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il pensiero e le suggestioni dei 5.5 designers

5.5 designers è uno studio fondato da Vincent Baranger, Jean-Sébastien Blanc, Anthony Lebossé e Claire Renard nel 2003. Lontani dal focalizzarsi solo sulla creazioni di oggetti i 5.5 ricercano il rigore concettuale e si interrogano sul significato del ruolo del designers. Grazie al loro approccio ricco di humour e semplicità sono stati coinvolti da molte aziende famose nella progettazione di prodotti e ambientazioni per i loro spazi.

The Introverted, 2009, Chocolat factory
The Introverted, 2009, Chocolat factory

area: Nel corso della progettazione di un oggetto di design per il mondo della cucina, qual è l’aspetto che si privilegia, tra le soluzioni funzionali e la ricerca estetica?
5.5 designers: Oggi, in ogni settore, che si tratti di cucina o di informatica, questi due aspetti sono altrettanto importanti. Un oggetto puramente funzionalista è noioso, mentre un oggetto dall’estetica troppo ricercata è inutile. Il segreto è trovare il giusto equilibrio tra le due componenti. Le cose si complicano quando si deve aggiungere l’aspetto semantico, ovvero il significato che diamo a un oggetto. Oggi si devono creare oggetti in grado di raccontarci delle storie, e questa componente è fondamentale nel modo in cui noi pratichiamo il design. Non cerchiamo tanto di realizzare un bell’oggetto, ma assegniamo grandissima importanza alla creazione di un oggetto capace di suscitare emozione perché sollecita i nostri usi e costumi. Spesso l’estetica è il risultato di ciò che cerchiamo di trasmettere. Nel mondo della cucina, le tradizioni sono forti e dunque non possiamo mirare solo al bello e funzionale, se vogliamo toccare nel profondo il maggior numero possibile di persone. È proprio questa componente in più che giustifica il fatto di coinvolgere un designer in un progetto legato all’arte della cucina.
area: Il gesto creativo del designer è guidato dalla volontà di soddisfare soprattutto le esigenze funzionali, o mira piuttosto alle sensazioni sensoriali, quelle del piacere e del gusto?
5.5: Il nostro design si ispira prima di tutto alla volontà di stupire e sorprendere. Cerchiamo di continuo di proporre degli oggetti capaci di sconvolgere e di rimettere in discussione le nostre abitudini. Da questo contrasto nasce il piacere che proviamo vivendo una nuova esperienza culinaria. Vogliamo offrire ai consumatori degli oggetti che eccitino il palato, che sollecitino i sensi, in modo da far scoprire nuove sensazioni. Ma alla base rimane sempre un “patto di funzionalità”, che deve essere soddisfatto prima di aggiungere all’oggetto questa dimensione sensoriale.
area: Credete sia possibile sovvertire il legame, che si è formato e consolidato nel tempo, tra gli oggetti di cucina e i materiali con cui sono tradizionalmente prodotti (i bicchieri in vetro, i piatti in porcellana o ceramica, le posate in metallo, ecc.)? In che modo questi materiali influenzano la produzione degli oggetti di design?
5.5: Se il legame tipologia-materiale talvolta è così forte, è perché ciascun materiale si è imposto come il più appropriato per una produzione redditizia e accessibile, e per un pratico uso quotidiano. Di norma, e con atteggiamento conservatore, le stoviglie in metallo restano quelle che si usano in campeggio, quelle in plastica sono le usa e getta, mentre per le grandi occasioni si ricorre al servizio in porcellana. Chiaramente siamo liberi di rimettere in discussione queste convenzioni, e oggi l’evoluzione delle tecniche e dei comportamenti ci permette di pensare di creare bicchieri in porcellana, piatti in metallo e posate in vetro. Tuttavia, resteranno esperimenti isolati, e non sarà mai più pratico di un bicchiere di vetro. Io penso che per modificare questi schemi, che – lo confesso – sono un po’ angusti per un designer, è più giusto e più realistico pensare di creare nuove tipologie di oggetti culinari: sono questi che porteranno nuovi materiali in tavola. In poche parole, noi preferiamo chiederci come berremo domani, come introdurremo gli alimenti all’interno del nostro corpo, prima di chiederci quale forma possiamo dare a una posata. È questo modo di concepire il progetto che modificherà radicalmente le nostre pratiche culinarie, da un lato, e gli strumenti che utilizziamo per soddisfare il nostro fondamentale bisogno di nutrici, dall’altro.
area: Quali sono le aziende e i produttori più sensibili alla ricerca, e che perciò sono più interessati e disponibili a investire nel settore del design?
Può sembrare strano, ma le aziende più sensibili alla ricerca sono quelle più vecchie, con una ricca tradizione alle spalle. Sono quelle che hanno sempre saputo evolversi e rimettere in discussione il loro modo di lavorare senza tradire la loro storia. Le aziende che cavalcano l’onda della moda del design producono oggetti fuori schema, che tuttavia, dal nostro punto di vista, non sono il frutto di un vero percorso di ricerca. La ricerca richiede di coinvolgere diversi attori di diversi campi, ognuno in grado di contribuire con le proprie conoscenze e il proprio savoir-faire a un certo aspetto del problema. Lo scopo non è di far diverso, giusto per far diverso e ostentare anticonformismo. Un vero lavoro di ricerca deve fondarsi su quanto è già acquisito e deve dirigere il marchio verso un nuovo standard, che l’azienda potrà poi capitalizzare. In questo senso, la nostra collaborazione con Hennessy è un vero lavoro di ricerca: abbiamo dovuto condividere e discutere le nostre idee sia con il comitato di degustazione, piuttosto tradizionale nel modo di affrontare la novità, che con i responsabili ambientali, e ancora con gli esperti della qualità e beninteso anche con il marketing, nostro principale interlocutore.
area: Quali sono gli oggetti che vi hanno ispirato? Quali sono i designer che sono stati dei veri maestri nel campo del cibo? E quali gli oggetti che hanno davvero segnato la storia del design legato al cibo?
5.5: È sempre difficile dire da dove proviene la nostra ispirazione, e d’altronde questo è un argomento che cattura l’attenzione di molti ricercatori: come nasce la creatività? da quale fenomeno interno agli esseri umani scaturiscono le idee? Più che i designer, credo che a ispirarci e a fornirci tutte le risposte alle nostre domande siano prima di tutto il nostro modo di vivere e i nostri incontri. Dopodiché, ben inteso, abbiamo un grandissimo rispetto di alcuni protagonisti di questo ambiente. Penso in primo luogo a Ferran Adrià, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e con cui abbiamo potuto scambiarci delle idee in occasione della conferenza che abbiamo tenuto in Sud Africa, su invito di Design Indaba. Oppure penso a Christophe Michalak, il pasticcere del Plaza Athénée di Parigi, con cui Claire Renard, allo studio, ha collaborato in vista di vari progetti – nessuno si è concretizzato, ma per noi restano delle vere ricerche.
area: Quali sono gli oggetti per la cucina più importanti che avete realizzato finora?
5.5: Da un lato ci sono gli oggetti commestibili, e in questo campo credo che la nostra ultima collaborazione con Chocolat Factory abbia aggiunto una nuova dimensione al cioccolato. E senz’altro il manico di zucchero, parte della serie “objets ordinaires”, che permette di trasformare qualsiasi bicchiere di vetro o di plastica in una vera tazza da caffè. Poi ci sono gli oggetti non commestibili, quelli che mettono in scena il cibo, e in questo campo ricorderemo i “vices de la déco”, i pezzi unici usciti dal progetto “Ouvriers-designers” realizzato presso Bernardaud e ovviamente la nostra collezione “Apparat”, concepita per Baccarat. Ma il meglio deve ancora arrivare: stiamo preparando numerosi progetti in questo campo, tra cui una collezione completa di dieci piccoli elettrodomestici di livello base – dal passaverdure elettrico al tostapane, passando per la caffettiera, la griglia, lo spremiagrumi e il bollitore –, per il marchio Moulinex del gruppo SEB. Abbiamo appena terminato di sviluppare una collezione di sette piatti per il marchio tedesco della porcellana KHALA, che abbiamo chiamato DAILYMENU. E stiamo preparando un set da degustazione per il caffè per una grande azienda di cui non possiamo ancora svelare il nome.