area 107 | glenn murcutt

“Madre terra dà origine a
ogni cosa che ci serve. Padre
Cielo ci porta l’acqua
e l’ossigeno per respirare.
Nonno Sole riscalda
il pianeta e il nostro corpo,
donandoci la luce per vedere,
fa crescere i prodotti che
Madre Terra genera,
nutre la nostra famiglia,
le piante e gli alberi.
Nonna Luna scandisce il movimento
delle acque e ci dona il tempo della
femminilità, per dare alla luce nuove creature”

Uncle Max Dulumunmun Harrison, aborigeno della tribù degli Yuin “My People’s Dreaming” (I sogni della mia gente)

Oggi ho trascorso la giornata all’ombra degli alberi nel giardino botanico di Sidney, terra natale della tribù dei Cadigal, in compagnia di Glenn Murcutt, di Uncle Max Dulumunmun Harrison, di Peter Stuchbury e di una folla di spettatori. L’occasione era la presentazione del libro di Uncle Max, dal titolo “My People’s Dreaming – an Aboriginal Elder speaks on life, land, spirit and forgiveness”1 (I sogni della mia gente: riflessioni di un anziano aborigeno sulla vita, lo spirito e il perdono), introdotta da Marie Bashir, Governatore dello stato del New South Wales. L’evento si è svolto sullo sfondo dell’Opera House di Utzon, visibile attraverso gli alberi, circondati dalle alte costruzioni di Harry Seidler, Renzo Piano e di molti altri architetti, che ci guardavano dal centro della città e da Macquarie Street. Richard Leplastrier, pur trovandosi in Giappone in attesa di proseguire il viaggio per la Danimarca, era presente con il suo spirito. Glenn, Uncle Max, Peter, Richard e Brit Andresen, docente in Norvegia e a Queensland, sono diventati una vera a propria famiglia, unita dal privilegio di godere della compagnia gli uni degli altri e impegnata a diffondere una dottrina di pensiero e d’azione radicata nella saggezza di questi due grandi uomini, Glenn e Max, ormai divenuti i nostri “vecchi”.
Riuniti nel giardino botanico eravamo circondati da percorsi e simboli, ottimi spunti per effettuare un breve saggio sulla vita e sull’opera di Glenn Murcutt, volendo indagare il suo ruolo nell’evoluzione dell’architettura australiana. Glenn parla spesso come un botanico, come nel discorso pronunciato in occasione della cerimonia di premiazione del Pritzker Prize. La sua conoscenza e la sua capacità di osservazione della natura sono straordinarie. Passeggiando con Glenn, i nomi e le specie delle piante vengono elencate e spiegate utilizzando la loro denominazione scientifica e si assiste ad una vera e propria lezione di geologia, sul fenomeno delle precipitazioni, sulla corrente di fiumi e corsi d’acqua, sulla direzione del vento, sulla luce solare, sui pericoli di incendio nei terreni selvaggi d’Australia, sull’alternarsi delle stagioni, sulla fauna protetta, sugli odori. È per questo che i suoi edifici si basano prima di tutto sulla “lettura” del territorio e del paesaggio. Passeggiare per gli stessi sentieri con Uncle Max è un’esperienza del tutto diversa, ma al tempo stesso parallela e complementare. Uncle Max parla di declivi e alberi come se fossero membri della sua famiglia, racconta le tradizioni e i viaggi dei suoi antenati, l’interpretazione del territorio, le linee della vita, parla di totem, luoghi sacri e dell’ambiente come fonte per l’alimentazione. “Quando porto qualcuno nei territori selvaggi d’Australia, gli chiedo di guardarsi intorno e dirmi cosa vede. Tutti mi dicono: Vediamo il deserto, uncle Max. E tu? Allora io rispondo: Io vedo un supermercato!”.
A partire dalla fine degli anni Settanta, Glenn Murcutt ha cominciato a sviluppare un interesse particolare nei confronti della cultura del popolo aborigeno e dal 1983 è diventata una delle sue fonti d’ispirazione. In questo senso, “Leaves of Iron” (Foglie di ferro)2 di Philip Drew, pubblicato nel 1985 costituisce una base teorica dell’opera di Glenn che da quel momento ha iniziato a collezionare con entusiasmo arte aborigena e ha condotto una serie di fortunate spedizioni in zone dell’Australia dove ancora sopravvivono le tradizioni delle popolazioni indigene. La cultura aborigena ha ispirato in lui strategie per la creazione di prospettive oblique e per la realizzazione di nuovi accessi alle case da lui progettate adottati, ad esempio, nella Simpson-Lee House (1988-94), o anche nell’abitazione privata del capo aborigeno Banduk Marika e del suo compagno Mark Alderton, nei tropici settentrionali del Territorio del Nord.
Situata all’estremità del giardino botanico su Benelong Point, una lingua di terra che si affaccia sul porto di Sydney, la grandiosa Opera House di Utzon è la prova e la ragione del grande rispetto e amore di Glenn per la Scandinavia e i suoi architetti. Utzon, Aalto, Asplund e Lewerentz, per citare solo alcuni nomi, hanno costituito una fonte d’ispirazione per Glenn nel corso dei primi e dei successivi viaggi in Europa. Altri come Juhani Pallasmaa e Sverre Fehn, hanno influenzato gran parte della sua opera dagli albori, si pensi ai lavori in collaborazione con lo studio Allen and Jack Architects durante gli anni trascorsi all’Università di Newcastle, fino al Boyd Art Centre Riversale e oltre. La sedia preferita di Glenn rimane tuttora la Fritz Hansen serie 7, progettata da Arne Jacobsen, strumento irrinunciabile del suo lavoro. In occasione dell’apertura della mostra dedicata a Glenn Murcutt presso il Museo di Sydney, situato proprio di fronte al giardino botanico lo scorso giugno (presentata in anteprima alla Galleria Ma a Tokyo nel 2008)3, ho posto la seguente domanda: “Come sarebbe vista l’architettura australiana dal resto del mondo se non ci fosse stato Glenn Murcutt?”. Penny Seidler, vedova di un altro grande architetto australiano, Harry Seidler, non ha reagito bene al quesito. Avrei dovuto formulare il mio pensiero diversamente, dicendo che, mentre Harry Seidler, giunto in Australia dall’Europa e dall’America nel 1948 e formatosi alla scuola di grandi maestri quali Gropius e Breuer, ha importato in Australia l’architettura mondiale, Glenn Murcutt, nel corso della sua vita, ha esportato l’architettura australiana nel resto del mondo.
Gran parte degli edifici inclusi in questa pubblicazione, corredati dalle splendide fotografie di Anthony Browell, erano esposti alla mostra di Sydney che ha accolto circa 25.000 visitatori in tre mesi, a dimostrazione dell’interesse e dell’apprezzamento del pubblico nei confronti della sua opera, dei suoi metodi di lavoro e dei suoi progetti tipicamente australiani. Non tutti in Australia, però, condividono la stessa opinione su Murcutt. Nessuno mette in dubbio la sua integrità, ma secondo alcuni la sua opera è troppo "comoda”, tutt’altro che all'avanguardia, quasi all’antica. Alcuni anni fa, ho tenuto una conferenza in Messico nel corso della quale ho descritto a grandi linee l’architettura australiana. In quell’occasione ho distinto due scuole di pensiero. La prima corrente, che si ispira al motto “Lascia un’impronta leggera sulla terra” (Glenn ha appreso questo proverbio aborigeno, ormai divenuto famoso, dal suo amico Brian Klopper), si sviluppa principalmente lungo la costa orientale del paese e trae la propria ispirazione dal contatto diretto con la terra. Il maggiore esponente di questa scuola di pensiero è Glenn Murcutt. L’altra corrente, da me definita “Avanguardia radicale”, è diffusa soprattutto a Melbourne, nello stato di Victoria, e si ispira soprattutto alle tendenze, agli stili e alle teorie internazionali. Glenn afferma di non avere alcun interesse per la teoria, ma di volersi piuttosto concentrare sull’atto della creazione. Inoltre, come messo in evidenza dalla sua personale, è un fermo sostenitore del disegno e della progettazione a mano, strumento fondamentale per la “scoperta” e l’esplorazione, in netta contrapposizione all’uso del computer, da lui considerato uno strumento sospetto. “Disegnando a matita, la mano riesce a scoprire la soluzione prima che la mente possa elaborarla”. Anche se, a livello internazionale la sua fama deriva dai progetti di abitazioni private, in Australia viene spesso criticato per la sua reticenza ad accettare progetti di grandi dimensioni. Il Boyd Centre Riversdale (1996-99, realizzato in collaborazione con Wendy Lewin e Reg Lark) e il Borwali Visitor Centre (1992-94, realizzato insieme a Troppo) costituiscono ottimi esempi di architettura civile, ma alcune delle sue opere migliori restano progetti mai realizzati. A pochi passi dal luogo in cui ci trovavamo, su Circular Quay, sorge l’edificio della dogana, per cui Murcutt e Wendy Lewin, nel 1993, avevano realizzato un progetto di ristrutturazione, senza dimenticare i progetti per l’Alcoholic Rehabilitation Centre, vicino a Kempsey (1983-5), il Wollongong Herbarium e Visitor Centre (1986) e il Minerals and Mining Museum, a Broken Hill (1987-89, progetto realizzato in collaborazione con Reg Lark). Ci auguriamo che due progetti in corso di realizzazione, l’Opal and Fossil Museum a Lightning Ridge (per gran parte costruito sotto terra) e una nuova moschea a Victoria vengano completati.
Glenn ha espresso oggi il suo rammarico per il fatto che il Governatore e Marie Bashir, pur avendolo contattato qualche anno fa per un’abitazione privata, non abbiano avuto la pazienza di aspettare il loro turno, come fanno in tanti, a volte addirittura per anni. Per la sua ostinazione a lavorare da solo, senza personale di supporto, segretaria o telefono cellulare, Glenn è stato definito un anticonformista (un randagio senza marchio). È in questo che risiede la sua unicità, l’unicità della sua opera, il suo impegno totale ad adattare gli edifici ai luoghi in cui sorgono e ai committenti, mantenendo un controllo assoluto di tutti gli aspetti della progettazione, della rifinitura e della produzione. Per tenere fede a questa filosofia, Glenn lavora senza tregua e, all’età di 73 anni, dichiara di lavorare ancora fino alle 4 del mattino, realizzando gli straordinari schizzi a mano, con china e matita, seduto a un tavolo da disegno, per poi guidare centinaia di chilometri per andare a incontrare un cliente. In occasione della visita ad una delle sue abitazioni da parte di un gruppo di architetti provenienti da vari paesi, Murcutt si è messo a smontare la serratura della porta d’ingresso, mentre a Riversdale lo si vede spesso riparare le rifiniture di cuoio delle maniglie o regolare l’angolazione delle luci. Richard Leplastrier e Glenn Murcutt sono amici di vecchia data, che hanno insegnato insieme dalla metà degli anni Settanta. Nel suo libro, “Glenn Murcutt – buildings and projects”4, Françoise Fromonot parla dell’importanza di questa amicizia, come sottolineato da Rory Spence, un accademico della Tasmania che purtroppo non è più tra noi. Richard lavorava alla sua famosa Palm House sulle spiagge a Nord di Sydney proprio mentre Glenn progettava la Marie Short House, nei pressi di Kempsey. “Leplastrier ha stabilito il ritmo da seguire con la sua Palm House, sperimentando un approccio funzionale e spaziale, elementi che si possono riscontrare in alcune delle opere successive di Murcutt”. Richard ha collaborato con Jørn Utzon a diversi progetti di abitazioni (1964-66) e ha poi condotto i suoi studi sotto la guida di Tomoya Masuda, in Giappone. A questo si ricollega il simbolismo del viaggio di Richard in Giappone e in Danimarca, un pellegrinaggio fatto per rendere omaggio ai “suoi vecchi”. La Palm House viene spesso considerata un edificio “costruito da un architetto e dai suoi amici carpentieri”, una definizione in cui si legge un chiaro riferimento a Murcutt, strettamente legato a Richard Leplastrier da quella qualità che potremmo definire “un’eccezionale maestria”. A ulteriore conferma dell’influenza di Mies van der Rohe sulle prime opere di Murcutt basti ricordare la citazione del 1959, nella quale Glenn dichiara “Dio è nei dettagli”. Risulta difficile comprendere la meraviglia e la raffinatezza dei particolari di un edificio senza essere presenti e toccare con mano questi elementi. Glenn parla dell’illuminazione avuta in occasione della visita alla Maison de Verre (1928-31) a Parigi, nel 1973. Chareau e Bijvoet utilizzavano tecnologia intelligente, definita “aggeggi” da Glenn, come riportato dal Professor Tom Heneghan nel suo saggio su Murcutt pubblicato nel volume “The Architecture of Glenn Murcutt”5. L’utilizzo di componenti standard a cui vengono applicati elementi artigianali di pregio è un elemento ricorrente nell’opera di Murcutt. Si pensi, ad esempio, ai camini utilizzati in molte delle sue case, costituiti da un classico focolare Jetmaster inserito in una scatola d’acciaio, simbolicamente dipinta di rosso, progettata e realizzata ad hoc per aumentare la massa termica e conservare la legna. Françoise Fromonot racconta come Glenn fosse rimasto affascinato dalla relazione tra la facciata in vetro e mattoni e la pavimentazione del cortile della Maison de Verre. Visitando Riversdale, è interessante soffermarsi nella stanza più grande e studiare l’allineamento dei pannelli del soffitto, la griglia strutturale, il pavimento e la pavimentazione del cortile anteriore e le aperture delle porte. In particolare è curioso notare la larghezza dei montanti verticali delle ampie porte vetrate in legno riciclato che si affacciano sul lato orientale soprelevato e osservare attentamente come varino in larghezza in modo da risultare allineati alle colonne in cemento quando le porte restano chiuse. Per far cambiare idea a chi ritiene che i dettagli utilizzati da Glenn nelle sue opere siano antiquati, è sufficiente esaminare attentamente le rifiniture della Murcutt-Lewin House and Studio, osservando in particolare la finestra senza infissi che si affaccia sull’area soggiorno e i dettagli dei lucernari delle camere al piano superiore. Un’intera sezione del libro di Françoise Fromonot, dedicata all’eredità di Murcutt, delinea una serie di architetti che hanno tratto ispirazione dalla sua opera. Peter Stutchbury, presente al nostro incontro al giardino botanico in questa soleggiata giornata di ottobre, incarna uno dei rappresentanti di questa classe di nuovi eredi. Peter ha inizialmente seguito i corsi di Glenn e Richard, quindi insegnato con loro ed è infine diventato un rinomato architetto, con pubblicazioni diffuse in tutto il mondo. È stato lui a presentarci Uncle Max Dulumunmun e a portare avanti il processo di dissoluzione dei confini tra interno ed esterno degli edifici, trasformando i muri esterni in pareti pieghevoli, e introducendo il gusto per la rifinitura spesso associato all’utilizzo delle strategie ambientali più innovative. Oserei dire che forse alcuni tratti dell’opera di Stutchbury si possono notare anche nelle ultime creazioni di Murcutt, mi riferisco, ad esempio, alle porte scorrevoli e agli schermi che proiettano verso l’esterno l’involucro principale dell’edificio, utilizzati sia da Peter Stutchbury nella Verandah House a Bayview (2000-04) e nel progetto Deepwater Woolshed (2001-03), sia da Glenn nella parte nord-orientale della Walsh House a Kangaroo Valley (2001-05).
Glenn ama raccontare che all’università dovette ripetere l’esame di “Luce naturale e ombre” anche se in realtà uno dei testi principali cui fa sempre riferimento oggi è “Sunshine and Shade in Australasia” di Ralph Philips (1951)6, scritto prima che la questione della sostenibilità ambientale prendesse piede e cominciasse ad essere discussa, e oggi è in grado di citare a memoria gli angoli e l’orientamento del sole nelle varie stagioni in diverse regioni dell’Australia. Altro momento illuminante nel percorso professionale di Glenn Murcutt è stato l’incontro con Craig Ellwood, avvenuto in California nel 1973. In quell’occasione Murcutt lo interrogò sul perché non avesse utilizzato sistemi di controllo della luce solare e di isolamento nella Kubly House di Pasadena (1964-65), un edificio costruito per lo più in vetro. Ellwood gli rispose: “A che pro? Qui usiamo l’aria condizionata”. Da quel momento Glenn si è sempre impegnato a progettare edifici in aree soggette a condizioni meteorologiche mutevoli senza l’uso di sistemi di condizionamento. Nei suoi schizzi indica sempre, prima di tutto, l’orientamento dell’edificio e, in sezione, le angolazioni del sole in inverno e in estate. Le sue case, sviluppate nel senso della lunghezza e con pareti sottili, consentono una buona ventilazione trasversale in estate e un’ottima penetrazione della luce solare in inverno. Murcutt deride, in un certo senso, gli standard che richiedono condizioni termiche costanti ed è famoso per una sua massima: “Se hai freddo, mettiti un maglione!”
Anche le pregiate rifiniture dei suoi edifici e i “gadget” ambientali utilizzati non sono apprezzabili in fotografia, ma analizzandoli da vicino si possono notare gli onnipresenti schermi di protezione solare sulle pareti e sui lucernari, le prese d’aria esterne in alluminio, le aperture a ribalta fissate su cardini che si aprono sui davanzali, le tubature che convogliano l’acqua piovana in serbatoi di recupero. Arrivando a Riversdale, non si può fare a meno di notare la delicatezza della posizione rispetto ai cottage preesistenti e l’aspetto dell’edificio che si svela poco a poco; oppure il rapporto tra l’Arthur Boyd Centre e la collina su cui sorge apprezzando la prospettiva creata dalla geometria del tetto orientato verso l’alto. Passando in rassegna le fotografie della Walsh House a Kangaroo Valley, appare evidente l’asse di orientamento dell’abitazione e l’allineamento prospettico con la collina brulla e gli stagni in lontananza, un effetto che si ripete anche nella Simpson-Lee House, che recupera il disegno delle brezze a cui la residenza è esposta. Glenn ama ripetere una citazione di Luis Barragán: “Ogni abitazione costruita senza serenità è un errore”. In occasione della giornata mondiale dell’architettura, il 5 ottobre 2009, Glenn ha partecipato a una tavola rotonda presso l’Opera House di Sydney con il celebre scrittore australiano David Malouf. I due hanno circa la stessa età, sono entrambi nati negli anni Trenta, e nutrono una profonda stima reciproca. Malouf ha raccontato della sua infanzia, di suo padre e della casa in cui è cresciuto a Brisbane, già descritti nella biografia 12 Edmonstone Street. Malouf ha scritto un saggio su Murcutt molto interessante, pubblicato in un ampio volume dal titolo “Glenn Murcutt” edito da 01 Editions7, in cui definisce il concetto di “grazia severa e lirica”, un elemento che nasce dall’equilibrio tra rigore intellettuale e indulgenza dei sensi.
“Il rigore, nel suo caso, deriva dalla volontà, del tutto pragmatica, di rimanere fedele alle condizioni, all’uso e all’austerità dei mezzi e dal rifiuto di ciò che non sia strettamente necessario dal punto di vista ecologico. Anche il lirismo della sua opera deriva dalla stessa fonte. In questo caso, però, piuttosto che di ecologia, possiamo parlare, con un termine più romantico, di Natura: una risposta, che arriva direttamente dai sensi, alla luce, al movimento, alle linee, alle curve, agli angoli e a tutti i fenomeni naturali che prendono forma da questi elementi e che questi elementi ricordano ed evocano. Questo ‘gioco lirico’ costituisce la bellezza rigorosa dell’opera di Murcutt.”
Una delle massime più pregnanti di Uncle Max Dulumunmun è “Per conservare qualcosa dobbiamo cederlo”, riferendosi alla necessità di tramandare la conoscenza e la cultura aborigena alle giovani generazioni, mostrando generosità nel dare e dedicando tempo a questo dono. Glenn Murcutt ha dedicato gran parte della sua vita alla “cessione” della sua conoscenza ed esperienza. Lo ha fatto e continua a farlo con grande umiltà, ignorando la fama che lo accompagna; ha viaggiato in tutto il mondo per tenere conferenze e corsi e numerosi architetti stranieri, giovani e non più giovani, visitano ogni anno l’Australia in occasione del seminario internazionale di architettura tenuto da Glenn Murcutt presso il Boyd Art Centre Riversdale. Dal 2001, anno al quale risale la prima edizione del seminario, il corso è stato frequentato da architetti provenienti da quarantasei diverse nazioni.

“Il futuro è nelle mani dei giovani architetti e dipende dalla nostra capacità di comprendere e conservare il pianeta... Penso che l’ambiente sia davvero ciò che ci accomuna... Intendo ambiente in termini di conservazione dei materiali, del territorio, delle foreste secolari; ambiente come strategia per raggiungere un’edilizia sostenibile”. (Glenn Murcutt)

Lindsay Johnston è direttore dell’Architecture Foundation Australia ed ex-preside della Facoltà di Architettura e Design dell’Università di Newcastle, in Australia. È promotore del seminario internazionale di architettura tenuto ogni anno da Glenn Murcutt ed ha curato la mostra “Glenn Murcutt – Architecture for Place” (Glenn Murcutt: architettura dei luoghi) a Sydney (www.ozetecture.org).