo finale è stato quello di valorizzare la bellezza dell’edificio sfruttando quanto già esisteva. L’interno, senza soluzione di continuità tra soffitti, pareti o pavimenti appare estremamente astratto e ancora più spazioso di quanto non lo sia già (pareti in cemento-resina, pavimenti in cemento-resina e rovere trattato a mano). Le modifiche limitate, ma ben studiate, hanno ripristinato l’astratta bellezza della struttura originaria. L’unico elemento architettonico estraneo, uno dei tanti oggetti che abitano questo luogo, è il bianco parallelepipedo che contiene il guardaroba e il bagno della camera di Alberto. La serie di Fibonacci di Mario Mertz ne fa da coronamento. In fondo al corridoio, l’unico, dietro una grande porta a bilico, un opera di Kapur separa la master bedroom  dalla sala da bagno. La luce, quella artificiale, e la climatizzazione inseriti in spessori minimi a pavimento e a soffitto, tentano di conciliare ed equilibrare le diverse esigenze di correttezza per le opere e per le esigenze domestiche. Quella diurna è filtrata da sottili membrane a rullo. A due passi dalla cucina si apre la sala da pranzo, intima a pianta circolare, dominata dal grande lampadario che riflette il suo interno sulla superficie specchiante del tavolo. La sfida: come conciliare la vasta collezione di opere di artisti contemporanei con la quotidianità. Il rischio: che la casa diventasse una galleria d’arte. Il risultato: la galleria è diventata una casa. In altre parole le opere hanno restituito alle ampie stanze una certa “intimità domestica“.