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architect: Bob Noorda

Molte immagini che hanno caratterizzato in Italia il passaggio dalla fase bellica e hanno reso visibile il volto della ricostruzione e del boom economico, sono state opera di grafici stranieri.
La “grande” grafica italiana, quella che negli anni cinquanta e sessanta si è affermata nel mondo, è stata il risultato di un insieme composito di figure professionali, tutte di notevole qualità, ma con storie e provenienze assai diverse. E possiamo tranquillamente affermare che quello che è stato definito a posteriori lo “stile milanese” è in realtà il frutto di questa mescolanza tra talento “sorgivo” dei grafici italiani e genialità ben costruita di grafici svizzeri, cecoslovacchi, tedeschi e olandesi.
Bob Noorda (1927-2010), che recentemente ci ha lasciati, è stato uno di questi straordinari interpreti. La sua firma la troviamo indelebile in molti di questi passaggi: dalla grande editoria (Feltrinelli, Mondadori, Vallecchi) alla grande azienda (Eni, Pirelli, Barilla) dalle grandi opere pubbliche (MM Milano, New York, San Paolo) alla grande distribuzione (Coop). Noorda ha lasciato all’Italia raffinati modelli di pensiero visivo. Un pensiero sintetico, privo di fronzoli e retaggi decorativi, mai compromesso dal permanere di una cultura artistica figurativa da cartellonista. Noorda, come molti grafici giunti in Italia, aveva studiato in una scuola di design, l’IvKNO di Amsterdam. Un istituto che trasmetteva e perpetuava la lezione del Bauhaus e delle avanguardie artistiche di De Stijl. Il direttore di quella scuola, quando Noorda la frequentò, era Mart Stamm, architetto ed urbanista formatosi al Bauhaus Dessau e ideatore delle prime sedie in tubolare metallico. Lo spirito era quello del funzionalismo, del basic design e della tipografia costruttiva. Anni luce dall’impasto di accademismo figurativo e decorativo delle scuole di arti applicate e poligrafiche italiane.
È una differenza sostanziale. Ed era quello che serviva alla pratica professionale e allo stile industriale. Il progetto come campo di esercizio di razionalità, “una scuola di pensiero che va nella direzione di togliere tutto il superfluo, di pensare le cose in modo semplice e agire di conseguenza. (...) Quando arrivai in Italia – racconta Noorda in un bel libro intervista curato da Francesco Dondina – gli industriali affidavano ancora la pubblicità ad illustratori e pittori. Siamo stati tra coloro che hanno introdotto qui la grafica moderna, l’immagine coordinata aziendale, che è poi un misto di architettura di interni aziendale, di design e di pubblicità”. Queste garanzie sono state comprese quasi subito da Arrigo Castellani, il direttore della comunicazione Pirelli. Noorda ne divenne art director, ma soprattutto ebbe modo di esplicitare quel modello di schematicità visiva, capace di essere contemporaeamente: sintetica, chiara e moderna.
La corporate, le pagine pubblicitarie, i marchi e l’editoria commerciale disegnati in quegli anni da Noorda riassumono pienamente la sua peculiare linea stitilistica. Un approccio alla grafica che lavorava sempre su un numero ridotto di elementi, disposti con composizione dinamica sulla pagina ma sempre in una sorta di equilibrio armonico.
Emblematico a questo proposito è il manifesto del 1959 per il pneumatico Rolle, dove l’idea di movimento è realizzata con un gioco di sovrapposizione del marchio Pirelli in colori complementari ma non puri e sovrastampati, all’interno di un corposo cerchio nero tracciato a pennello col perimetro irregolare e gestuale che magistralmente rende l’idea del copertone e della sua aderenza sulla strada. Sono due segni-azione. Il progetto viene svolto portando alla soglia di definizione schematica l’idea. Contenuto da comunicare e svolgimento grafico sono minimali, ma proiettano una forte capacità espressiva, quasi giocosa. Questo tratto professionale è in Noorda parallelo e aderente alla sua personalità. Una persona molto differente da tutti gli altri protagonisti della scena milanese perché schiva, con una sorta di timore oratorio, silenzioso e riservato. Non aveva il carattere tribunesco di un Provinciali o il vigore impegnato di uno Steiner.
Non era il maestro guru come un AG Fronzoni, anche se ha insegnato all’Umanitaria, all’Isia di Urbino, allo Ied e al Politecnico. Era una persona che aveva dentro di sé una forte capacità di ascolto e rispetto per l’interlocutore.  È questo il tratto di distinzione più significativo del suo essere progettista e della sua cifra stilistica. Per Noorda il mestiere del progettista è quello di essere una persona che ascolta e che si ascolta. I progetti sono innanzitutto un generare dal di dentro. È un processo fondamentale per poterli manifestare all’esterno. Per poterli svolgere come atto estetico “servizievole”, avendo rispetto per quello che devono comunicare, per la funzione e l’uso che devono avere. E tutto questo è innanzitutto un progetto silenzioso, un progetto molto misurato e riflessivo, un progetto teso ad esprimere un’armonia. Queste sono le ragioni della qualità progettuale di Noorda in un campo particolarmente difficile come il progetto di identità.
Se noi guardiamo i marchi, che sono stati uno dei territori più praticati da Noorda, li riconosciamo proprio per questa capacità di essere un po’ al di fuori del tempo. L’essere fuori del tempo è una cosa che si costruisce centellinando l’esistenza, ascoltandosi, lasciando decantare. Attribuendo ai segni niente di più di quello che devono essere. Un marchio come quello di Mondadori è la perfezione della sintesi. La fusione esemplare delle due iniziali, porta con se la memoria del sigillo tipografico dell’editore (come uomo di cultura) e l’efficacia strumentale del suggello di marchiatura del prodotto editoriale moderno. È un segno senza tempo, dove tutto funziona, come con la chiave che incontra la sua serratura. Non c’è sbavo, frizione, disturbo. Si può dire la stessa cosa per l’altro importante tema affrontato da Noorda: il public design. Con l’esperienza per il sistema segnaletico e l’immagine della prima linea metropolitana milanese, Noorda, collaborando con Albini, Helg e Piva, ha gettato le basi per un modello, che è stato ripreso e implementato in altri luoghi. Un approccio basato sulla semplicità e la chiarezza e sulla perfetta sintonia con il disegno architettonico. Un progetto misurato, rispettoso degli utenti della linea metropolitana. Per questo progetto Noorda disegnò anche il marchio; “quello con le due “MM” sopra e sotto, era piaciuto a tutti, tranne che al presidente che lo aveva portato al consiglio di amministrazione, mettendolo ai voti dopo aver dichiarato che a lui non piaceva; naturalmente, tutti i consiglieri hanno votato come lui”. Il racconto flemmatico di Noorda lascia trasparire un filo di rammarico. Il marchio originario era in effetti il prolungamento e la sintesi di tutto il progetto. La Milano sopra e la Milano capovolta sotto è già un enunciato evidente. Il disegno delle lettere era  tracciato con la consapevolezza di trasformare il corrimano rosso, disegnato da Albini, in carattere tipografico netto ed equilibrato. Un caso storico del made in Italy. Da esso sono state individuate e riconosciute le peculiarità della grafica di Noorda: capacità di organizzazione e traduzione in un sistema visivo, facilità di gestione dell’image complessiva, efficacia della sintesi espressiva. Cose che poi abbiamo apprezzato nelle commesse per la corporate e il design e i sistemi grafici, in cui Noorda con Unimark International (assieme a Vignelli e altri soci, la cui storia possiamo leggere ora nel libro di Jan Corradi, edito di recente da Lars Müller) ha fatto da battistrada lavorando per aziende multinazionali come Ford, Knoll International, Olivetti, Pirelli, Ranx Xerox, Unilever, Gillette, Jaguar, Ferrero, IBM. Sono gli anni del grande successo, del business del design, ma che non hanno cambiato il carattere di Noorda.
Anche in lavori molto più recenti, come quelli per la Triennale, Noorda conferma questa cifra professionale. Le prove per l’immagine della  XVIII e XIX esposizione giungono in una fase avanzata del percorso stilistico dell’autore. Potrebbero essere solo espressione di un esercizio di maniera, sempre impeccabili, ma semplici conferme di un sapere. Ma la grafica di Noorda ha una limpidezza da luce del nord, consente di mettere a fuoco con nitidezza, di vedere e riconoscere in profondità ogni singolo dettaglio. È astratta, governa le leggi della geometria, ma anche quelle del mutamento. C’è il riverbero di una tradizione artistica che è un procedere solido e impostato su sicuri principi, ma accetta e intensamente ricerca uno scarto, una vibrazione, un andare oltre. Dopo il significato e la corretta traduzione dei messaggi si disvela la poetica. Gli artefatti, i manifesti, le copertine devono prima “funzionare” e poi essere “belle”. Il manifesto e l’immagine della XIX Triennale ci illustrano con chiarezza il tema “Identità e differenze”, senza ambiguità enunciano con il codice visivo della scrittura il contenuto, e poi contemporaneamente si trasfigura in immagine. In origine le due parole sembrano incollate, aderiscono una sull’altra, ma poi divergono, si allontanano nello spazio e vibrano come trasparenze vitree nella modulata liricità cromatica. La grafica di Noorda sta tutta qui nel prefigurare una visione sintentica, una grande unicità, un centro, che non è mai monumentale ma sensibile e spirituale come certa astrazione. Una forza visiva per chi legge e guarda.

Bob Noorda (1927-2010) ha vissuto e lavorato principalmente a Milano dal 1954 fino alla sua morte nel 2010.Nato ad Amsterdam studiò all‘Instituut voor Kunstnijverheidsonderwijs (adesso Gerrit Rietveld Academie) laureandosi nel 1950. Nel 1954 si trasferì a Milano dove ottenne la fama nei primi anni Sessanta grazie ai poster e alle campagne pubblicitarie per Pirelli di cui fu anche direttore artistico. Nel 1965 con il socio Massimo Vignelli furono tra i sette fondatori di Unimark International una azienda americana di design con uffici in tutto il mondo.