Il volume “Cemento Futuro. Una materia in divenire”, curato da Carmen Andriani ed edito da Skira, ha nei sostantivi “futuro” e “brevetto” due significative parole chiave che possono condurre il lettore ad almeno una delle molteplici interpretazioni dell’insegnamento che si può trarre dallo studio dei saggi che raccoglie e dal percorso critico che li lega. Infatti, in senso prettamente aristotelico, non esiste un futuro se non esiste un passato e, generalmente, nel campo delle costruzioni, ogni soluzione tecnica brevettata presuppone la conoscenza, rivolta al suo miglioramento, di una invenzione già consolidata attraverso una sua applicazione progettuale.

Già nella Prefazione, Antoine Picon coglie le potenzialità scientifiche rivolte sia allo sviluppo tecnico che a quello compositivo ed espressivo di una “reinterpretazione intelligente di alcuni esempi storici”, conscio delle potenzialità di un materiale che, seppur in continua evoluzione, non si può definire tale in maniera tradizionale, trattandosi di una miscela: gli esiti spaziali, formali ed estetici dipendono dunque tanto dalla conoscenza della tradizione costruttiva da parte del progettista quanto dalla composizione del calcestruzzo, dai tipi di cementi e dalle polveri e dalle fibre che, ieri come oggi, possono essere inserite nell’impasto, dalla natura dell’armatura stessa, tematiche intorno alle quali lavorano contemporaneamente e, talvolta, con obiettivi diversi, centri di ricerca, aziende produttrici e progettisti. Non a caso, dunque, il brevetto costituisce il cuore della narrazione, e gli viene dedicata la sezione centrale del volume inserita dopo le parti dedicate al “progetto della materia”, al “progetto come opera d’ingegno” e ai cosiddetti “paesaggi di cemento” (dove anche se non citato, si sente forte la lezione di Reyner Banham nella lettura di edifici dal forte carattere paesaggistico) e apre la strada ai contenuti espressi nei capitoli “ricerca e progetto” e “in arte cemento”.

In questo senso, prendono ancora maggior significato la riflessione di Philippe Morel sui sorprendenti risultati, documentati nel volume con suggestive immagini di modelli e prototipi, finalizzati all’evoluzione dei metodi di costruzione (“[…] problema, su cui gli architetti hanno maggiore influenza”) e, conseguentemente, formali ottenibili a seguito delle ricerche sperimentali condotte dal gruppo EZCT Architecture & Design Research che comprende, tra i tanti futuri scenari d’impiego del materiale, anche l’uso di tecniche di stampa 3D per la progettazione di griglie spaziali in calcestruzzo ultraperformante, oppure le interviste di Marco Bovati, capace di riflettere insieme ai tecnici dell’Italcementi tanto intorno allo spinoso tema del riciclo e della cosiddetta “sostenibilità” legata alla produzione e al ciclo di vita del cemento quanto all’innovazione e ai suoi riflessi più immediatamente percettibili ed applicabili nel campo della progettazione architettonica, che spesso ricadono nella produzione di componenti o superfici “ornamentali”: queste caratterizzano proprio quelle “architetture sartoriali” illustrate nel volume da Massimiliano Giberti, spesso ancora oggi concepite con logiche compositive che affondano le loro radici – in maniera molto colta – nella teoria tedesca tardo-ottocentesca. E’ tuttavia proprio nella produzione di componenti dalla doppia valenza strutturale e ornamentale che il calcestruzzo potrebbe farsi portatore d’innovatività sulla base delle più recenti tecniche di produzione parametrica di componenti ottenute ancora mediante stampa 3D delle matrici, illustrate nel volume da Maria Voyatzaki.

La narrazione, ponendosi l’obiettivo di collaborare per l’abbattimento del generalizzato e stereotipato giudizio negativo che cemento e calcestruzzo continuano a portare con sé, mette in luce un dato di fatto: nel campo dell’edilizia, il composto cementizio è l’unico semilavorato capace di far collaborare e dialogare molteplici professionalità, dalla fase di produzione del clinker sino a quella della messa in opera del calcestruzzo passando attraverso gli impulsi creativi del progettista. Proprio per queste ragioni questo volume, a cui va riconosciuto il merito di costruire un quadro critico attraverso i contributi (presentati in italiano e inglese) di ben diciannove autori che lavorano sia nel campo della teoria e della progettazione architettonica sia a diretto contatto con le industrie produttrici di cementi e riccamente illustrato con oltre centoquaranta suggestive immagini, fa dell’interdisciplinarietà il suo punto di forza: è infatti nella sua natura intrinseca, forgiata dagli specialismi delle professionalità che concorrono alla realizzazione finale dello spazio architettonico, che il cemento, e come conseguenza il calcestruzzo, ha trovato e continuerà a trovare sempre futuri sviluppi e manipolazioni, sia per il miglioramento delle prestazioni meccaniche, per la valenza plastica che certe architetture, o parti di esse, possono assumere attraverso il suo impiego sia per gli effetti spaziali che questo può generare attraverso il trattamento delle superfici.

Alberto Bologna