area 105 | artificial landscape

Il termine  paesaggio, liberato dalle limitazioni connesse con il sentire comune che ne perimetrano lo sguardo all’ambito naturale, rimane comunque legato a un intorno omogeneo – il paesaggio agrario, il paesaggio urbano, il paesaggio industriale – che, a dispetto dei contenuti, finisce per assumere un’accezione positiva in virtù degli antichi ricordi di derivazione pre-hegeliana. In effetti, se è superata l’idea che l’arte e di conseguenza il valore e il giudizio estetico, siano misurati sulla capacita d’imitazione dei fenomeni naturali – la bella natura – permane l’idea che un qualsiasi insieme di fenomeni, coerenti dal punto di vista funzionale e geografico, rappresentativi di una determinata condizione economico-sociale e insediativa, siano tutto sommato in armonia con se stessi e perciò specchio di un paesaggio che complessivamente si giustifica e conseguentemente si assolve. Tuttavia sappiamo che non è così per il territorio e l’architettura, dove il paesaggio è spesso rappresentativo di condizioni limite, come il ghetto, il quartiere dormitorio, l’accumularsi dei capannoni; non è così nell’ambito della letteratura, dove stati d’animo e ricordi personali possono essere tutt’altro che positivi; non è così nel cinema, dove gesti orribili e lugubri a catena definiscono un genere, visioni individuate nel paesaggio dell’Horror. Dobbiamo quindi prendere coscienza che il termine paesaggio, in quanto ambito caratterizzato da condizioni omogenee ripetute, subisce l’inganno retorico e comunque suadente dell’allitterazione, il fascino di una ritmicità organizzata dall’iterazione continua delle stesse immagini e delle stesse azioni. Conseguentemente non deve essere sottovalutata la dimensione percettiva del paesaggio e con essa il tema della visione e dell’impressione sensibile che esercita sull’osservatore, proiettandolo attraverso lo sguardo, il ricordo o l’immaginazione, in un’altra dimensione che coinvolge e induce alla partecipazione. Di queste opportunità si servono in molti nell’ambito delle arti del progetto, tanto nel teatro e nel cinema, dove il racconto è sorretto e reso plausibile con l’ausilio della scenografia, tanto nella scena urbana, dove paesaggi artificiali costruiti ad arte tentano, per le più disparate finalità, dal commercio alla residenza, dal divertimento all’ambito del lavoro, di coinvolgere una moltitudine sempre più spaesata di abitanti, che spesso si trovano coinvolti in luoghi e città dove realtà e finzione, passato e futuro, finiscono per mescolarsi in ambiti urbani popolati da labirinti e vicoli ciechi. Per tali motivi, il progetto e quindi l’architettura riflettono su di sé responsabilità e comportamenti che non possono essere considerati come libertà e opportunità espressive indipendenti o legate al solo ambito disciplinare, per tali motivi occorre misurare ogni trasformazione del territorio e dell’ambiente indipendentemente da ogni giudizio estetico sul piano  più complesso e scivoloso dell’etica.

”Blade Runner” by Ridley Scott, 1982. Ennis House in Los Angeles projected by Frank Lloyd Wright (1924) is the background for the interior of Rick Deckard‘s (Harrison Ford) apartment.