area 110 | expo 2010 shanghai

Wu Zhiqiang, Professore dell’Università di Architettura e Pianificazione presso la Tongji University di Shanghai, è il progettista del masterplan per l’Expo Universale 2010, per cui ha proposto il modello “H-city” (harmony city), linea guida per la pianificazione e la progettazione a tutti i livelli, nel rispetto del tema “Better City, Better Life”. Seguendo l’aspetto critico del tema, Wu ha concepito un modello “Eco+”, capace di guidare entrambe le strategie progettuali, passive per la conservazione e più attive per migliorare l’ambiente. Il progetto è stato molto apprezzato dagli esponenti del governo per le potenzialità rivoluzionarie rivolte allo sviluppo futuro della città.

interview with Architecture Studio
edited by Stefano Tronci

Stefano Tronci: Dove inizia l’esperienza di questo progetto?
Architecture Studio: Nel 2001 la Città di Shanghai organizzò un concorso internazionale di architettura. AS Architecture Studio aveva allora già lavorato a diversi progetti localizzati in Cina. Gaspard Joly, un partner di AS, risiedette a Pechino nel 1998 con l’intento di sviluppare le attività di AS in Cina. Conseguentemente, quando fummo invitati a partecipare a questo concorso, finalizzato a definire il masterplan che la Città di Shanghai avrebbe presentato a supporto della richiesta di partecipazione al Bureau of International Exhibition per organizzare il World Expo 2010, avevamo già sviluppato una buona conoscenza del contesto cinese.
S. T. : Quale è stato il fattore iniziale che ha generato interesse e coinvolgimento nello sviluppo di progetti di masterplan e architettura in Cina, e cosa ha portato AS a partecipare a questo concorso?
A. S. : Il fattore che ci ha affascinato maggiormente nel lavoro progettuale di masterplan e architettura in Cina è stato il potersi confrontare con probelmatiche urbane e scale architettoniche difficilmente comparabili con i progetti europei. Alla fine degli anni ’90 completammo un progetto di larga scala, il Parlamento Europeo a Strasburgo, che aveva focalizzato le nostre energie per un periodo lungo diversi anni. Questo è un progetto particolamrente importante per AS, in quanto ci permise di padroneggiare progetti di larga scala. Fu allora che naturalmente iniziammo a ricercare una strategia per sviluppare progetti di scala urbana in Cina, in modo da ampliare la nostra esperienza su problematiche che difficilmente riuscivamo ad affrontare in Francia o in Europa.
Il masterplan del World Expo 2010 offrì ad AS l’opportunità di sviluppare una riflessione molto ampia sulle strategie di sviluppo per un progetto di design urbano che avrebbe incluso le principali problematiche di eco-sostenibilità che avevamo già affrontato a Shanghai, in progetti quali lo sviluppo della parte meridionale della penisola di Chongming. Il tema principale dell’esposizione, “Better City, Better Life”, ci ha permesso di costruire il nostro progetto intorno a problematiche generate dal tipo di evento in questione. Questo tema permise di organizzare un team multidisciplinare di esperti, tra cui sociologi del calibro di Roger Perrin Jacquet, che aveva già lavorato sul progetto dell’Expo di Hanover in Germania. Questa collaborazione ci permise di legittimare alcune strategie del progetto, ad esempio la creazione di un laboratorio urbano. Ingegneri ambientali, tra cui Patrick Blanc, ci permisero di sviluppare il Flower Bridge, mentre specialisti in fitodepurazione come Thierry Jacquet ci aiutarono a progettare i corridoi verdi e i giardini filtranti. Lavorammo inoltre insieme ad esperti in trasporti e mobilità urbana. Tutto questo ammontare di conoscenze e talenti permise la creazione di un progetto simbolico, il Flower Bridge sul fiume Huangpu, che immediatamente diventò il vero e proprio simbolo dell’intero masterplan.
S. T. : Come si è sviluppato il progetto dopo il concorso?
A. S. : Abbiamo assistito la Città di Shanghai per oltre un anno, durante il procedimento di selezione organizzato dal Bureau of International Exhibitions.  Shanghai era in competizione con diverse altre città da tutto il mondo. Siamo convinti che il nostro progetto sia stato tra i fattori determinanti nella scelta di Shanghai da parte del Bureau. Durante quel periodo, abbiamo sviluppato il progetto del Flower Bridge, e assistito e dato supporto al masterplan insieme al sindaco di Shanghai durante i vari esami organizzati dal bureau, e in particolar modo in occasione della presentazione finale tenutasi nella loro sede.
S. T. : Quali sono i valori fondamentali del progetto? Quale è stata la motivazione dietro la scelta del progetto AS per rappresentare la Cina, in seguito vincitore del concorso internazionle, che ha dato la possibilità a Shanghai di divenire città ospitante dell’esibizione internazionale piu’ importante nel mondo?
A. S. : La qualità più importante di questo progetto è la sua facilità di lettura nonostante la complessità dei temi proposti, quali la creazione di architetture eco-sostenibili contemporaneamente a infrastrutture e arterie viarie, o l’attuazione di un laboratorio urbano in cui sia possibile sperimentare molteplici metodi di sviluppo della città e di costruzione di un edificio simbolo, il Flower Bridge. Quest’ultimo è molto di più di un semplice padiglione; è un’infrastruttura urbana perenne che sopravviverà all’evento stesso per il quale viene costruita. Grazie a queste proposte il nostro progetto fu largamente apprezzato dalle autorità cinesi. Credo che la migliore qualità del progetto di AS sia stata quella di cristallizare l’energia degli organizzatori, producendo un’idea semplice e di facile lettura per un progetto considerato una grande scommessa, in quanto il contesto per l’Expo è un’area urbana di vaste dimenzioni, separata in due zone da un fiume largo 400 metri, al contrario di altri eventi dello stesso tipo organizzati in aree extraurbane inutilizzate in precedenza. L’altra grande qualità del nostro masterplan era inoltre la proposta di un progetto urbano anziché una sede per fiere, come spesso succede in progetti di questo tipo. Non includemmo nessuna ruota panoramica o treno a levitazione (già in fase di costruzione tra la città di Shanghai e l’aeroporto di Pudong). Il nostro edificio simbolo era un ponte, sollevato verso il cielo.
S. T. : Il progetto originale fu poi compromesso durante la fase realizzativa? Ci sono state modifiche sostanziali?
A. S. : Si, il progetto realizzato è molto differente da quello proposto da AS Architecture Studio. Successivamente alla decisione finale del Bureau, la città di Shanghai stabilì un commitato organizzativo per coordinare le opzioni di sviluppo principali. Nel 2004, il comitato organizzò una conferenza internazionale alla quale fummo invitati. Durante la conferenza difendemmo la magnifica idea del Flower Bridge. Dovemmo confrontarci con sostenitori di una città sotterranea, tra cui lo studio inglese Alsop. Questo appasionato dibattito portò all’organizzazione di un secondo concorso internazionale cui fummo invitati. Il comitato scelse il progetto disegnato da Tongji University, sulla base del quale fu sviluppato il masterplan finale dell’Expo.
Nel progetto di Tongji sono presenti molte delle idee caratteristiche del masterplan di AS, come la grande esplanade all’ingresso che conduce al Flower Bridge. Ciò nonostante, molti degli elementi fondanti del nostro progetto furono esclusi dal masterplan di Tongji, tra cui lo stesso Flower Bridge e i corridoi verdi. Gli Expo sono spesso realizzati in vaste aree confinanti con i centri urbani delle città ospitanti, e spesso mancano di un progetto generale che renda possibile la sopravvivenza di queste aree dopo l’evento stesso. Queste spesso cadono in stato di abbandono e necessitano poi di colossali operazioni di restauro e riqualificazione per essere reintegrate nel tessuto urbano.
S. T. : Il masterplan di AS prende questo problema in considerazione? Quale soluzione è stata proposta?
A. S. : È vero che le prospettive di una vita dopo l’esibizione sono molto importanti. Analizzare questo problema significa tenere in considerazione due differenti periodi completamente opposti tra loro: il periodo della mostra propriamente detta (6 mesi) e il periodo storico di una città, molto più lungo. Tra le Esibizioni Universali nella storia, la costruzione dell’esibizione di Parigi nel 1900 è un esempio particolarmente pertinente. Trasformò le fasce lungo la Senna in un ampio territorio tra Place de la Concorde e la Torre Eiffel, quest’ultima realizzata proprio in occasione di questo evento. Molti ponti vennero costruiti, come il ponte Alessandro III, che prolunga il Grand Palais e il Petit Palais. Tutti questi monumenti sono oggi perfettamente integrati nel tessuto urbano e in molti ignorano che furono tutti costruiti in occasione di quell’evento, uno dei più fortunati nella storia delle Esibizioni Universali. Ma hai ragione, molte di queste mostre organizzate nel ventesimo secolo furono sviluppate in aree extraurbane. Molte furono l’occasione per sviluppare un’area per fiere e mostre, come in Bruxelles e Hanover, ma spesso non generarono una nuova area urbana.
Non si può dire ad esempio che le mostre di Montreal o Siviglia abbiano realmente sviluppato un modello di area urbana. Per quanto riguarda il progetto per Shanghai, gli organizzatori furono saggi e coraggiosi a sufficienza da sviluppare l’Expo in un territorio urbano precedentemente occupato perlopiù da acciaierie, industrie petrolchimiche e cantieri navali. La posizione di queste aree e la rete infrastrutturale sviluppate in questa occasione premetteranno una trasformazione radicale che creerà un nuovo centro a Shanghai. Oggi ci sono due definite centralità: People Square nella zona di Puxi, e il distretto finanziario di Pudong. Lo sviluppo dell’Esposizione Universale renderà possibile la creazione di un nuovo centro nella zona meridionale di Shanghai, sviluppato intorno al PEC e alla vasta area multifunzionale costruita appositamente per l’expo. Nel progetto di AS, il Flower Bridge simboleggiava questo stato permanente. Unico rimpianto resta il non essere riusciti a convincere gli organizzatori della mostra della pertinenza della costruzione del Flower Bridge. Di fatto crediamo che il Flower Bridge sia un traguardo che potrebbe essere paragonato alla Torre Eiffel stessa. Entrambi sono edifici simbolici della storia delle città e non solo dell’Esposizione per la quale vengono realizzati. Questo tipo di edifici fa parte di una dimenzione che va oltre quella dei padiglioni nazionali. Quest’ultimi, per quanto grandi, fanno naturalmente parte esclusivamente dell’evento stesso. Non hanno il potenziale simbolico che permetterebbe di generare un nuovo slancio per la città dopo la fine dell’evento.
S. T. : Architecture Studio è presente a Shanghai dal 2004 e recentemente ha aperto un nuovo studio a Pechino. Quali sono le ragioni dietro un investimento di così tante risorse e energie in Cina?
A. S. : Abbiamo lavorato su progetti cinesi per oltre dieci anni prima di stabilire una nuova succursale dello studio in Cina. Il masterplan per l’Expo 2010 fu interamente disegnato a Parigi.
Nel 2004 pensammo di aver ampliato la nostra reputazione abbastanza per poter mantenere un ufficio in Cina. Marie Caroline Piot, una degli attuali partner di AS, raccolse questa sfida e decise di trasferirsi a Shanghai. Ha speso oltre tre anni in Cina, mantenendo uno studio operante e permettendo di realizzare i primi sviluppi. In seguito è ritornata a Parigi ed è stata sostituita da Nicolas Papier. Per noi, aprire uno studio in Cina era un’idea alquanto ovvia, in quanto abbiamo sempre difeso la contestualità dei nostri progetti. L’architettura deve essere inspirata al contesto di un progetto nel suo più ampio signficato, ovvero dal punto di vista sociologico, economico e culturale. La Cina è una nazione complessa, molto differente dalla Francia o dall’Europa. Il nostro obiettivo è quello di disegnare progetti che incontrino le necessità di questa cultura. Il modo più naturale per farlo fu allargare il nostro studio con una sede a Shanghai, dove saremmo stati in grado di sviluppare progetti con team di architetti cinesi ed europei. Stessa cosa per quanto riguarda l’apertura di una sede a Pechino. Dopo diversi anni di lavoro a Shanghai, realizzammo che il contesto della Cina settentrionale è differente da quello meridionale. Quando Li Shuwen accettò di dirigere lo studio a Pechino, capimmo che sviluppare progetti settentrionali separati da quelli meridionali è un approccio pertinente e adatto alla realtà cinese. Il nostro coinvolgimento in Cina è alimentato dal nostro desiderio di scoprire nuovi territori, affrontando le problematiche urbane più significative nella nostra società. Quattro partner di AS si recano regolarmente a Pechino e Shanghai in modo da stabilire un legame tra gli studi, lavorando direttamente sui progetti insieme ai team locali, e incontrando i nostri clienti sul territorio cinese.
Allo stesso modo, gli architetti cinesi possono trascorrere mesi a Parigi in modo da sviluppare una piena comprenzione di chi siamo e come lavoriamo. Noi crediamo che l’architettura sia un’avventura da costruire continuamente tramite scoperte e creazioni. Questo è il motivo per cui crediamo che la nostra avventura cinese sia ben riuscita. Il nostro impegno in Cina è sia un’avventura collettiva che una scommessa. Puntiamo a sviluppare l’eccellenza del nostro team di architetti e dei progetti in Cina. Miriamo a completare i progetti, e crediamo che il modo migliore per farlo sia tramite uno studio che permetta a AS di costruire un lavoro di equipe insieme ai cinesi.