area 129 | urban architecture

Città consolidata e design in azione

L‘identità dello spazio pubblico nelle nostre città è per molti versi sfuggente e in continua evoluzione: se da una lato si assiste alla sua evidente fragilità e mancanza di rappresentatività delle dinamiche sociali in atto, dall‘altra la dimensione strategica del tema, legata all‘esponenziale crescita della popolazione urbana, ci pone davanti agli occhi l‘evidenza che le città sono e continueranno ad essere il luogo della sperimentazione, il terreno fertile di nuovi fenomeni e tendenze che trasformano, a volte con modalità conflittuali, altre attraverso la condivisione di idee, la nostra condizione urbana. Nell‘evoluzione degli attuali scenari lo spazio pubblico non è più solo lo spazio della città, è la città stessa, uno spazio in movimento, non solo territorio fisico, ma anche luogo di scambio sociale, culturale e politico, che tende comunque a ricrearsi anche in assenza di un supporto architettonico stabile attraverso un sistema relazionale attivo.
Emergono sempre più reazioni spontanee di cambiamento sui temi della qualità di vita di ogni giorno, che esprimono una volontà di abitare per ricreare il senso dei luoghi: le persone mantengono la voglia di incontrarsi e condividere, così come si stanno moltiplicando esperienze, interventi e azioni volti a riattivare spazi e tempi assopiti all‘interno della città consolidata. Molte discipline del progetto hanno preso atto del cambiamento di paradigma in atto, tra queste il design che si occupa di spazio pubblico, si è aperto alle nuove opportunità offerte da questo cambiamento, esplorando strade diverse, a volte divergenti, per individuare strumenti che portano a vivere un sapere di relazioni e di connettività, strumenti alla portata di tutti, che possono essere rintracciati nella realtà, perché sviluppati non come idee, ma come risposte a problemi ben definiti. Partire dalla realtà, dallo stato di fatto dei contesti urbani consolidati porta nelle modalità del design l‘affermazione di una cultura del riuso e del recupero, che mette in gioco ciò che già esiste, anche se spesso dimenticato, per apportare innovazione, formulando nuove domande e sviluppando collegamenti tra livelli e ambiti diversi di varie discipline.

Network attivi
La capacità di ricerca legata ad una visione strategica del progetto, affinata nella recente storia della disciplina, è propria del metodo di lavoro di gruppi, collettivi a carattere interdisciplinare, che si propongono una riattivazione progressiva con reazioni a catena di uno spazio urbano, protagonista e responsabile della qualità urbana, per come è vissuto e percepito.
La cultura di progetto, che accomuna gli interventi di questi network europei e d‘oltreoceano di artisti, architetti, designer e performer, condivide la sperimentazione di processi che partono dal basso per rigenerare spazi urbani grazie al contributo dei loro abitanti attraverso un sistema capillare di azioni, che assumono importanza per il rapporto che si instaura fra di esse e la realtà, fra i singoli interventi e il pubblico. Si assiste, così, alla genesi di oggetti, spazi e dispositivi che prevedono un‘interazione con le persone per accrescere il senso di appartenenza degli abitanti ai propri luoghi, affinché si consolidi o si evolva un‘identità culturale capace di creare luoghi in cui sia desiderabile vivere, in particolare facendo appello a quei valori comunitari che la popolazione percepisce come produttori di senso di cittadinanza.

Per far ciò il progetto di design per lo spazio urbano necessita di un‘interazione con il contesto che mette in gioco anche tecnologie, immagini, informazioni e segni, ovvero l‘universo artificiale che regola nostra percezione della realtà urbana.

Laboratori di ricerca mobili
A mettere in campo questi strumenti sono le recentissime esperienze di laboratori di ricerca interdisciplinari, che si muovono nei diversi territori delle città, andando a cercare il proprio pubblico, per avviare in progetti, esperimenti e discussioni pubbliche su temi relativi al moderno vivere cittadino e per sviluppare proposte per migliorare la vivibilità delle città. Progettare in questo senso significa, non solo rispondere in maniera diretta alle richieste delle persone per avere soluzioni in linea con l‘esistente, ma anche saper formulare nuove domande e sviluppare strutture aperte, in cui la capacità di interpretazione diventa la modalità per affrontare la nuova dimensione della città, in cui non più solo lo spazio della città formale deve essere al centro dell‘obiettivo, ma l‘uomo, il cittadino con le sue esigenze.

Soluzioni temporanee per la città
Si passa in molti casi dall‘ideazione di soluzioni sistemiche, di strategie generali, a interventi puntuali che occupano poco suolo, laddove il valore fondiario nelle città consolidate non offre spazio all‘intervento: in questo senso corre in aiuto la tecnologia per permettere un‘interazione con l‘utente attraverso la creazione di uno spazio comune delle informazioni, la cui articolazione può raccontare e analizzare l‘identità di un territorio, rivelando scenari possibili in parallelo tra la memoria e la proiezione di uno sviluppo futuro.
Altrimenti l‘attività di design, o redesign di uno spazio urbano, può assumere le fattezze di un intervento leggero, spesso temporaneo, che si sovrappone allo stato di fatto, andando a creare una visione inedita di situazioni usuali. La temporaneità non rappresenta in molti casi un limite del progetto, in quanto sempre più negli ultimi anni strategie di occupazione di spazi ad interim si sono rivelate capaci di modificare piani regolatori o di diventare idee pervasive, da replicare in giro per il mondo, in una logica Do It Yourself. Ne è un valido esempio l‘esperienza del PARK(ing) Day, evento annuale, realizzato per la prima volta nel 2005 a San Francisco su idea del locale Rebar group, per cui aree, usualmente destinate ai parcheggi a pagamento, sono provocatoriamente allestite per il relax delle persone per un impegno di poche ore corrisposto ai parcometri. Replicata come format in molti paesi, l‘iniziativa è entrata a far parte di un programma speciale, chiamato Pavement to Parks, della città di San Francisco per diffondere l‘uso alternativo temporaneo di questi spazi urbani, i cosiddetti public parklet, sottratti alle vetture, su esplicita richiesta dei cittadini.