5 stanze, un viaggio tra gli elementi, il colore, la matericità, la creatività e la musica. antoniolupi ha presentato per la prima volta il proprio brand e le proprie collezioni in chiave totalmente diversa in occasione del Salone del Mobile di Milano. Il grande spazio che ha ospitato antoniolupi nei padiglioni della Fiera di Rho non era una installazione di prodotto, ma un percorso attraverso suggestioni create con una selezione di alcuni dei più interessanti e innovativi prodotti della collezione antoniolupi.

Il progetto dello stand di Calvi Brambilla è una “riflessione sulla materia” che trova, in una installazione sognata, la sua migliore interpretazione offrendo suggerimenti e nuove chiavi di lettura. Una esposizione autonoma rispetto alla consueta proposta bagno antoniolupi, anche se a essa è ispirata e connessa.
Il percorso si è sviluppato con cinque temi diversi suddivisi in sale: sala del colore, sala del marmo, sala degli specchi, sala del fuoco e sala dell’acqua. Una modalità di presentarsi totalmente inedita per una azienda di caratura internazionale e punto di riferimento per il mondo del design: uno chiaro shift dal riferimento commerciale a quello culturale, traguardo impegnativo per il quale la antoniolupi è ormai pronta.

L'allestimento, curato da Calvi Brambilla, già autori del progetto di restyling dello showroom milanese di Porta Tenaglia e di tutti gli stand antoniolupi dallo scorso aprile in poi, mira a un approccio esperenziale e immersivo dello spazio e degli oggetti esposti: include l'esposizione scenografica, ma deconstetualizzata di alcuni oggetti 'iconici' della produzione di antoniolupi, nonché musica e suoni, grazie a un progetto inedito di sound design frutto della collaborazione tra antoniolupi e k-array.
Il tutto inserito in un percorso o rigoroso e dal forte impatto emozionale, esteticamente flessibile e atto a integrare momenti fra loro diversi. Completamente mutata la prospettiva dello spettatore che percorre la galleria espositiva, trovandosi di fronte a installazioni in cui l'oggetto, spesso destrutturato, è interpretato in chiave scenografica, come una opera d'arte.