area 129 | urban architecture

Nella città Europea e, più in generale, in tutti quei contesti urbani che vi si ispirano, la strada costituisce il luogo rispetto al quale si fronteggiano gli edifici, il limite tra lo spazio collettivo, la vita pubblica e lo spazio privato. Solitamente tale separazione è rappresentata da una cortina muraria rispetto alla quale gli edifici si attaccano in aderenza, uno a fianco all’altro, senza soluzione di continuità. Conseguentemente le fronti dei singoli edifici rappresentano il limite che diviene al contempo l’involucro dello spazio pubblico, cioè il disegno del suo interno, e l’immagine esterna di una privatezza che si mostra su strada denunciando i desideri, i gusti, il livello sociale ed economico di che vi abita. Secondo tale chiave interpretativa la facciata è la parte più complessa di un’architettura urbana, simultaneamente il dentro e il fuori, l’individuale e il multiplo, il singolo e l’insieme, dove “la parte” è retoricamente fondamentale nella definizione di quella consistenza urbana che è “il tutto”. Pertanto l’edificio urbano è prioritariamente, oltre l’occasione puntuale, il frammento concatenato di una sequenza dove il progetto architettonico è anche porzione di un più generale progetto urbano, è la conferma di una regola iterata che consente al monumento di celebrarsi quale eccezione, è la misura conforme della struttura della città che si consolida e si afferma proprio per una specifica quanto necessaria armonia.
Si tratta allora di progetti rispetto ai quali non si deve ricercare la trasgressione – pena lo sconfinamento dal campo dell’abitare a quello dell’affermare – quanto piuttosto l’originale variazione su tema secondo una “normativa” non scritta ma impressa nel DNA della città e dei luoghi nei quali si interviene. Il tema, come moltissime altre questioni che riguardano interventi in contesti consolidati, si ricollega a quella straordinaria riflessione rogersiana sulle “preesistenze ambientali“ (1957), per tanto, ancora una volta, occorre ripartire da quella lezione per comprendere il senso più compiuto di un pensiero che attraversando con Rossi “l‘architettura della città“ (1966) si afferma nella “Via Novissima“ (1980) per consolidarsi concretamente nella Berlino contemporanea ricostruita, come è noto, intorno alle ceneri del ‘muro‘ su di un‘idea che appare più attuale e confortevole di molte esperienze contemporanee di pseudo avanguardia.