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architect: Benedetta Tagliabue Miralles Tagliabue EMBT

La rappresentazione dei dettagli costruttivi di un edificio avviene, di norma, attraverso disegni bidimensionali la cui lettura è non sempre immediata, soprattutto per gli utenti alle prime armi. Essi sono realizzati con una grafica caratteristica, quasi un linguaggio cifrato, fatto di retini, tratteggi, spessori differenziati delle linee, che evocano i componenti costruttivi ma che non sempre sono immediatamente riconoscibili per i loro destinatari principali: progettisti, operatori di cantiere e studenti. Per ovviare a questa situazione è utile realizzare viste tridimensionali dei nodi costruttivi, degli “spaccati assonometrici”, che spiegano meglio le tecnologie realizzative dei progetti. Questi disegni fanno comprendere più rapidamente la realtà costruttiva consentendo ai progettisti, sia in fase ideativa che in fase di cantiere, di governare meglio le idee e di comunicarle con più efficacia. Inoltre, riducono i possibili fraintendimenti tra i diversi operatori e, dal punto di vista didattico, sono molto più comprensibili per le persone che stanno imparando il mestiere. Gli spaccati assonometrici sono, in particolare, essenziali per descrivere le tecnologie delle opere di architettura a geometria complessa e, non a caso, gli architetti che lavorano su volumi articolati sono stati storicamente i primi a rappresentare, tramite assonometrie esplose spesso disegnate manualmente, le loro idee costruttive. Partendo da questi presupposti, abbiamo dato vita all’interno del Politecnico di Milano a un gruppo di ricerca, di docenti e studenti, con cui stiamo indagando le modalità realizzative e le potenzialità di questi disegni usando, in particolare, le opere di Miralles Tagliabue EMBT come casi di studio. La scelta è stata motivata da numerosi fattori: complessità geometrica delle opere, estrema eterogeneità delle soluzioni costruttive e dei materiali utilizzati, disponibilità di una gran quantità di materiale grafico e fotografico, la presenza dei plastici e la entusiastica partecipazione e disponibilità da parte di Benedetta Tagliabue e del personale dello studio. Per ognuno degli edifici presi in esame si è svolta una ricerca meticolosa che ha portato alla realizzazione di una grande tavola d’insieme in cui sono rappresentati i nodi costruttivi più significativi dell’opera. Le tavole complessive e i dettagli tecnologici ottenuti, sia in 3D che in 2D, saranno contenuti in una monografia dedicata ai lavori di EMBT che uscirà nel 2011 per la collana “I libri di Arketipo - Architetture in dettaglio”.
La prima fase del lavoro su un singolo edificio consiste nel reperimento di tutto il materiale grafico utile: disegni, fotografie, fotomontaggi, plastici, foto di cantiere, relazioni tecniche, ecc…, ottenuta contattando gli architetti, gli ingegneri, le imprese costruttrici e i fornitori. Su questo aspetto, fortunatamente, EMBT ha recentemente completato la classificazione e la digitalizzazione del suo archivio e, di conseguenza, una buona parte del materiale è stata reperita a Barcellona. Successivamente, grazie ad una visita all’opera finita o al suo cantiere, si possono evidenziare le modifiche apportate in fase di realizzazione rispetto agli elaborati originali. A quel punto è possibile iniziare il lavoro di rappresentazione che, partendo dalla base costituita dai tradizionali disegni bidimensionali generali (piante, sezioni e prospetti), intrecciata con le altre informazioni raccolte, porta alla realizzazione di un primo modello tridimensionale grezzo. In questa fase si utilizza un programma di modellazione solida, tipo Rhinoceros, che permette di gestire le forme a geometria complessa. Il passo seguente è scegliere dove sezionare il modello ottenuto abbinandolo ad un adeguato punto di vista per mettere in evidenza il numero maggiore di nodi costruttivi significativi presenti nell’edificio. Al quel punto il modello, che è ancora un oggetto tridimensionale, può essere esportato in un altro programma di disegno depurandolo degli oggetti non necessari e trasformandolo in un disegno assonometrico bidimensionale. Infine, si procede con l’inserimento dei vari particolari costruttivi dentro la tavola partendo dai tradizionali nodi in 2D e scegliendo come slittare i diversi componenti l’uno rispetto all’altro per renderne più chiare le relazioni, le funzioni e le connessioni reciproche. Il disegno complessivo che si ottiene fornisce un’immediata e chiara vista generale dell’opera, come la si avrebbe in un plastico, permettendo, in aggiunta, di comprenderne anche le tecnologie costruttive. Realizzando gli elaborati ci si è resi conto, tra l’altro, di come la visione tridimensionale permetta di risolvere anche i nodi che normalmente “sfuggono” durante la progettazione poiché invisibili nelle normali sezioni costruttive, consentendo di ridurre gli errori, facilitando le fasi realizzative e il migliore controllo degli esiti. Si tratta di strumenti adatti a gestire i progetti contemporanei: non è un caso che il Padiglione spagnolo per la Expo di Shanghai sia stato disegnato con tecniche analoghe.

Matteo Ruta (Milano, 1973), ingegnere edile, laureato nel 1999 al Politecnico di Milano, consegue il titolo di dottore di ricerca in Ingegneria Ergotecnica Edile nel 2003. Dal 2005 è Ricercatore di Produzione Edilizia presso il Dipartimento BEST del Politecnico di Milano dove svolge attività di docenza nella Facoltà di Ingegneria Edile-Architettura. Attualmente insegna, “Tecnologia degli Elementi Costruttivi” e “Gestione dei Progetti Complessi” presso le sedi di Milano Leonardo e Lecco. Dal 2006 è consulente scientifico della rivista “IlSole24Ore Arketipo”.